Sinner, niente ricorso della WADA per il caso Clostebol: la partita non è finita, ma c’è ottimismo
Nessun ricorso da parte della WADA, l’Agenzia Internazionale Antidoping (WADA), contro la sentenza di assoluzione di Jannik Sinner per il caso Clostebol, almeno per ora. Già perché a quanto pare la partita non è ancora finita visto che la stessa Agenzia ha fatto sapere di considerare "il caso ancora aperto e l’indagine in corso". Nonostante tutto però, stando a quanto riportato da Sky ci sarebbe ottimismo, sulla positiva conclusione dell'affare perché l'agenzia avrebbe considerato congrua e ben motivata la decisione dell'Itia.
WADA non ha presentato ricorso per il caso Sinner, ma ha ancora tempo
La WADA (solo lei e non le altre agenzie come NADO) che avrebbe fatto riferimento ad un comma dell'articolo 13.2 del Codice Antidoping, nello specifico il 13.2.3.5), in cui si spiega che i 21 giorni per la presentazione dell'appello possono partire 21 giorni dal momento in cui è arrivata la documentazione aggiuntiva sul caso specificamente richiesta a Itia, ovvero l'agenzia che si occupa dei casi di doping nel tennis. Quindi WADA avrebbe chiesto ulteriori documenti sulla sentenza del caso Sinner, anche se non è stato reso noto quando gli stessi sarebbero arrivati.
Perché filtra ottimismo su una possibile conferma dell'assoluzione di Sinner
La WADA dunque finora non si è opposta alla sentenza del tribunale indipendente, che aveva fatto riferimento anche ad esponenti della stessa agenzia anti-doping anche perché starebbe valutando i documenti aggiuntivi ricevuti. C'è ottimismo però sulla possibile conclusione positiva della vicenda con il mancato ricorso, questo perché la WADA non ha trovato particolari incongruenze nella sentenza dell'ITIA, escludendo appunto colpa e negligenza di Sinner nella vicenda Clostebol. Se così fosse, quello della WADA sarebbe un tecnicismo.
Una contaminazione involontaria dunque figlia di una leggerezza commessa dal preparatore atletico e dal fisioterapista (dai quali poi si è separato) che aveva massaggiato il tennista senza guanti, dopo aver curato una ferita al dito con un medicinale contenente Clostebol.
Tra l'altro nella stessa sentenza, c'è un passaggio che spiega in modo perfetto cosa ha portato all'assoluzione. Questo il parere del Professor David Cowan: "Anche se la somministrazione fosse stata intenzionale, le piccole quantità che probabilmente sono state somministrate non avrebbero avuto alcun effetto dopante o di miglioramento delle prestazioni rilevante sul giocatore".
Sinner e il caso Clostebol, gli scenari e cosa cambia ora
Jannik Sinner non ha mai avuto dubbi sul suo comportamento, anche se per dirla alla Bortolotti (tennista che ha vissuto una vicenda analoga), la pressione anche mediatica è stata ed è ancora enorme fino a quando non ci sarà la parola fine. Ecco perché l'allungarsi dei tempi per il possibile ricorso di WADA, non fa tirare definitivamente un sospiro di sollievo che arriva poche ore dopo dal trionfo agli US Open, al netto delle prospettive di una conferma dell'assoluzione.
Se Sinner dovesse essere ancora "scagionato" pagherebbe solo la responsabilità oggettiva per il comportamento di Naldi e Ferrara, con la decurtazione dei punti conquistati a Indian Wells, con la restituzione anche del premio. Una situazione che non gli ha impedito di blindare il primo posto nel ranking ATP. Un brutto capitolo per Sinner, bravo a giocare e vincere con un pensiero extra-campo destabilizzante.
Il precedente caso Clostebol, che ha fatto scuola
Potrebbe essere comunque confermato dunque il modus operandi di WADA di fronte ai tantissimi casi inerenti al Clostebol. Un precedente fondamentale è stato per esempio quello del nuotatore brasiliano Gabriel da Silva Santos, che vide la sua pena cancellata completamente.
Anche lui fu trovato positivo alla sostanza in questione giustificando il tutto, con l'aver dormito in un letto della casa di suo fratello, con quest'ultimo che aveva utilizzato in precedenza il Clostebol. Santos, spiegò di non aver visto il prodotto in circolazione con lo stesso chiuso in un cassetto. Dunque il principio che potrebbe essere alla base dell'assoluzione è che "si può avere confidenza totale nei propri familiari o nel proprio staff più ristretto, ritenendosi al sicuro dai rischi".