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Il silenzio imbarazzato degli sponsor di Djokovic: rischia una voragine da 26 milioni di euro

L’immagine di Djokovic no vax agita gli sponsor. Quale sarà il valore di mercato qualora, per le stesse ragioni degli Australian Open, dovesse saltare anche Roland Garros, Wimbledon o gli Us Open? Dai marchi di abbigliamento sportivo fino alle partnership commerciali con brand della Finanza: cosa rischia il campione.
A cura di Maurizio De Santis
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Dopo la battaglia legale con il Governo australiano adesso è la questione sponsor ad agitare Novak Djokovic
Dopo la battaglia legale con il Governo australiano adesso è la questione sponsor ad agitare Novak Djokovic

Salvare i contratti pubblicitari, assicurarsi che dal punto di vista legale questa volta la sua posizione sia inattaccabile né vi siano falle nelle documentazioni ufficiali. Messo in sordina il rumore dei nemici e il folklore degli amici in Serbia, sul tavolo di Novak Djokovic adesso la priorità è una sola: evitare che la crepa aperta nella fiducia degli sponsor si tramuti in dissesto finanziario. Secondo la classifica stilata dalla rivista specializzata Forbes, Nole è il 46° sportivo più ricco al mondo con introiti che sfiorano i 30 milioni di dollari (circa 26 milioni in euro) nel 2021 e il futuro rischia di non essere più così florido.

Non c'è ancora questo pericolo ma avvisaglie di quel che potrebbe accadere e delle motivazioni a fondamento delle obiezioni sollevate arrivano dalla Francia: è Lacoste – il brand di abbigliamento celebre per il marchio del coccodrillo – a rompere per prima il silenzio diplomatico dei partner commerciali che hanno legato il loro business alla figura del campione di tennis. La Casa transalpina versa nelle tasche della stella balcanica 9 milioni di dollari all'anno (7.9 milioni in euro) e vedersi improvvisamente associata di riflesso alle posizioni no vax del campione è un'alea che non è disposta a sopportare.

Non c'è (ancora) uno strappo ufficiale ma, almeno dalla nota stampa, lascia intendere che un campanello d'allarme è scattato dopo la decisione del governo australiano. "Appena possibile – si legge – parleremo con lui per fare il punto sugli ultimi eventi". Tradotto in parole povere: così come ti paghiamo profumatamente, allo stesso modo possiamo chiudere i rubinetti qualora, clausole contrattuali e leggi alla mano, la tua figura rechi nocumento all'immagine della nostra azienda.

Scricchiolii preoccupanti, nulla ancora che possa seppellire sotto le macerie il volto dell'uomo e dello sportivo che esce sporcato e acciaccato dal braccio di ferro con il Governo australiano e, più ancora, a causa delle zone d'ombra della sua vicenda su come ha gestito le proprie condizioni di salute e sul rispetto delle prescrizioni per l'emergenza pandemica da Covid.

L'escalation è iniziata nel giorno in cui Djokovic è arrivato in aeroporto a Melbourne: non aveva con sé un certificato di vaccinazione perché non si era mai sottoposto alla somministrazione delle dosi previste dalla profilassi; non è mai riuscito a esibire una documentazione sanitaria legittima, chiara e credibile (alla luce delle palesi incongruenze su date e numeri di protocollo) ma credeva che bastasse un'esenzione medica speciale per partecipare agli Australian Open; quando non ha avuto più alcuna giustificazione a cui appigliarsi ha scaricato la responsabilità degli errori sul suo staff; infine, ha sostenuto di avere il diritto di non vaccinarsi da uomo libero, per etica personale quando è finito spalle al muro per la reticenza delle Istituzioni ad accettarlo in patria.

