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Il racconto di chi ha incrociato Sinner giovanissimo in allenamento: “Mai visto nulla del genere”

Jannik Sinner sta vivendo un momento incredibile nel tennis mondiale. A Fanpage.it Soccorso Maffei, ex coach del Piatti Tennis Center, ha analizzato il suo exploit e ha raccontato qualche aneddoto sul suo percorso di crescita.
A cura di Vito Lamorte
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Jannik Sinner ha sorpreso il mondo intero e non ha nessuna intenzione di fermarsi. È il primo italiano al 3° posto nel ranking ATP dopo la vittoria dell'Open di Rotterdam sull'australiano Alex De Minaur dopo un 2023 da urlo. Insomma, la storia con la ‘S' maiuscola.

Da Rotterdam a Rotterdam: 365 giorni, un anno. L'anno in cui Jannik Sinner ha ottenuto il maggior numero di successi in carriera e tra questi spiccano quelli delle quattro finali individuali su un totale di sei disputate: inoltre Sinner è il terzo italiano a vincere uno Slam in campo maschile, il secondo in era Open dopo Adriano Panatta.

In questo momento è l'atleta italiano più seguito e per analizzare la crescita dell'ultimo anno ci siamo affidati a Soccorso Maffei, ex coach del Piatti Tennis Center e attualmente al Green Park Posillipo a Napoli. È un amico di Jannik, lo ha visto crescere e ha partecipato a diversi momenti dell'anno straordinario del tennista altoatesino. A Fanpage.it le sue parole prima di prender il volo di ritorno da Rotterdam, dove ha visto vincere Sinner.

Rotterdam dopo l’Australian Open: che anno è stato quello di Jannik Sinner, dal torneo olandese del 2023 alla vittoria di quest’anno?
"Un anno rivoluzionario per lui e la storia del tennis italiano. In un anno ha infranto tutti i record di precocità ed è successo tutto quello che poteva succedere tranne una cosa, ovvero che diventasse numero uno del mondo. Ma sarebbe stato ancora più incredibile. Nel tennis ci sono degli obiettivi molto semplici: il primo è di entrare nei primi 10 al mondo, il secondo è vincere un torneo importante, il terzo è vincere uno slam, il quarto è vincere per la propria nazione e il quinto è diventare numero uno al mondo. Ne manca solo uno. Posso dirti, senza falsa modestia, che per me questo exploit di Sinner era abbastanza pronosticabile".

In che senso?
"Io ho parlato tempo fa con l’allenatore di Larissa Iapichino e mi ha detto: ‘Quando noi abbiamo questo tipo di atleti, che hanno qualcosa di unico, siamo come dei capistazione che devono evitare che loro escano dai binari. Il nostro lavoro è evitare che prendano direzioni sbagliate ma la percorrenza la decidono loro'. Io non avevo dubbi dal 2018 e chi mi conosce lo sa molto bene".

Quali sono le qualità che spiccano nel tennis di Sinner in questo momento?
"La velocità di azione, di pensiero e di palla. Queste sono le tre qualità che stanno facendo la differenza adesso. Gioca ad una velocità più alta rispetto agli altri".

È stato a Malaga per la finale di Coppa Davis: cos’ha rimesso in valigia dopo il trionfo?
"Mi sono portato a casa un abbraccio dopo la finale che aveva un sapore bellissimo dopo un periodo molto particolare. L’ho aiutato a tirare fuori la coppa dal van della squadra e l’ho abbracciato. È stato davvero un bel momento. Poi la coppa è qualcosa di magico perché il tennis è uno sport di singoli e parlare di team non è mai scontato: ci sono tanti esempi di giocatori che si sono trasformati in negativo quando dovevano lavorare in gruppo e per questo eravamo tutti curiosi di vedere cosa avrebbe fatto lui. È stato sbalorditivo vedere come ha reagito".

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Quanto, e se, hanno toccato Sinner le critiche dopo la prima parte della Davis?
"In quel periodo lo sentivo spesso e abbiamo parlato di questo aspetto. Io lavoravo per la federazione quella settimana a Bologna e la situazione era delicatissima. Lui aveva ben chiaro il suo obiettivo, ovvero il bottino grosso: ci teneva tanto ma per potersi presentare al massimo a Malaga quella settimana aveva bisogno di un blocco di lavoro che lo avrebbe portato a fare un finale di stagione ad alto livello. Lui era veramente dispiaciuto perché era convinto che i suoi compagni avrebbero potuto fare a meno di lui contro due squadre battibili. Aveva solo Malaga come obiettivo".

E tutte quelle polemiche sul Trentino, la lingua…
"Non lo toccano molto e lui parla con i fatti. Anche le ultime dichiarazioni (‘Sono contento del momento che sta vivendo il tennis italiano’, ndr) lo dimostrano. Finché le cose vanno bene restano nel cassetto poi quando uno fa un passo falso le tirano fuori. Diciamo che è molto italiana questo tipo di polemica".

Facciamo un passo indietro e torniamo a quando ha conosciuto Sinner: com’era Jannik quando lo ha visto la prima volta?
"Racconto un episodio che è accaduto nel 2018 a Biella, al torneo Challenger. Io andai lì da coach di Paolo Lorenzi e un pomeriggio incontriamo Jannik che stava con Andrea Volpini, coach del Piatti Tennis Center e conterraneo di Paolo. I due si sono allenati insieme e a fine allenamento Lorenzi mi dice ‘Io non ho mai visto una cosa del genere’: a me non aveva fatto lo stesso effetto da fuori ma lui sentiva la resilienza di Sinner in ogni colpo e la sua palla pesante sulla terra rossa. Sono stati in un’ora e mezza e Jannik, stiamo parlando di qualche anno fa, sembrava non subisse minimamente la palla di Lorenzi che era molto forte su quel tipo di terreno. Questo è stato il nostro primo incontro".

Che momento sta vivendo il movimento tennistico italiano?
"Ci sono tante storie belle che stanno avendo un’evoluzione veloce contemporaneamente. Abbiamo diversi piatti di gusti differenti: il ‘lavoratore’ Arnaldi, la ‘classe’ di Musetti, il ‘big server’ Berrettini, ‘l’oriundo’ Darderi, il ‘romano’ Cobolli. C’è un piatto per ogni palato ed è davvero sbalordito per il movimento intero e per tutti gi appassionati. Se a me avessero nel 2000 che avremmo avuto così tanti giocatori forti e competitivi io non gli avrei creduto. È una specie di momento magico".

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