Pietrangeli e quel momento durissimo con Panatta: “Se lo sogno di notte, cado ancora dal letto”
Nicola Pietrangeli è di casa a Parigi non meno che a Roma, e non ci riferiamo solo ai successi – due in entrambi i tornei – che il 90enne campione azzurro ha nel proprio palmarès. I racconti dell'ex capitano della mitica Coppa Davis vinta in Cile nel '76 fanno rivivere come fosse oggi i bei tempi delle feste nella capitale francese, quando "cantavamo, facevamo spogliarelli, champagne a bizzeffe". Momenti che hanno segnato un'epoca, così come l'ha fatto – ad un livello più personale – un confronto con Adriano Panatta che per la sua durezza Pietrangeli non riesce a dimenticare: "Se lo sogno di notte, cado ancora dal letto".
A Parigi è appena cominciato il Roland Garros, torneo che Pietrangeli ha vinto nel 1959 e nel 1960, ed allora L'Equipe è andata a farsi raccontare da Nicola com'era l'atmosfera in quegli anni, quando era tutto così diverso, soprattutto fuori dal campo: "Le feste memorabili furono a Monte Carlo, il giovedì, ecco perché i risultati più sorprendenti si sono verificati il venerdì! C'erano artisti e attori, cantavamo, facevamo spogliarelli, champagne a bizzeffe. Una volta, con Ion Tiriac e Ilie Nastase, ci siamo travestiti e abbiamo formato un trio di donne brutte, era disgustoso da vedere! Un altro anno, mi sono svegliato in macchina alle 9 del mattino, non avevo idea di cosa fosse successo. A Parigi il mio quartier generale era il Crazy Horse, vivevo con Alain Bernardin, il suo creatore".
"I soldi hanno cambiato tutto – afferma Pietrangeli, commentando il disincanto dei tempi odierni – Una sconfitta o una vittoria in finale rappresentano una differenza di vincite di 500mila euro (quest'anno al Roland Garros lo scarto è un milione e 200mila euro, ndr), mentre noi giocavamo per divertimento o nella migliore delle ipotesi per due panini. Non avevamo i mezzi per comportarci da pazzi. Nel 1960, ad Amburgo, andavamo in giro, c'erano i poster dei Beatles, ci dicevamo ‘Ma cosa sono gli Scarafaggi?'. Era la prima volta che lasciavano l'Inghilterra, il biglietto costava un marco e mezzo, birra compresa. Non c'erano rivalità. Ho viaggiato molto con spagnoli e messicani, che mi chiamavano ‘Capitano'. Quando tutti avevano finito le loro partite, mi chiedevano: ‘Capitano! Dove andiamo a cena stasera?'. E così me ne sono occupato io. Eravamo tutti amici, era davvero un'altra vita".
Viene chiesto a Pietrangeli qual è stata la sconfitta che gli ha fatto più male, e lì spunta Adriano Panatta, più giovane di lui di 17 anni, che scalpitava per prendere il suo posto come miglior tennista italiano: "Al Campionato Italiano del 1970 contro Adriano Panatta vincevo 4-1 al quinto set e lì, per una volta, fui pretenzioso. Se lo sogno di notte, cado ancora dal letto, ma fu un passaggio di testimone tra vecchi e giovani". Pietrangeli aveva 37 anni, Panatta 20: i due poi avrebbero fatto squadra in Davis, rispettivamente da capitano e giocatore, con una conclusione del rapporto che ancora oggi Nicola considera un tradimento.
Il passare inesorabile del tempo ricorre in un altro passaggio dell'intervista: "Giocavo un torneo a Bastad, in Svezia. Cominciavo a perdere un po' troppo, ho sbagliato un punto facile, mi è caduta la racchetta e le ho detto: ‘Allora mi abbandoni anche tu?'. Lì ho capito che era l'ultimo anno. I miei avversari di un tempo? Quelli che sono rimasti sono quasi tutti morti. L'altro giorno ho visto una foto molto bella con gli australiani Rosewall, Fraser, Sedgman ed Emerson. Sono tutti e quattro vivi, è da tanto che non li vedo. Quando vado a Parigi, loro non sono lì perché sono troppo vecchi o malati".
Se si volta indietro e pensa ai suoi tornei parigini, Pietrangeli trova un aneddoto che ancora oggi lo inorgoglisce: "Giocavo contro Roy Emerson al RolandGarros, era terzo o quarto al mondo allora, gli ho dato tre set a zero. Torno negli spogliatoi e l'arbitro viene a prendermi e dice: ‘Devi tornare in campo'. Lo faccio e lì c'è una standing ovation. Non è mai più successo".