Novak Djokovic espulso dall'Australia, il campione serbo non ha partecipato al torneo dello Slam e rischia di saltare per le sue posizioni no vax anche altri appuntamenti importanti nel tabellone internazionale
Novak Djokovic espulso dall'Australia, il campione serbo non ha partecipato al torneo dello Slam e rischia di saltare per le sue posizioni no vax anche altri appuntamenti importanti nel tabellone internazionale

Nemmeno la strategia della pressione mediatica ipotizzata dal collegio difensivo è servita per fare breccia, nonostante l'accoglimento dei ricorsi e quel pasticciaccio brutto di vizi procedurali tra il rapporto dei funzionari di frontiera e il diritto legale del campione di avere il tempo per fornire una spiegazione adeguata. Era impossibile per l'Australia cedere il passo a Djokovic, a ciò che avrebbe rappresentato (una sorta di spot anti campagna vaccinale), al messaggio che sarebbe rimbalzato da un capo all'altro del mondo: sei ricco, forte, famoso e puoi permetterti tutto… anche di infrangere la legge e farla franca.

Ecco perché la linea degli avvocati, condivisa dal giocatore, ha alimentato il caso politico e il chiacchiericcio, ha spaccato le opinioni nei suoi confronti, s'è trasformata in boomerang micidiale per l'immagine del campione a livello internazionale, divenuto di colpo – suo malgrado – la faccia più nota di un movimento che ha molte anime, dagli scettici fino ai teorici del complotto. Tutti uniti sotto la bandiera no vax. Ma Nole voleva solo giocare. Farlo a modo suo, fregandosene degli stessi no vax. E adesso deve stoppare sul nascere la reazione a catena che può travolgere i suoi affari.

Le esternazioni di Lacoste – come riportato da sports.orange.fr – sono solo la punta dell'iceberg, il silenzio imbarazzato di altri sponsor vale più di altre parole alla luce di una domanda inquietante: quale sarà il valore di mercato di Djokovic qualora, per le stesse ragioni degli Australian Open, dovesse saltare anche altri appuntamenti importanti nel tabellone internazionale come il Roland Garros, Wimbledon o gli Us Open? Peugeot, Head o Asics, Hublot, la banca austriaca Raiffeisen non si sono pronunciati, si sono trincerate dietro un diplomatico "seguiamo l'evoluzione della situazione" oppure "non possiamo commentare decisioni personali" o ancora "ci limitiamo a continuare il nostro rapporto".

A contratti a in corso è difficile che si verifichi qualcosa di estremo al punto da interrompere la collaborazione in maniera così drastica e quasi tutti hanno ricordato che le partnership risalgono a "molto prima della segnalazione dello stato vaccinale di Novak Djokovic o della sua partecipazione agli Australian Open". Non conviene a nessuna delle parti in causa rompere il giocattolo, a cominciare dal campione che in carriera ha monetizzato vittorie e notorietà accumulando in tesoro di quasi 200 milioni di euro.

Dai marchi di abbigliamento sportivo fino alle partnership commerciali con brand della Finanza: cosa rischia Djokovic per le sue posizioni no vax
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Un esempio di ciò che potrebbe avvenire, qualora il connubio con la figura di Djokovic divenisse insostenibile e costituisse una violazione dei termini contrattuali, lo ha fatto Lewis Jon Wertheim pubblicando un tweet riportato da news.com.au. Il giornalista e autore di Sports Illustrated ha fatto riferimento a un esempio di clausola risolutiva che potrebbe spezzare l'accordo di sponsorizzazione di un atleta. "Se in qualsiasi momento, secondo l'opinione dello sponsor, l'atleta diventa oggetto di discredito, disprezzo o scandalo che colpisce l'immagine o la buona volontà dell'atleta, la società può, previa comunicazione scritta all'atleta, sospendere o risolvere immediatamente il presente accordo e i servizi dell'atleta ai sensi del presente documento, oltre a qualsiasi altro diritto e rimedio che lo sponsor potrebbe avere ai sensi del presente documento o per legge o in equità".

Facile, facile capire qual è il messaggio tra le righe: in una situazione del genere non potrebbero continuare a finanziare il numero uno del mondo nel tennis, icona no vax sgradita in altri Paesi che rischia di finire improvvisamente ai margini dello sport internazionale. Un danno incalcolabile per tutti. Soprattutto per Nole, sceso in guerra contro il mondo intero con due pistole caricate a salve.

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