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La lezione dei genitori a Sinner: “Io volevo spiegare tutto, loro mi dissero che dovevano lavorare”

Per Jannik Sinner il lavoro è come un mantra, qualcosa che i suoi genitori gli hanno inculcato tempo fa: c’è un episodio che il campione azzurro non può dimenticare.
A cura di Paolo Fiorenza
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Esordio travolgente per Jannik Sinner all'ATP 1000 di Madrid: il 22enne campione azzurro ha spazzato via il suo grande amico Lorenzo Sonego in poco più di un'ora e adesso affronterà il russo Pavel Kotov, che ha battuto in tre set l'australiano Thompson. Si è detto e ridetto che la terra battuta non è la superfice ideale per Sinner, ma a Madrid si gioca in altura e la palla viaggia di più, e poi c'è una verità ormai incontrovertibile: Jannik, che sia terra, cemento, erba o indoor, è arrivato a un livello tale che per batterlo serve uno dei primissimi al mondo, come è accaduto con Alcaraz a Indian Wells e con Tsitsipas a Montecarlo, e il suo avversario deve anche essere al suo meglio. Perché l'altoatesino di suo non regala niente: la solidità mentale che ormai ha raggiunto è impressionante, frutto di applicazione maniacale e lavoro instancabile, come gli hanno insegnato i suoi genitori, mamma Siglinde e papà Hanspeter.

Intervistato dal Financial Times, Sinner racconta un episodio risalente a qualche anno fa, che gli ha fatto capire quale fosse la strada giusta per il successo. Non cedere a vanità e lassismo, ma darci dentro col sudore della fronte: "Quando ero più giovane, potevo avere 16 o 17 anni, ho partecipato a un paio di tornei e ho perso. Dopo ho chiamato i miei genitori e volevo spiegargli cosa fosse successo. E loro mi hanno detto: ‘Sì, ok, ma dobbiamo parlare più tardi perché ora dobbiamo lavorare, ok?'. A quel punto ho capito che ovviamente i risultati contano, ma quello che conta davvero è cercare di lavorare sodo, svegliarsi e andare a lavorare e farlo con un sorriso. I miei genitori tornavano sempre a casa e sorridevano. Ecco cosa mi hanno dato: una mentalità davvero positiva con un'etica del lavoro davvero buona".

Un lavoro che si traduce in velocità e resistenza fisica dal punto di vista atletico e in padronanza ormai assoluta dei colpi da quello tecnico, nonché in clamorosi miglioramenti in aspetti del suo gioco come il servizio e il gioco a rete. E poi c'è la testa di Sinner, quello che fa la differenza tra i campioni e i fuoriclasse: Jannik è un monolito che non si scalfisce mai in partita, hai voglia anche a provocarlo o a fare teatrini… "La calma è per me molto importante come giocatore, perché puoi vedere le cose un po' meglio e un po' più velocemente. Se ti senti frustrato, è come quando guidi una macchina veloce e non vedi bene cosa c'è fuori".

Attuale numero due al mondo, Sinner nei prossimi tornei di Roma e Parigi – in cui Djokovic ha molti più punti di lui da difendere rispetto allo scorso anno – potrebbe salire in cima al ranking, primo italiano della storia. È esattamente quello per cui sta lavorando: "Sicuramente ora c'è più motivazione. Sono in una posizione diversa rispetto a un anno fa, perché nella mia mente so che posso fare certe cose. Ci ho sempre creduto, ma è diverso quando sai che puoi farcela. È eccitante". Come lo è per noi assistere a questo prodigio tennistico nel suo compiersi.

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