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Perché nel caso doping di Simona Halep, squalificata dal TAS, c’è una differenza a favore di Sinner

Il TAS ha reso note le motivazioni che hanno portato alla squalifica di Simona Halep. Ecco le differenze con il caso di Jannik Sinner.
A cura di Marco Beltrami
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Cosa hanno in comune il caso di Simona Halep e quello di Jannik Sinner? Sono state rese note dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna le motivazioni che lo scorso marzo hanno portato alla squalifica della tennista, ex numero uno del mondo. Quest'ultima è stata fermata per 9 mesi per "incauto utilizzo di un integratore contaminato". La sentenza dell'organismo svizzero, riconosce appunto "l'incauto utilizzo" da parte di Halep, ma non "l'intenzione di ricorrere a doping".

Caso Halep, cosa è successo e l'accusa di doping

Il caso Halep è iniziato nell'agosto 2022 quando la giocatrice vincitrice di due tornei dello Slam è risultata positiva ad una sostanza vietata, il Roxadustat, a seguito di un controllo antidoping. Fermata dal 7 ottobre dello stesso anno, Halep inizialmente ha negato di sapere come fosse entrata a contatto con quella sostanza che, stimolando la produzione di globuli rossi e aumentando l’emoglobina permette al sangue di trasportare meglio ossigeno e migliora di fatto le prestazioni complessive dell’atleta. Anche a causa delle lungaggini della giustizia sportiva, il tempo è passato e Halep  ha ricostruito solo in un secondo momento il tutto spiegando che il Roxadustat è stato assunto a causa della sua fisioterapista, che le ha somministrato un integratore contaminato.

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Perchè la Halep è stata condannata?

La squalifica iniziale di 4 anni,  è stata ridotta a nove mesi dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna. Secondo il TAS, infatti, ai fini della valutazione del grado della colpa o della negligenza dell'Atleta, occorre considerare le circostanze nella loro interezza, anche tenendo conto delle caratteristiche personali dell'atleta. Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici, la Halep non era semplicemente un'atleta professionista di élite, ma vantava anche una lunga esperienza nel settore, essendo nel tour WTA ormai da anni e ai vertici della classifica da molto tempo.

Il punto dirimente per i giudici del TAS è la circostanza che l'Atleta avesse affidato alla sua fisioterapista il compito di controllare e accertare che gli integratori alimentari da assumere fossero a norma rispetto alla normativa antidoping. Tuttavia, la fisioterapista non era qualificata per consigliare tali integratori.  La questione principale, sulla quale i giudici della sentenza del Tas si interrogano, è  "come mai in un ambiente di così elevata professionalità questioni legate a possibili problemi con l'antidoping siano affidate a persone che non abbiano esperienza in questo settore".

Una leggerezza che la Halep ha pagato con 9 mesi di squalifica proprio perché  avrebbe dovuto conoscere i limiti del background professionale della fisioterapista, che è una dipendente dell'accademia Mouratoglou, e che "non è qualificata come nutrizionista sportiva o clinico". Ad aggravare il comportamento della Halep per il giudici è il fatto che lo stesso coach Mouratoglou, chiamato a testimoniare in giudizio, ha confermato di disporre nell'accademia in questione di professionisti qualificati e dottori specializzati, che sarebbero stati disponibili a seguire la giocatrice che invece avrebbe consapevolmente scelto di affidarsi alla sua fisioterapista, pur sapendo di essere priva delle necessarie competenze. Nè tantomeno la giocatrice avrebbe provato in giudizio di non essere nelle condizioni economiche di poter affrontare spese legate all'assunzione di personale qualificato che potesse seguirla adeguatamente nelle questioni relative all'alimentazione.

Quali sono dunque le differenze con il caso di Jannik Sinner

Quello che dovrà appurare il TAS nel caso Sinner è se la condotta del giocatore rientri nella fattispecie della "assenza di colpa o negligenza" – che esclude l'applicazione di un periodo di squalifica (art. 11.5) – o nella diversa fattispecie di "assenza di colpa o negligenza significativa", la quale prevede invece un periodo di squalifica variamente modulato a seconda del grado di colpa dell'atleta o di altra persona (art. 11.6).

Detto ciò, occorre preliminarmente precisare  innanzitutto che mentre la Halep è stata contaminata da un integratore alimentare che ha consapevolmente assunto (pur non sapendo che al suo interno vi fosse una sostanza dopante), Jannik Sinner è entrato a contatto con il Clostebol attraverso una pomata per curare delle lesioni che aveva assunto il suo fisioterapista. Il livello di rischio di colpevolezza o negligenza significativa, dunque, era sicuramente sensibilmente più alto per la giocatrice rumena.

Inoltre, anche nel caso di Sinner la responsabilità del tutto è ricaduta sulla leggerezza del team formato dagli ormai ex preparatore atletico e fisioterapista Ferrara e Naldi. Il primo, infatti, come ricostruito nella sentenza del tribunale indipendente che ha poi scagionato completamente Sinner, avrebbe comprato il farmaco Trofodermin (contenente Clostebol) utilizzato come cicatrizzante. Il secondo, per essersi curato una lesione al dito proprio con la pomata in questione, effettuando poi un massaggio a mani nude su Sinner. 

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Perché i casi Halep e Sinner non sono uguali

Se prendiamo la sentenza Halep come indicatore del criterio utilizzato per valutare il grado della colpa o della negligenza, non possono non rinvenirsi differenze tra i due casi. Nel caso Halep, l'atleta ha consapevolmente affidato alla sua fisioterapista il compito di curare l'aspetto nutrizionale e di verificare la rispondenza o meno degli integratori assunti alla normativa antidoping, pur essendo consapevole che la stessa non avesse le necessarie competenze non essendo né un nutrizionista sportivo né tantomeno un clinico e pur avendo i mezzi economici per affrontare l'inserimento nel proprio team di un professionista competente.

Al contrario Sinner, da quanto risulta, aveva affidato a Umberto Ferrara il compito di occuparsi oltre che del lato atletico anche di quello nutrizionale e alimentare. Lo stesso Ferrara, al contrario della fisioterapista che seguiva la Haelp, possedeva le competenze per valutare la rispondenza degli integratori somministrati alla normativa antidoping avendo conseguito una laurea in Chimica e Tecnologie farmaceutiche e vantando diversi Masters come Personal trainer, occupandosi anche dell'alimentazione del giocatore.

Potrebbe essere questa dunque la discriminante capace di giocare a favore di Jannik.

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