Nadal accusato di doping, interviene l’Agenzia Mondiale: “È un problema etico, non nostro”
Tutti i tifosi di tennis, e non solo, hanno applaudito il trionfo di Rafa Nadal nell'ultimo Roland Garros: è il suo 14° successo nel torneo parigino, il 22° in un Grande Slam, record nella storia di questo sport davanti a Federer e Djokovic, fermi a quota 20. Applausi dovuti non solo a quanto messo in campo dal punto di vista tecnico, strategico e della personalità, ma anche per l'immensa capacità di resilienza del campione spagnolo, che non si è voluto piegare ai dolori fortissimi procuratigli al piede sinistro dalla sindrome di Müller-Weiss, una malattia cronica e incurabile che lo affligge da quando aveva 18 anni e che negli ultimi tempi è andata peggiorando in maniera invalidante.
Le ultime immagini di Nadal dopo il consulto medico successivo alla finale vinta su Ruud sono davvero impietose: il 36enne mancino di Manacor è costretto ad usare le stampelle per uscire dalla macchina, il che fa capire quanto il problema impatti anche la sua vita fuori dal campo. In attesa che riesca a trovare una soluzione diversa, lo spagnolo ha un solo modo per poter competere nei tornei: fare ricorso a infiltrazioni continue allo scopo di anestetizzare il piede ed eliminare il dolore. Una pratica che tuttavia è stata accostata al doping da parte del ciclista professionista francese Guillaume Martin, che non ha usato mezzi termini al riguardo: "Quello che ha fatto Nadal sarebbe impossibile nel ciclismo e penso sia normale. Se sei malato o infortunato, non gareggi. Questo ha perfettamente senso, per diversi motivi. In primo luogo per la salute degli atleti. Inoltre i farmaci, in particolare le iniezioni, non solo hanno un effetto curativo, ma possono anche avere un effetto sulle prestazioni, quindi secondo me è un po' al limite. Se un ciclista avesse fatto la stessa cosa, sarebbe stato squalificato".
Parole che hanno ovviamente sollevato una bufera, che ha indotto la Spagna a prendere le difese del proprio campione, con una nota diffusa dalla Società Spagnola di Medicina dello Sport: "Le infiltrazioni anestetiche sono procedure terapeutiche di ampio e antico uso, sia in ambito sportivo che lavorativo. L'infiltrazione non è un metodo di doping a meno che non venga somministrata una sostanza proibita in quell'iniezione. Non sono doping. Non sono nell'elenco dei prodotti vietati, poiché si ritiene che non migliorino le prestazioni sportive e non siano dannose".
Ma la questione è salita ad un livello ancora più alto, ovvero l'Agenzia Mondiale Antidoping, il cui direttore generale Olivier Niggli ha chiaramente affermato che le pratiche di Nadal non costituiscono doping. Secondo il capo della WADA, la lotta al doping è inquadrata da un elenco di prodotti vietati: "Se un prodotto è in quell'elenco, significa che ha un effetto sulle prestazioni, che fa male alla salute e che è contrario all'etica dello sport", ha detto alla TV svizzera RTS. Le iniezioni di anestetico non sono vietate, una scelta consapevole: "Non è una svista. La domanda è sorta e se n'è è discusso. Non sono nell'elenco perché si ritiene che non migliorino le prestazioni e fondamentalmente non siano un male".
Niggli ha spiegato che il loro utilizzo da parte degli atleti appartiene ad "un altro dibattito" che non ha a che fare col doping. La domanda dunque dovrebbe essere un'altra: "È una buona pratica medica? È accettabile che un atleta d'élite si faccia le iniezioni prima di una partita? È un dibattito tra medici. Un dibattito sull'etica medica". Per il direttore generale della WADA, il campione spagnolo ha gestito un dolore durante una competizione, "senza che questo lo mettesse in una posizione che lo favorisse". "Rafael Nadal ha vinto 14 titoli al Roland Garros. Se ha vinto i tredici precedenti senza punture, probabilmente non è grazie alle iniezioni che ha vinto il 14simo", è la sua conclusione, che spazza via tutte le ombre sul campione iberico.