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L’ultima vittoria di Agassi, l’Australian Open della rinascita e la sua legacy nel tennis

Il 26 gennaio 2003 André Agassi vince gli Australian Open contro il tedesco Rainer Schüttler. Sarà la sua ultima vittoria in un torneo del Grand Slam e un momento importante nella sua carriera e nella sua vita. Dopo anni bui, raccontati nel libro “Open”, Agassi con quella vittoria prende la totale consapevolezza di essere stato uno dei più grandi tennisti della storia.
A cura di Jvan Sica
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Ci sono atleti che entrano nella loro disciplina e la cambiano perché sono così talentuosi e forti da piegarla ai loro voleri atletici e da lì in poi tutti dovranno adeguarsi. Ci sono altri atleti invece che utilizzano la loro disciplina per dimostrare chi sono anche come uomini o donne e la trasformano perché la rendono diversa dal consueto. Ci sono ancora altri atleti poi che mettono insieme queste due dimensioni e ne aggiungono una terza molto importante, rappresentando lo spirito dei tempi, diventando in fretta icone del loro presente ma facendo anche un grosso regalo al loro sport perché ne danno una spolverata fondamentale per la persistenza nel futuro.

Se pensiamo a questa ultima figura e al tennis, non possiamo che avere l’immagine mentale di André Agassi. Oggi si ricorda qualcosa di molto importante nella carriera del tennista americano, ovvero la vittoria in finale degli Australian Open del 2003 contro il tedesco Rainer Schüttler. Sarà quello l’ultimo Grand Slam vinto da Agassi in carriera.

Non solo è importante questa vittoria per quello che ha significato nella carriera del tennista, ma dopo aver messo su carta la sua storia nel libro pluripremiato “Open”, Agassi ha dato una sottolineatura molto importante a questo torneo vinto nel 2003.Nel libro si scopre forse per la prima volta da parte di un grande campione sportivo cosa vuol dire essere uno sportivo di alto livello. Il discorso non si focalizza solo sul percorso sacrificato e sacrificale che tutti devono compiere e su cui tanti si soffermano quando nelle biografie devono spiegare la loro storia, ma Agassi tira in ballo grandi temi come l’esigenza di vincere, la difficoltà di conformarsi sempre a uno standard, la difficoltà di gestire il talento, miscelandolo alla fatica, nel suo caso la costrizione paterna a dover fare quell’attività e a doverla fare sempre al meglio possibile, senza possibilità di cedimenti fisici e mentali.

Il tennis raccontato da Agassi in “Open” è il paradiso desiderato dal primo momento in cui ha avuto coscienza, ma anche l’inferno del dover essere in netto contrasto con un altro se stesso che non odiava il tennis, ma magari lo vedeva da punti di vista molto diversi.

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La tenacia paterna però porterà a grandi frutti sportivi. Agassi a 17 anni vince già il suo primo torneo tra i Senior, in Brasile sul cemento di Itaparica, a 19 anni batte uno dei migliori in quel momento, Stefan Edberg a Key Biscane, il 5 luglio 1992, con il suo stile grunge si prende addirittura Wimbledon, battendo da sfavorito Goran Ivanisevic. E poi la carriera continua con l’US Open 1994 contro Stich, il primo Australian Open contro il rivale di stile e di tennis, Pete Sampras e così via, fino ad arrivare al limite. Il limite per uno sportivo è quando il fisico ti chiede riposo. Il limite per un uomo è quando la mente ti chiede di sospenderti. E Agassi sospende la realtà dopo un’altra estate vincente, quella del 1996 che gli dà l’oro olimpico ad Atlanta nel singolare maschile. Questa ennesima vittoria gli crea appunto una sorta di sospensione dal mondo e dalla realtà e lo porta a perdersi come atleta e come uomo. Forse accade quando diventi quello per cui sei stato pensato, senza chiederti il permesso. Si sposa con Brooke Shields, si infortuna spesso, conosce la droga, gioca poco e male e crolla alla posizione 141 del ranking ATP. Ormai per tutti è un ex molto meglio sulla Strip di Hollywood che in campo.

Quando si entra in questi vortici o la vita resta sospesa per sempre, tornando a essere se stessi per interviste a pagamento o incontri tra vecchie glorie, oppure ci si risveglia, tornando a voler essere quello che si era prima ma con la consapevolezza di volerlo da sé e non come progetto di qualcun altro. Accade proprio questo ad André Agassi che torna già a rivincere nella primavera del 1998, per poi infilare un quartetto di vittorie sensazionali: Roland Garros 1999, Us Open 1999 e i due Australian Open del 2000 e del 2001.

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Arriva al 2003 e un altro tennis è già lì. Stanno emergendo i Federer, i Safin, i Roddick, gli Hewitt, a breve i Nadal, atleti che da lui però partono per alcuni elementi del gioco, come l’attacco in ritmo da fondo campo, ma che da lui si discosteranno perché lo sport va sempre avanti. Ma quel 26 gennaio 2003 ha ancora una finale da vincere, dopo aver battuto Sébastien Grosjean ai quarti e Wayne Ferreira in semifinale. Di fronte al destino il tedesco Rainer Schüttler, sorpresa di quell’anno, potrà davvero poco e perderà con un netto 6-2, 6-2, 6-1.

Agassi non si fermerà lì. Continuerà a giocare, vincere tornei come Key Biscane e Cincinnati, perdere contro i “nuovi mostri”, come con Nadal a Montréal nel 2005 e con Federer negli US Open del 2005, ma soprattutto a ispirare tutti questi e coloro che nel futuro vorranno giocare a tennis.

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