Fabio Della Vida è il re dei manager nel tennis: “Al primo incontro ho scoperto Sinner dal rumore”
In pochi conoscono il tennis come Fabio Della Vida. Manager e talent scout tra i più competenti e importanti del palcoscenico internazionale, lavora attualmente come Global Head of Recruitment and Development per la StarWing, ovvero l'agenzia che cura gli interessi di Jannik Sinner. Una vera e propria istituzione della racchetta che, durante la sua lunghissima carriera, ha potuto collaborare con i più forti giocatori di sempre.
Ai microfoni di Fanpage, Della Vida ci ha raccontato di Jannik Sinner, del loro primo incontro e di quanto l'azzurro numero 2 al mondo – in lizza per diventare il numero 1 – sia speciale. Un'opportunità anche per parlare degli altri big del presente e del passato, con aneddoti curiosi su Federer, Nadal e Djokovic. Interessante anche la visione del manager sullo stato attuale delle cose nel tennis giovanile italiano dove ci sarebbe a suo dire qualcosa da rivedere.
Fabio, sei uno dei più grandi manager e talent scout in circolazione. Com'è nata questa passione?
"La mia passione è nata in modo del tutto naturale perché mio papà è stato un buon giocatore di tennis. Prima della guerra è stato il numero due d’Italia, ma soprattutto un grande promoter di tennis e direttore degli Internazionali d’Italia per tanti anni. Ha portato lui il torneo di Milano, così mi sono ritrovato a 10 anni ad avere Rod Laver a casa mia che mangiava con noi. Era una passione che doveva nascere per forza. Pietrangeli mi chiama ancora Fratino, che era il mio soprannome da piccolo. Poi è successo che mi ha chiamato una grossa società di management, la IMG, chiedendomi di lavorare con loro e da lì è cominciato tutto".
Una vita dedicata al tennis e a questo lavoro. Come si diventa quello che sei oggi?
"Non servono segreti. È una cosa innata, la gente si è fidata di me e credo di essere stato sempre onesto con i giocatori, mantenendo ottimi rapporti con tutti. Devi capire il tennis, che però comprendono in pochi. Devo molto all’agenzia IMG perché ho avuto la fortuna di lavorare subito con i numeri uno al mondo. Il primo cliente è stato Ivanisevic, poi Wilander, Sampras, Courier".
Per entrare in sintonia con un giocatore e con un campione, cosa è necessario sapere?
"Wilander mi ha spiegato una cosa importantissima: che il giocatore lo vedi fuori dal campo oltre che in campo. È verissimo, bisogna osservare come si allena, come gestisce la giornata, che tipo di famiglia ha. Tutti poi sanno fare dritto e rovescio, ma quelli che riescono ad emergere hanno doti interiori e morali importanti che fanno l’80% del giocatore. E devi essere bravo a indovinarle".
Qual è il giocatore al quale ti sei legato di più nella tua lunghissima carriera?
"Ce ne sono stati tanti, però sicuramente Goran Ivanisevic. Lui e la sua famiglia sono persone fantastiche, anche oggi. È davvero un amico. Anche McEnroe è una persona adorabile. Mi ha colpito Wilander e recentemente Sinner, anche se lo conosco relativamente poco. Ho contribuito affinché venisse nella società per cui lavoro adesso. Poi il cileno Massu, Nalbandian, Perez e Camporese che è un fratello".
A proposito di Sinner, pensi anche tu che per la corsa al primo posto possa essere decisiva la primavera e la terra rossa dove ha faticato un po' l'anno scorso?
"Effettivamente l’anno scorso è stato così, ora vedremo. Tutti hanno la loro crisetta, anche Alcaraz per esempio. Ma è passata perché lui è un altro fenomeno".
Il tennis sa essere spietato anche con i migliori al mondo.
"Un amico oggi mi ha detto che Medvedev è un perdente perché ha perso 5 finali su 6. Ma lui intanto ci arriva in finale. Se arrivi secondo o terzo alle Olimpiadi, sei un eroe in Italia. Se perdi una finale di una coppa di calcio o di tennis, allora sei una pippa. Spiegatemi che differenza c’è, arrivi sempre secondo. Se vinci sei un fenomeno, in caso contrario un perdente".
