Paolo Cané svela le insidie dell’erba di Wimbledon per Sinner: “Vi dico quali rivali dovrà temere”
Paolo Cané non è riuscito a trattenere l'emozione in telecronaca, quando Sinner è diventato numero uno al mondo durante il Roland Garros. L'ex tennista italiano, capace di regalarci gioie anche in Coppa Davis, maestro e stimato commentatore per Eurosport e per la Rai, ha provato a raccontare ai microfoni di Fanpage quei momenti.
Un'occasione anche per parlare dell'exploit degli italiani, di Alcaraz, del confronto tra lo spagnolo e Sinner, e di come i tennisti si adattano all'erba, una superficie su cui Jannik ha già dimostrato di trovarsi bene a giudicare dal risultato di Halle. Quali saranno a Wimbledon i principali rivali per lui? Cané ha tracciato il profilo dei giocatori ai quali il campione di Sesto dovrà fare attenzione.
Paolo c'è anche chi in Italia si è lamentato delle tre finali perse nel week-end di fine Roland Garros. Cosa diresti a queste persone?
"Bisogna andare dietro di dieci anni, quando aprivi il giornale e se un italiano superava un turno in uno Slam o faceva risultato, era festa nazionale. Siamo abituati troppo bene e si pensa e si spera sempre che ogni settimana un azzurro arrivi in finale. Con Jasmine, i doppi e Sinner… meglio di così! C’è da mettere la firma".
Ma poi oltre a loro ci sono stati tanti giocatori che stanno crescendo, qualcuno ti colpisce in particolare?
"Stanno giocando bene. Ci sono alcuni che danno meno nell’occhio ma fanno molto bene, come Cobolli. Stanno affrontando il percorso nel professionismo, bruciando delle tappe. Se vedi cos’era Cobolli l’anno scorso in classifica lo capisci. Musetti ha giocato molto bene, Berrettini ricomincia a giocare sull’erba e può essere un modo per rientrare e dimostrare il suo valore".
Mi ha colpito molto la tua emozione in telecronaca, quando Sinner è diventato il numero uno al mondo. Cosa hai provato?
"Mi sono emozionato perché lo stavo commentando. Sono un commentatore anomalo, perché vivo le emozioni ancora da giocatore. Dopo la Coppa Davis, ora il numero 1… sono emozioni forti. Non riuscivo a parlare. Quando arrivano quei momenti è qualcosa che non puoi spiegare, perché essendo un’emozione incontenibile senti una cosa forte, un nodo alla gola e rivivi anche il tuo trascorso e i sacrifici di tutti gli italiani, con la punta di diamante che sale sul trono. Ci sono però tutti gli altri che spingono e hanno spinto negli anni. E un’emozione che mi sono portato dietro per qualche ora, perché sembravo rincoglionito".
Bellissimo, insomma ti è ripassata anche tutta la carriera davanti agli occhi?
"Ho rivissuto dei momenti, e ho avuto la fortuna di commentarlo. Soprattutto per il tennis italiano, crei così un movimento per milioni di appassionati, sportivi, e questa può essere solo una nota positiva. Non possiamo dire niente se non grazie a questi ragazzi".
Come giudichi comunque la stagione sulla terra rossa di Sinner, nonostante una condizione fisica viziata dalla preparazione non eccezionale?
"Sinner ha perso al quinto contro Alcaraz, quindi era ad un passo dalla vittoria. Il fatto di non aver giocato molte partite, può far mancare l’abitudine di affrontare un quinto set sulla terra battuta. Questo certo non vuol dire perché anche avendo giocato meno, lui sa come giocare ed è sempre in condizione perché potrebbe anche aver risparmiato tante energie. Fatto sta però che non si è allenato tantissimo e arrivare a giocare uno Slam come questo… sono eventi che si programmano 3-4 mesi prima. I grandi campioni fanno questo".
Poi è arrivato in fondo su una superficie che non è propriamente la sua preferita
"Lui gioca splendidamente anche sulla terra che non è la sua superficie, ma qui può trovare 3-4 giocatori che possono metterlo in difficoltà. Quando è al 100% ha dimostrato il suo valore. Sinner è l’unico che può battere Alcaraz. Poi la finale non sai, perché devi recuperare e se non lo fai bene per esempio vai a giocare con Zverev e puoi perdere tre set a zero. Se guardi i valori daresti favorito Jannik, ma Zverev è in un ottimo momento, ed è arrivato in grande forma dopo la vittoria a Roma. Avrebbe meritato anche lui".
Su Alcaraz invece cosa pensi: è lui l'uomo da battere?
