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Ivanisevic racconta il terrore con Djokovic: “Si girò, mi chiesi chi di noi avrebbe ucciso per primo”

Goran Ivanisevic racconta i reali motivi del divorzio sportivo da Novak Djokovic e ricorda uno dei momenti in cui il campione serbo brutalizzava il suo team in tribuna: “Ma io ero pronto a morire per lui”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Uno dei sodalizi più vincenti della storia del tennis è finito qualche giorno fa: Novak Djokovic e il suo allenatore Goran Ivanisevic hanno deciso di separarsi, dopo anni di tornei del Grande Slam vinti e di ranking ATP visto dall'alto in basso. L'annuncio è stato dato lo scorso 27 marzo dal campione serbo con un post social in cui spiegava semplicemente che lui e Goran avevano "deciso di smettere di lavorare insieme qualche giorno fa", nulla toccando di una amicizia "solida come una roccia". Oggi ci pensa Ivanisevic a raccontare nei dettagli come sono andate davvero le cose nel divorzio sportivo tra i due, spiegando anche come sia dura stare al fianco di una personalità così forte come Djokovic. Un episodio vale per tutti: "Novak si girò verso di noi e mi chiesi chi avrebbe ucciso per primo: me, Mare o Charlie". No, quel giorno Djokovic non avrebbe ucciso nessuno, ma vinto e poi vinto ancora e ancora…

Novak Djokovic in allenamento con Goran Ivanisevic: un rapporto durato cinque anni
Novak Djokovic in allenamento con Goran Ivanisevic: un rapporto durato cinque anni

"È ​​stato emozionante, un grande onore, una grande responsabilità, ne sono molto orgoglioso – premette il 52enne croato a ‘Sport Klub' – Lui è un'istituzione, Djokovic è il più grande tennista di tutti i tempi, anzi uno dei più grandi atleti di tutti i tempi. Sarò eternamente grato a Novak, mi ha offerto un'opportunità e io ho sfruttato al meglio quell'opportunità. I risultati parlano chiaro, nessuno potrà mai portarli via o cancellarli, sono scritti nero su bianco. Insomma, cinque anni meravigliosi".

Quanto ai motivi del divorzio, nessun litigio o evento scatenante, ma una convinzione maturata già da qualche mese che il rapporto stava arrivando naturalmente alla sua conclusione: "Non è successo adesso in America, voglio dire, non è mai realmente ‘accaduto'. Ho notato per la prima volta questa sensazione l'anno scorso quando abbiamo vinto lo US Open. È stata una corsa incredibile, tuttavia è stato allora che ho cominciato davvero a sentire che la fine era vicina. Era solo una questione se sarebbe avvenuta alla fine dell'anno o ad un certo punto di quest'anno".

Si è dunque arrivati agli ultimi giorni e al colloquio franco tra i due: "Proprio ora in America, quando ho parlato con Novak, lui ha detto qualcosa di buono: non c'è un momento giusto o sbagliato, c'è solo quel momento in cui accade, quando due persone concordano che è arrivato il momento. Forse col senno di poi si potrebbe dire che sarebbe dovuto succedere alla fine dell'anno scorso, ma dopo lo US Open ho subìto quell'operazione al ginocchio, non ci sono stato per sei o sette settimane. Quindi sì, siamo arrivati ​​ad un certo livello di saturazione, sono stati cinque anni difficili e intensi. Così come una macchina ha bisogno di una regolare manutenzione e messa a punto, in fondo io mi sono stancato di lui e lui si è stancato di me. In ogni caso non mi sentivo più di poterlo aiutare. Anche così, sommando tutto, abbiamo ottenuto grandi cose per noi stessi e per il tennis".

Djokovic assieme a Ivanisevic: assieme hanno vinto 12 titoli del Grande Slam
Djokovic assieme a Ivanisevic: assieme hanno vinto 12 titoli del Grande Slam

Tanto si è detto (e visto in TV) degli urlacci mandati in partita da Djokovic al suo team seduto nel box in tribuna, niente davvero di serio che non finisse lì, spiega Ivanisevic: "Capisco che le persone abbiano bisogno di scrivere qualcosa, dicevano che la nostra relazione e la nostra comunicazione fossero particolarmente turbolente, il che semplicemente non è vero. Novak è proprio così, è stato lo stesso con Becker e con Vajda, è semplicemente così che funziona. Nella sua comunicazione in campo durante una partita tutto era permesso. La cosa non mi disturbava, le sue urla, metà delle quali non riuscivo nemmeno a sentirle, quelli sono campi grandi, c'è molto rumore…".

L'ex tennista di Spalato racconta un episodio per tutti, per far capire come il livello di tensione fosse altissimo quando Djokovic giocava: "L'anno scorso ad Adelaide Novak giocò la finale contro Korda, il sole picchiava, non vedevamo bene, c'era caos in campo. Korda gioca in modo incredibile, Djokovic perde il primo set, nel secondo è testa a testa, Korda è chiaramente migliore in quel momento, ci sono ombre sul campo, siamo tutti vicini, lui è a meno di un metro di distanza da noi. Adesso chiede cosa c'è che non va nel suo gioco, rispondo io, poi Charly Gomez (il suo sparring di allenamenti, ndr), poi dopo un attimo Novak grida al fratello che è anche lui lì: ‘Mare, dimmi, cosa non funziona?', e Mare fa una pausa e lo guarda per circa tre secondi prima di dirgli ‘Trova la pace interiore dentro di te'. Novak si gira verso di noi e mi chiedo chi ucciderà per primo: me, Mare o Charlie".

Ivanisevic con Charlie Gomez nel box del team di Djokovic: i bersagli degli sfoghi del campione serbo
Ivanisevic con Charlie Gomez nel box del team di Djokovic: i bersagli degli sfoghi del campione serbo

Niente di tutto questo, come mille volte con Djokovic, che ribalta il match e poi sorprende il suo team con parole di gratitudine: "Passano cinque minuti e lui trova la palla, l'andamento della partita cambia e finisce per vincere. Dopo ne abbiamo riso tutti, ma lui ha detto che questo lo ha davvero aiutato. Quello che sto cercando di dire è che non importa cosa viene detto in quel momento, quelle sono grandi partite e grandi momenti, capisco quel caos ed è per questo che non mi è mai importato. Devi liberare quell'energia in qualche modo e questo per me è normale. Una volta ero un giocatore, so com'è, ecco cosa ha funzionato per lui…".

Quel che resta alla fine del giorno è nelle parole bellissime di Ivanisevic, che restituiscono il senso di una battaglia lunga cinque anni combattuta fianco a fianco, contro tutto e tutti, nella buona (soprattutto) e cattiva sorte: "Novak, quando tutte le telecamere sono spente e quando è più se stesso, è una brava persona, ha un grande cuore. Ero sempre pronto anche a morire per lui se fosse stato necessario, combatteva contro il mondo intero".

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