Il primo allenatore di Sinner: “A 12 anni viene e mi dice che ha preso una decisione, ero scioccato”
Heribert Mayr ha passato una vita ad allenare al Tennis Club di Brunico, nel cuore della Val Pusteria, dove lo sci e gli sport invernali vanno per la maggiore rispetto al tennis. È lì che poco più di 10 anni fa un ragazzino dalla folta chioma rossa, già noto a livello giovanile nello sci, lo spiazzò con una scelta inaspettata: mollare la neve per tentare una carriera nel tennis. Jannik Sinner, oggi numero 1 del tennis, ha avuto ragione e parte del merito è anche del maestro Mayr, uno dei primi ad intuirne qualità e soprattutto potenziale. È stato lui ad accompagnarlo nei primi anni a livello agonistico e oggi si emoziona vedendolo tornare nella sua Sesto, con in bacheca – tra i vari successi – una Coppa Davis e un Australian Open. “È andata bene”, dice Mayr a Fanpage.it ripensando a quella fatidica scelta tra sci e tennis.
Heribert Mayr, questo è il suo regno.
“Ci troviamo a Riscone, al circolo di Brunico, e faccio il maestro di tennis”.
Lei ha avuto un allievo molto speciale.
“Direi di sì. Si chiama Jannik Sinner”.
Per il ritorno di Jannik Sinner a casa c'è anche lei.
“Sono stato invitato, un'emozione. L’ultima volta l’ho visto a Parigi, al Roland Garros di due anni fa. Poi sono cambiate tante cose”.
Ha pensato alla prima cosa da dirgli?
“Le congratulazioni per la vittoria dell’Australian Open e per essere diventato il numero 1 al mondo. Poi si vedrà”.
Ricorda il vostro primo incontro?
“L’ho incontrato che aveva 7-8 anni e si è subito visto che aveva qualcosa in più degli altri. L’ho allenato fino ai 13 anni, fin quando non è andato via da qua”.
Qual è stato il momento di svolta della vita di Jannik?
“Lui era il campione italiano di sci. Eravamo in primavera, viene da me e mi dice: ‘Maestro, ho preso una decisione’. Ci resto male, mi chiedo che decisione abbia preso. E lui: ‘Smetto con lo sci’. Sono rimasto scioccato all’inizio, la sua vita era tutta basata sullo sci. Ed è andata bene”.
Gli ha fatto capire che era bravo?
“Certo. Ha vinto tutti i tornei, oppure arrivava secondo quando gareggiava con quelli più vecchi. Arrivava sempre in semifinale, o in finale. Ai campionati italiani Under 12, anche lì, allenandosi due volte a settimana è arrivato in semifinale. Stessa cosa ai campionati Under 13 di Avezzano: anche lì semifinale”.
Su quali aspetti di Jannik ha lavorato all'inizio?
“Il timing sulla palla, l’occhio. È la cosa che fa tutto quanto. Ho cercato di fare qualche correzione e lui l’ha subito messa in pratica, non serviva spiegargli chissà cosa. Si è messo lì a provare e gli è riuscito”.
Aveva già delle qualità che spiccavano?
“La cosa che aveva già da piccolo era la capacità di leggere il gioco dell’avversario. Aveva la visione del gioco e del campo. Non dovevi spiegargli cosa fare, gli veniva naturale”.
Gli ultimi mesi sono stati incredibili. La Coppa Davis, l'Australian Open, il numero 1 nel ranking ATP.
“Io sono orgoglioso, il primo maestro sicuramente conta tantissimo. Dopo l’Australian Open ero talmente emozionato che mi sono venute le lacrime. È un ragazzo di qua, proprio di Sesto. Un montanaro (ride, ndr)”.
Che tipo era Jannik da piccolo?
“Da ragazzo non stava mai fermo, doveva sempre far qualcosa. Arrampicata, giocava calcio o a tennis, oppure andava a sciare. Mai fermo”.
Ha cominciato ad andare via da casa molto presto. Come l'ha vissuta?
“Portandolo in giro mi sono accorto che aveva un po’ di nostalgia. Quando era fuori un paio di giorni andava bene, quando si stava fuori un po’ di più, tre-quattro giorni, si vedeva che stava male. Non parlava tanto, era un po’ triste. Ai campionati Under 12 venne giù la mamma e si tranquillizzò”.
Quale consiglio darebbe oggi a Sinner il suo primo maestro?
“Rimanere così com’è, umile, con i piedi per terra. E continuare a cercare di raggiungere i suoi traguardi”.