In Italia c'è sempre questa tendenza alla critica facile, non è vero?
"Noi italiani siamo fatti in una certa maniera e sono contento perché siamo un popolo generoso e meraviglioso, ma tendiamo a rendere tutto facile. Faccio un esempio: se tu vai in vacanza e trovi il numero 700 del mondo, lo vedi giocare e ti sembra uno che viene da Marte perché è più forte di te e non solo… Poi va a fare le qualificazioni a Roma e prende 6-1 6-1. E qualcuno dice ‘guarda che pippa questo', ma non è così perché essere il 700 in un mondo in cui ci sono 4 miliardi e mezzo di uomini vuol dire che solo 699 sono migliori di te. Magari non sei in grado di partecipare allo Slam, ma ciò non toglie che giochi bene a tennis. La gente non pensa a questo quando critica".
L'ho definita una deriva calcistica, sei d'accordo?
"Io sono tifoso della Roma. Mourinho prima era considerato un Dio mentre ora, con la Roma che senza di lui ha vinto diverse partite giocando benino, si dice che Mourinho è bollito. Parliamo di uno che ha vinto 26 titoli".
Torniamo su Sinner. C'è qualcosa che di lui non è stato ancora detto e che conferma la sua unicità?
"A me sembra che sia lui stesso ad essere unico, è questo il suo segreto. Sai per esempio qual è il problema di Djokovic? È che si paragona a Federer e Nadal ma non sarà mai come loro, perché lui è un po’ falso quando dice determinate cose. Mentre Federer e Nadal sono loro stessi nel bene e nel male, con pregi e difetti. Anche Sinner è così. Certo, hai voglia prima che diventi come loro. Speriamo possa riuscire ad essere anche solo la metà, perché sarebbe già un fenomeno. L’importante è essere se stessi e Sinner lo è, anche grazie alla famiglia. È stato educato bene, ha personalità e prende decisioni difficili. Credo che quando ha deciso di non partecipare alle Olimpiadi aveva tutte le ragioni per non andarci. Ti chiama il presidente del Coni e ti dice di andare alle Olimpiadi, tu hai 18 anni e gli rispondi di no: vuol dire che hai personalità".
Tu sei un totem del tennis italiano e hai visto e conosciuto fior di campioni. Cosa ti ha colpito di Jannik la prima volta che l'hai visto?
"Sinner non l’ho visto la prima volta: l’ho sentito. Non ricordo se ero all’Ambrosiano o al Tennis Milano, ma stavo vedendo una partita e sentivo dietro come se ci fossero i lavori per una costruzione. Delle botte pazzesche. Volevo vedere chi era, ed ecco che mi appare questo ragazzino coi capelli rossi di 13-14 anni. Tirava delle sveglie incredibili già allora, ma non aveva il fisico per supportare tutta la potenza che aveva. Per questo ha perso parecchie partite da Juniores".
Lui com'era?
"Gli parlai, lui fu gentilissimo e mi diede il numero del padre. Mi disse che si allenava con Riccardo Piatti, che conosco da anni, per cui lo chiamai. Mi chiese di aspettare perché era troppo presto, e aveva ragione. Lui era uguale a come è adesso, solamente con 6-7 anni di meno. Il sorriso era lo stesso, ma mi colpì un'altra cosa. Quando vai da un ragazzino di 14-15 anni, delle volte sono timidi. Lui ti fissava negli occhi e questa è una cosa importante".
Sinner ha impressionato non solo per le sue doti tennistiche ma anche per quelle umane, sembra un alieno.
"Ha le caratteristiche del campione. È diverso dagli altri per tutto quello che abbiamo detto prima. Nel mondo di oggi essere normali fa la differenza in tutti i campi. Tutti se la tirano, tutti millantano e pensano di essere chissà chi. Invece chi rimane calmo, tranquillo, spesso ottiene molto successo nella vita e nello sport. Se guardi i grandi campioni, compreso Djokovic che ha una forza morale eccezionale e al quale voglio bene conoscendolo da quando era juniores, il segreto è puntare in alto. Il traguardo di essere campioni è dare il meglio di se stessi. Per me un campione è un giocatore che dà il 100% anche se arriva al 100° posto".