"Alcaraz, quando è in condizione, ha qualcosa in più rispetto agli altri sulla terra battuta in cinque set. Semplice. Quel qualcosa in più devi cercare di togliergliela giocando. Se arrivi in fondo al percorso, e vedi l’arrivo, lui arriva prima. L’ha dimostrato contro Zverev, nel modo in cui ha perso il terzo set e poi ha vinto quarto e quinto, concedendo pochi game. Lui ha fatto 12 game e l’altro 3. È durissimo, ma bisogna batterlo. Ha mantenuto una costanza di livello, di tenuta fisica, mentale e di colpi, che hanno sovrastato Zverev. Sascha non ha retto il ritmo ed è stato macinato alla fine. Bisogna riconoscerglielo".
La stagione sull'erba è iniziata alla grande, ma non per Alcaraz che comunque è campione in carica a Wimbledon. Anche su questa superficie parte favorito?
"Sull’erba non avrà problemi perché ha vinto già l’anno scorso. Lui ha un gioco molto vario, ed è quello che può avere più soluzioni su quella superficie. Se è in condizione sarà l’uomo da battere anche sull’erba. Sulla terra c’era l’incognita del suo stato fisico, che ha trovato poi partita dopo partita facendo anche fatica e venendo fuori poi alla grande negli ultimi match. Ha recuperato bene con Sinner, e poi ha giocato alla grande la finale con Zverev. D’altronde lui è già abituato visto che aveva giocato altre due finali Slam, contro un giocatore che ha fatto tre semifinali Slam e che post Covid e infortunio sta crescendo molto. A livello mentale e di gioco ha trovato il mese perfetto".
Non trovi che la rivalità tra Sinner e Alcaraz sia eccezionalmente equilibrata, quasi unica considerando tutte le superfici. Ci sono anche degli altri giocatori che possono dare fastidio a Jannik?
"Grande equilibrio, dici bene. Poi sul cemento tra Australia e Stati Uniti può essere leggermente favorito Sinner, ma sulla terra e sull’erba forse è leggermente favorito Alcaraz. Certo ci sono anche gli altri, perché per esempio sull’erba se trovi uno che serve bene per due ore e mezza, è dura. Uno Struff, o gente che fa servizio e volée: così diventa difficile per tutti".
Ecco Paolo puoi spiegare ai nostri lettori cosa significa giocare sull'erba e le differenza con terra e cemento.
"Intanto l’erba è la superficie dove puoi usare più variazioni: con la palla tagliata, cambi di direzione, giocando corto. Così puoi portare a casa il punto più che su altre superfici, come il cemento. In Australia e Stati Uniti i tennisti sfruttano solo la zona dal fondo alla linea di metà campo. Contro i grandi colpitori, con la palla che salta, giocando di ritmo fai solo loro un favore. Questo perché corrono bene e s’appoggiano. Certo c'è qualche discesa a rete perché il servizio salta di più. Sulla terra cominci a variare di più perché oltre al fatto che la palla rimbalza molto alta, vedi più smorzate e quindi gioco a rete per rompere il ritmo all’avversario. Anche perdendo il punto, comunque fai fare all’avversario delle belle sgroppate che poi si fanno sentire 3 su 5. 10-15 smorzate a partita e l’avversario viene sfiancato".
L'erba dunque è un altro mondo, quali sono i tennisti che si trovano più a loro agio?
"Sull’erba hai molte più varianti. Servizio, volée e puoi palleggiare bene nelle prime settimane perché il campo non è più consumato, prima che poi diventi bruciato per l'usura. Un campo che è anche più lento della terra battuta e che con lo slice, e con il taglio alla palla può diventare fastidioso. Anche giocando con diagonali e traiettorie più basse puoi sfruttare tutto l'ampiezza del campo. Sull’erba vince chi ha più varianti e sa giocare meglio a tennis. Quelli che colpiscono e basta da fondo hanno poca roba: puoi ‘spaccarli' da fondo, come ha fatto Sinner arrivando in semifinale. Ma quando incontri giocatori come Djokovic o Alcaraz che variano il gioco, scendendo a rete e usando lo slice di rovescio, diventa dura".
Anche i movimenti sono diversi cambiando gli appoggi giusto?
"C'è anche il discorso della corsa: non sei abituato a correre sull’erba. Ci sono muscoli che lavorano di più, devi stare più basso, usi di più i glutei, le gambe forti. Il campo poi diventa lento, proprio per il fatto che si brucia l’erba e diventa insidioso giocare al centro. E rimbalza male, perché l’erba si è consumata ed è come giocare sulla terra. Lo slice ti permette di respirare di più e di usare le diagonali e tutte le parti del campo. E chi lo fa è insidioso. Non serve giocare solo di ritmo da fondo come faresti su terra e cemento, consumi il doppio della benzina e ti ammazzeresti. Per certi movimenti che deve fare il corpo con i rimbalzi irregolari, devi trovare degli appoggi all’ultimo momento anche scivolando".
Che sensazioni hai su Sinner per Wimbledon, dopo la semifinale dell'anno scorso può fare bene?
