L’intervista sotto dettatura di Peng Shuai: “L’abuso sessuale? È stato solo un equivoco”
Le domande erano state passate al vaglio prima dell'intervista e durante la discussione c'era un funzionario del comitato olimpico cinese che traduceva le risposte di Peng Shuai. La stessa redazione dell'articolo doveva essere svolta seguendo una struttura precisa (anche quella "suggerita" in anticipo con la pubblicazione "testuale" dei commenti) e su certi argomenti, quali l'aggressione sessuale e le pressioni subite dalle autorità politiche, non ci sarebbe stata riflessione ulteriore rispetto alla risposte rese.
È in questo contesto di "libertà vigilata" che s'è svolto il servizio del quotidiano francese, L'Equipe: non una parola fuori posto, non una di più né di meno rispetto a quanto studiato. Più che un dialogo è stato un colloquio controllato e tanto basta per alimentare la convinzione che – nonostante la tennista abbia ritrattato quanto scritto sull'abuso sessuale subito dall'ex vice presidente, Zhang Gaoli – le sua versione dei fatti non sia veritiera e che l'abbia espressa sotto dettatura.
Peng Shuai sorrideva, indossava un top rosso con la scritta Cina sulla parte anteriore, parlava con apparente serenità: così è apparsa dal nulla la tennista che aveva rotto il muro di omertà, creato una crepa nella cortina autoritaria del Paese pubblicando sui social network Weibo lo sfogo e il racconto della violenza subita. Da quel momento su Peng Shuai è calata la damnatio memoriae: tutto è stato negato, smentito, omesso, cancellato e soprattutto controllato, gestito, organizzato almeno fino a quando non è tornata dall'oblio mostrandosi in foto e in immagini video artefatte, frutto di una realtà virtuale nella quale lo scandalo non era mai esistito.
Tanta preoccupazione per nulla. "Io scomparsa? No, tutti potevano vedermi". Le frasi di Peng Shuai sono scandite a memoria. È tenuta d'occhio, la traduzione è blindata. Ritratta ogni cosa: l'abuso non c'è mai stato, è stata lei a inviare messaggi di posta elettronica alla Wta (Women's Tennis Association) e sempre lei a cassare il post sui social media. Lo ha fatto – dice – volontariamente: "Perché volevo. E non ho mai detto che qualcuno mi ha costretto a subire un'aggressione sessuale".
Poco dopo l'altro passaggio cruciale nel quale smentisce se stessa ribaltando del tutto la narrazione della vicenda, le sue parole sono telegrafiche: "Quel post ha generato solo un enorme malinteso. Desidero solo che il mio pensiero non sia più distorto". Stop. Mai avuto problemi con le autorità cinesi? La replica è già scritta: "Emozioni, sport e politica sono tre cose chiaramente separate. I miei problemi romantici, la mia vita privata, non dovrebbero essere mescolati con lo sport e la politica". Stop. Alla domanda su com'è cambiata la sua vita dopo il post che ha suscitato molto clamore a livello internazionale Peng Shuai ha risposto in maniera disarmante: "È come dovrebbe essere? Niente di speciale". Stop. Non è mai successo niente. È stato solo frutto di un equivoco. Tutta colpa di una "matrice" fuori controllo nella tana del bianconiglio.