Il coraggio di Tathiana Garbin, rilancia la sfida al tumore: “Nel 2024 voglio riprendermi la vita”
La capitana della Nazionale di tennis femminile italiana, Tathiana Garbin ha raccontato il suo percorso personale con la malattia: un tumore rarissimo, lo pseudomixoma peritonei, un cancro che nasce dall’appendice e che colpisce una persona su un milione. Che l'ha costretta a due operazioni, con l'asportazione del peritoneo e le complicanze con cui ancora adesso sta lottando. Fino all'ultimo ricovero, senza mai perdersi d'animo e diventando un esempio di forza e resilienza: "Nel 2024 voglio riprendere la mia vita. Ho perso 10 chili, tra dolori inenarrabili. Purtroppo è accaduto, ma alla fine riesco sempre a uscirne in piedi".
Il tunnel è iniziato prima di ottobre, quando le è stato diagnosticato uno tra i tumori più rari e perfidi che si possa incontrare lungo il proprio cammino, lo pseudomixoma peritonei e Tathiana Garbin ha subito i primi interventi. Per poi volere condividerne la drammatica esperienza con il mondo interno qualche settimana più tardi, in occasione della finale delle sue ragazze, disputata alle Billie Jean King Cup finals: con la medaglia del secondo posto al collo, la capitana si è presa un momento per raccontare la sua vicenda personale. La Federazione e le sue atlete sapevano, il grande pubblico no.
Da quel momento è incominciato un viaggio catartico che Tathiana Garbin ha saputo condividere e affrontare in un esempio di resilienza che ha abbracciato il suo dramma personale, con un'enorme ondata di affetto e amore capaci di darle forza e coraggio anche nei momenti più duri: "Il regalo più bello di questo Natale? Essere stata dimessa in tempo per poterlo trascorrere tra i miei affetti familiari, mia moglie Ylenia che è rimasta sempre con me anche nei momenti più difficili, quando la sofferenza ti toglie qualsiasi lucidità". Così inizia il suo lungo viaggio a ritroso nel rivivere la propria vita dal momento della diagnosi e delle cure.
"È una vita che mi preparo per una sfida così grande. Ma le sfide non le scegliamo, arrivano: bisogna essere pronti ad affrontarle" racconta in una intervista a cuore aperto al Corriere della Sera. "Sono tornata in campo per il match della vita, voglio essere d’esempio per le mie giocatrici. L’esempio è fondamentale", anche nel momento in cui il destino ti richiama all'amara realtà: poco prima di Natale, un altro ricovero per occlusione intestinale: "Mi sono sentita come l'arbitro ti richiamasse dopo aver vinto una gara durissima e mi sono detta: sei ancora 5-5 al terzo set, è ora di ritornare in campo, o accetto o rischio di perdere la partita. Alla fine ne sono uscita ancora una volta in piedi, sventando la terza operazione".
Perché Tathiana Garbin si è già sottoposta a due delicati interventi chirurgici: "Sono state settimane difficilissime, un percorso pieno di dolore. Un dolore a volte inenarrabile, come quello del sondino inserito da sveglia e la perdita secca di dieci chili di peso. Non hanno paragoni". Ha saputo però sempre reagire a tutto, malgrado tutto, anche grazie alla iniezione di amore e supporto che si è vista crescere ogni giorno attorno a sé: "Parlare della mia malattia è stata una medicina, condividerla, renderla pubblica. Ho visto tanta sofferenza, persone che vivono il dolore con vergogna, altri che non ce l'hanno fatta. Comunicare la malattia significa anche farsi aiutare: tendere la mano è un grande atto di coraggio".
L'affetto non è mancato, soprattutto dal suo ambiente, dalle sue ragazze che mai l'hanno abbandonata, da chi aveva già imparato da Tathiana Garbin il significato della parola reagire. "Prima del secondo intervento sono venute a trovarmi a Pisa con una nostra foto incorniciata: non ho smesso di guardarla un attimo. Siamo cresciute insieme, negli anni sono diventate le mie figlie, la mia famiglia itinerante. L’importante è volersi bene, non perdere mai la speranza. Un gioco fondamentale l'ha avuto anche la positività, che ho sempre insegnato: non potevo tradire me stessa sul più bello". Fino al prossimo obiettivo: "Nella visita del 15 gennaio l’oncologo mi dirà se le cure chemioterapiche sono state sufficienti: sembrerebbe di sì. Nel 2024 voglio riprendermi la vita"