"Sinner ha già fatto semifinale l’anno scorso e poi ha perso con Djokovic. Nole ha fatto un match pazzesco, era stremato e poi infatti è venuto fuori Alcaraz. Carlos alla lunga dopo aver vinto un quarto set tiratissimo, ha vinto il quinto e la finale. Lui usa tutto il campo, ed è molto esplosivo, con le discese a rete, lo slice: ti prende il tempo e viene a giocare le volée. Cose che vedremo fare anche a Sinner, perché è ben abituato sull’erba".
Hai parlato di Djokovic, che sensazioni hai avuto durante il Roland Garros?
"Djokovic non voleva uscire da sconfitto. Si è ritirato, e non è stato battuto. Questo dimostra quanto ci tiene. Ora ha questo problema al menisco, ma sono gli anni. Lui ha il fisico ancora integro e e non è stato un intervento invasivo, anche se qualche scricchiolio si vede".
Però prima dell'infortunio è apparso molto provato e stanco, sei d'accordo?
"Provato sì, perché non ha giocato tante partite. Sa benissimo che deve saper dosare le energie per i grandi appuntamenti. È brutto dirlo ma vanno a giocare i 500 e i 1000 in preparazione per i tornei più importanti, dove ci sono anche gli stimoli. Negli Slam, lo vedrai sempre giocare bene".
Contro Cerundolo, anche alla luce dell'infortunio, sembrava spacciato e poi è rinato. Come spiegare questa resurrezione?
"Basta che prendi la classifica di Djokovic degli ultimi 20 anni, gli Slam vinti, le partite e così ti fai un’idea di quanti match ha dovuto giocare per vincere tutti quei tornei. Se pensi che Alcaraz ne ha vinti 3 e fa scalpore… Leggendo i numeri di Nole, Federer e Nadal, capisci quello che hanno fatto questi 3. Non mollano perché sanno che se sono in condizione, a parte 3-4 giocatori, non perdono da nessuno. Cerundolo l’ha portato ad un livello pazzesco, arrivando a pochi punti dalla vittoria. Ti giochi su 2-3 punti la partita, anche se poi vedi Alcaraz che vince 6-1, 6-2 al quarto e al quinto set. Prima devi pensare cosa ha pensato lui ad essersi trovato 2 set a 1 sotto in una finale".
E su Musetti, l'hai rivisto bene anche se è mancato il guizzo?
"Si è rivisto un Musetti molto buono, con lo spirito giusto, l’occhio cattivo in campo. Quante partite ha giocato con quella cattiveria lì? Con i se e con i mma sono tutti bravi, ma se affrontasse così le partite anche quando va a giocare il Challenger di Torino, o a Roma dove è stato sfortunato… Deve affrontare le partite in quella maniera perché abbiamo visto il potenziale di questo ragazzo. Deve avere voglia di fare fatica e quelle partite ti danno la forza di affrontare i sacrifici perché ti fanno pensare di giocare alla pari con uno che ha fatto la storia".
Ecco a proposito, non può mancare una battuta sull'eccezionale cavalcata di Jasmine Paolini.
"Siamo un grande squadrone, siamo tutti bravi ragazzi anche a livello femminile. Trovano stimoli giusti, si divertono, vincono ed è questa la chiave per andare avanti. Non sono stupito perché io sento regolarmente Renzo Furlan, e conosco il lavoro che ha fatto con Jasmine seguendola da poco meno di 10 anni. A testa bassa, lui che è stato ed è un grandissimo lavoratore e professionista, ha trasmesso a questa ragazza il valore del gioco e i segreti di questo sport. In finale quando faceva un punto faceva un sorriso verso la tribuna, perché sapeva anche lei che andava a sbattere contro un muro, difficilissimo. La Swiatek è la numero uno indiscussa, ma intanto siamo arrivati lì".
Spesso il lavoro di coach come Furlan passa in secondo piano?
"Vengono ricordati i giocatori, ma ricordiamo anche i coach. Questi hanno poca gratitudine, solo quando si vince. Invece dietro c’è un lavoro di anni. Ci si ricorda più di loro nelle sconfitte perché siamo abituati al calcio, dove quando perde una squadra fanno fuori l'allenatore. C'è un lavoro costante che deve durare anni: se uno ha voglia di lavorare e concentrarsi su quello mettendo la testa sotto terra come gli struzzi… i risultati poi arrivano".
Il percorso poi è molto lungo, tu lo sai bene Paolo.
"Bisogna fare tutti i giorni le stesse cose, con alimentazione, fisioterapia, lavoro in palestra, credendoci e girando il mondo. È un percorso lungo. Chi ci crede e lo vuole affrontare è un professionista serio. Chi dopo due anni continua a prenderle, e non se la sente, smette prima e non raccoglie niente di buono. Non si può mai sapere sulla base del livello che cosa comporta un torneo su due settimane, puoi perdere primo turno, o fare il risultato che ti salva l’intera stagione".