Allora in Italia al momento possiamo contare su diversi campioni?
"Prendi Arnaldi e Sonego per dirne due, cosa si può dire loro? Danno tutto. Faccio un esempio su Renzo Furlan, che è stato il numero 18 del mondo: lui ha dato il massimo nel senso che non sarebbe mai potuto diventare il 17. Ha dato un esempio incredibile pur non essendo il più talentuoso. Quando si parla di talento si pensa ad una buona mano, ma il talento è fatto di tante cose come la grinta, la voglia di vincere, la dedizione, la serietà. Caratteristiche innate, non solo dritto e rovescio. Sinner è uno che appartiene a questo gruppo, poi quello che farà lo sa solo Dio".
Diventerà numero uno?
"Ha la possibilità di farlo. Tra quelli emergenti è quello con più margine di miglioramento. C'è forse Rune, ma non lo vedo ordinato come Jannik, ha sempre casino intorno a lui. Un altro che viene sottovalutato, considerato addirittura un perdente, è Zverev. Gioca a tennis benissimo, ha avuto un infortunio e sembrava potesse anche lasciare lo sport. Invece di tirarsi giù il cappello di fronte a uno che ritorna così, gli dicono che non ha vinto niente. La bravura dei nostri commentatori".
Sinner, Alcaraz e Rune possono egemonizzare il tennis del futuro?
"Ad Alcaraz sarà dura togliere in futuro il numero uno del ranking. A me piace tantissimo Rublev, che gioca molto bene, e Shelton. È uno che può dare fastidio a Jannik. Mi piace molto anche Fritz, è un po’ lento ma tira delle botte pazzesche. Ci sono 10-15 ragazzi che possono venire fuori e non mi dimenticherei di Berrettini e Musetti".
Ecco, a proposito di Musetti, sembra vivere un momento difficile soprattutto a livello di tenuta mentale.
"Vorrei ricordare a tutti le cazzate fatte a 22 anni. Musetti ha passato un periodo di crescita, con momenti particolari che si assesteranno. Diventerà il giocatore che può diventare, ovvero un buon giocatore. Ho sempre pensato che non sia più forte di Jannik. Però ad esempio so che lui ha un’opinione altissima di Musetti e quando te lo dice un altro giocatore vuol dire che sei veramente forte. Aspettiamo che si assesti. L’arrivo di Barazzutti comunque è importante perché lui ti mette calma. Tartarini poi è molto bravo, ha preso un ragazzino dalla scuola tennis e lo ha portato al 20 del mondo. Che gli vuoi dire?".
E Berrettini? Tornerà ai suoi livelli dopo i tanti infortuni?
"È già passato sott’ordine che ha fatto la finale a Wimbledon e nessuno c’era riuscito in Italia. Ci scordiamo troppo presto queste cose. Lui prima di Sinner era la speranza dell’Italia, con risultati fantastici. Ha avuto degli infortuni, ma c’è gente che pensa che uno rientri e dimentichi tutto, ma in realtà poi sei sempre lì che ci pensi e magari hai anche paura. Troppi giornalisti e addetti ai lavori non considerano queste cose che possono frenarti al rientro".
È un momento magico per il tennis italiano.
"Ci sono anche Sonego, Nardi. Luca è un altro che non riesco a capire: magari non è forte dentro come altri, ma a tennis gioca divinamente. Non è solo quello il talento. Lui per esempio gioca meglio di Sinner come colpi, però ora non c’è partita con Jannik. È un complimento per Nardi, che però non ha le doti complessive di Sinner al momento. Noi italiani maturiamo tardi".
C'è qualcosa invece che ti preoccupa?
"Sono ottimista sul tennis di adesso, un po’ meno sugli juniores. Non vedo molti italiani, eccezion fatta per Cinà e Darderi che però è più argentino che italiano, con tutto il rispetto per la federazione italiana che lo sta aiutando tantissimo. Anche Marigliano gioca bene, però dai 14 anni in giù non vedo molto. Non ci sono questi ricambi, anche perché c’è questa fretta bestiale di vincere. Un po’ li capisco perché le agenzie prendono i migliori 12enni o 14enni e danno loro dei soldi, con l'obiettivo di far fare loro una carriera importante in modo tale a 18 anni di capire se continuare o meno. Gioco forza molti maestri vogliono vincere già a questa età, anche per colpa di alcuni genitori che credono alle classifiche juniores che secondo me invece lasciano il tempo che trovano".
