I due pesi le due misure dell’Australian Open: le storie di Vikhlyantseva, Dahiya e Gadecki
Il nome di Nata Vikhlyantseva è poco familiare agli amanti dello sport, persino a quelli del tennis, i quali avranno sentito parlare molto poco di questa tennista russa attualmente al numero 201 della classifica WTA. Nella giornata di ieri, tuttavia, l'atleta nativa di Volgograd è diventata suo malgrado protagonista di un discusso episodio dopo aver confermato di non essere stata autorizzata dalle autorità sanitarie dell'Australia a prendere parte all'Open che il 17 gennaio aprirà la stagione del tennis mondiale. Il tutto perché il vaccino Sputnik, di fabbricazione russa, che le è stato applicato, non è stato riconosciuto dal servizio sanitario dell'isola oceanica, la quale sta prendendo misure importanti per evitare ulteriori disagi durante l'ondata della variante omicron. L'Australia, che ieri ha raggiunto il record di infetti (48 mila nuovi casi), sta vivendo un momento di crisi che si riflette nel collasso del sistema ospedaliero e negli scarsi rifornimenti dei supermercati a causa del contagio di molti camionisti e trasportatori.
Il Djokovic della discordia
Quello che ha fatto scalpore, tuttavia, è che la decisione sia stata presa nello stesso momento in cui le stesse autorità sanitarie locali decidevano di concedere a Novak Djokovic il pass per il torneo nonostante quest'ultimo non abbia mai confermato di essere vaccinato o meno. Una decisione piuttosto ambigua, visto e considerato che il serbo è stato considerato potenzialmente meno contagioso rispetto a una persona che avrebbe potuto dimostrare di essere stata vaccinata, e quindi automaticamente meno propensa al contagio dal virus. Sia le autorità sanitarie del paese sia quelle legate all'organizzazione del torneo, infatti, hanno stabilito l'obbligo vaccinale per gli atleti partecipanti. Inizialmente, a giustificazione di questa misura straordinaria, il comitato organizzatore dell'Australian Open aveva rilasciato il seguente comunicato: "Djokovic ha chiesto un'esenzione medica che è stata concessa a seguito di un rigoroso processo di revisione che ha coinvolto due gruppi separati indipendenti di esperti medici". Questa decisione, tuttavia, è stata poi confutata dallo sviluppo degli eventi, che hanno visto il serbo vedersi rifiutato il visto d'ingresso dopo che il primo ministro australiano Scott Morrison aveva dichiarato: "Le regole sono regole, e valgono per tutti".
Alta tensione
L'idea di rilasciare un foglio di via a Djokovic era parsa subito come una disposizione impari, soprattutto per quanto accaduto nel caso della Vikhlyantseva e del giovane indiano Aman Dahiya, che in quanto diciassettenne non aveva ancora diritto al vaccino nel suo paese. Lo stesso discorso è valso anche per la 19enne australiana Olivia Gadecki, la quale si è sempre detta contraria all'inoculazione del vaccino e si è vista chiudere le porte del torneo dalla stessa federazione tennistica nella quale è tesserata. L'alta tensione sviluppatasi intorno al caso del campione serbo, che punta al suo decimo Australian Open di sempre e con una vittoria supererebbe Rafael Nadal e Roger Federer nella classifica degli Slam vinti, arrivando a quota 21, è dunque figlia di un trattamento impari che potrebbe scatenare un precedente unico al mondo.