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Parla la donna che ha urlato “Olya e Brenda” a Zverev: “È stato disgustoso”. Perché lo ha fatto

La donna che dopo la finale persa contro Sinner ha urlato a Zverev riferimenti alle storie relative alle accuse di abusi sessuali, ha parlato del suo gesto. Era tutto organizzato.
A cura di Marco Beltrami
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Oltre alla cocente delusione per la sconfitta rimediata da un sontuoso Jannik Sinner, Alexander Zverev ha dovuto fare i conti dopo la finale degli Australian Open con la tifosa che dagli spalti per ben tre volte ha urlato: "L'Australia crede a Olya e Brenda!". Solidarietà dunque alle due donne che hanno accusato il tennista tedesco di violenza domestica, con gli addetti ai lavori che poi non hanno perso tempo ad espellerla dall'impianto. Ma cosa c'è dietro questo gesto, e perché questa appassionata di tennis si è scagliata contro Zverev in un momento già per lui complicato?

Parla la donna che ha urlato le frasi contro Zverev dopo la finale con Sinner

Le risposte sono arrivate dalla diretta interessata ai microfoni del giornalista Ben Rothenberg su Bounces, la sua newsletter su Substack. Nina, nome di fantasia di questa donna australiana di origini dell'Europa dell'Est, è una grande appassionata di tennis come confermato dalla sua presenza sia per la finale femminile che per quella maschile degli Australian Open. La sua intenzione era proprio quella di fare qualcosa per dimostrare di non sostenere Zverev, come stava facendo la maggioranza delle persone.

Non sembra essere particolarmente colpita dal fatto che per Zverev entrambi i casi si siano chiusi in maniera definitiva: il primo con un'indagine indipendente che non ha trovato alcuna prova degli abusi, e il secondo con un accordo economico tra le parti. Infatti Nina ha una visione delle cose molto netta: "Sono molto arrabbiata da quando a Zverev è stato consentito di poter fare quello che vuole, con tanto di celebrazioni sui palcoscenici mondiali. Una parte di me si chiedeva se fosse perché la maggior parte delle persone non si preoccupi delle condizioni delle vittime".

Il piano della tifosa per far sentire la sua voce nella finale degli Australian Open

Non si è trattato di un gesto improvvisato, visto che l'appassionata di tennis aveva programmato già il tutto con i suoi familiari: "Volevo un consiglio delle mie sorelle, ma non credo che immaginassero che potessi urlare così forte come ho fatto. E io non sapevo che sarei stata in grado di farlo fino a quando non l'ha fatto". L'atmosfera della Rod Laver Arena, e il sostegno per Zverev sono state benzina sul fuoco per Nina che è poi esplosa: "Per tutta la notte la gente tifava "Sascha! Sascha! Sascha!". È stato disgustoso. Può fare il prepotente con le persone, con l'ATP, coi giornalisti con chiunque, e cancellare la sua storia. Ma io volevo che sapesse che gli appassionati di tennis sanno tutto e che ci preoccupiamo di quelle donne. Crediamo a loro, ca**o".

Per fare questo la tifosa ha scelto un posto vicino alla postazione dei media, per far sentire meglio i nomi di Olya e Brenda: "Sapevo che ci sarebbe stato un momento prima del suo discorso, di calma. Volevo che Brenda e Olya e altre persone nella stessa posizione sapessero di non essere dimenticate anche quando i loro abusatori vengono celebrati su una scena mondiale. E volevo anche che Sascha vivesse una situazione di disagio perché noi non dimentichiamo".

La reazione della donna nei confronti degli organizzatori degli Australian Open

Il resto del pubblico non ha perso tempo per schierarsi dalla parte del giocatore tedesco, numero due al mondo: "Ho visto Sascha che alzava gli occhi nella mia direzione. E ho fatto un inchino poi a chi alle mie spalle mi scherniva, mentre andavo fuori. La sicurezza mi ha detto di andare con loro e sono stati insistenti". E a conti fatti, obiettivo raggiunto per Nina: "Sono entusiasta che le storie di Olya e Brenda vengano riprese dai media, anche per la prima volta. Sono davvero sorpresa per l'impatto. Il direttore del torneo dice che ho rovinato l'evento? Gli australiani sono noti per essere rumorosi agli eventi sportivi. Le cinque parole sono state positive, e non offensive, nel loro sostegno alle vittime".

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