Invece non è così, sono quasi due sport diversi.
"Credo che Sinner sia stato 136 del mondo a livello juniores e questo dice tutto. Non contano queste classifiche, ma conta arrivare all’obiettivo. E invece i ragazzini giocano tutti allo stesso modo. Sono stato a Tarbes e non c’erano italiani: questo è un rimprovero che faccio alla Federazione, perché anche se non hai giocatori forti devi mandare qualcuno a fare le qualificazioni perché così vedono i migliori della loro età, si rendono conto di dove devono arrivare".
Come ti spieghi questa situazione legata ai giovani?
"I maestri italiani sono bravissimi, però in effetti c’è questa fretta determinata anche dalla spinta di tanti genitori che vogliono vedere i figli vincere subito. Sicuramente quando giochi devi dare tutto prima di perdere, però uno degli errori che vedo nel concetto di tennis e di sport che abbiamo è che noi quando eravamo piccoli giocavamo per divertimento. Poi, se vedevi delle doti, provavi a diventare giocatore. Oggi se perdi una partita a 10 anni ti dicono già che non vali niente. Questa è una brutta cosa".
Il tennis dunque per molti ragazzini diventa quasi uno stress?
"Panatta secondo me è quello che capisce più di tennis di tutti in Italia. Lui ha fatto il paragone con i sindacati che da 150 anni lottano affinché si lavori 8 ore, con salari più alti, copertura medica, straordinari pagati ecc. Invece se ci pensi un bambino oggi va 6 ore a scuola, ha 2 ore per fare i compiti e poi va a giocare. Ma in realtà non va a giocare davvero, perché viene messo sotto con la pressione del ‘devi vincere, devi vincere, devi vincere'. Uno stress pazzesco. Così finisce che un bambino lavora 16 ore al giorno e un adulto 8, e non va bene. Adriano ha ragione su questa teoria e quando obblighi i minori a fare queste cose fai un abuso".
È anche un problema di sistema?
"L’altro grande guaio dei giovani è che il tennis è guidato dalle Federazioni e le Federazioni hanno un loro obiettivo, mentre i giocatori ne hanno un altro. Le Federazioni vogliono vincere i campionati Under 14, le coppette in giro per il mondo ed è giusto che sia così. Ma a uno come Sinner non glien’è mai fregato niente, lui voleva vincere i tornei veri come i suoi colleghi. La Federazione italiana è stata bravissima perché da qualche anno sostiene i giocatori, lasciandoli però ai loro coach. Questo è stato il colpo di genio che ha fatto sì che il tennis italiano facesse un passo avanti anche a livello tecnico. Forse è stata la prima nazione a farlo in Europa".
Tu hai avuto la possibilità di conoscere molto bene Federer, Djokovic e Nadal. Cosa pensi di loro al di là della scontata eccezionalità?
"Sono anticonformista e credo che la fortuna di Nadal, Federer e Djokovic sia stata anche un'altra. Loro potevano nascere in qualsiasi epoca e sarebbero stati comunque dei fenomeni, però hanno avuto due fortune, oltre alla loro bravura: la prima è che non ci sono stati tanti ricambi nella loro generazione, con giocatori veramente forti al loro livello, e la seconda è che i due che c’erano al loro livello – ovvero Murray e Del Potro – si sono fatti male. Questo ha tolto loro un po’ di avversari e si è andati avanti così fino a questa generazione, fino ad Alcaraz e tutti gli altri. La mia teoria è che oggi si gioca a tennis peggio di 20 anni fa, con il numero 200 di oggi che batte il numero 200 di venti anni fa perché le palle vanno più veloci. Ma non vuol dire niente, è un altro gioco".
E in quest'ottica dove può arrivare dunque Sinner?
"Djokovic, Federer e Nadal sapevano fare tutto ed è quello che Sinner prova a fare. È quello che lo spinge ogni giorno, al contrario degli altri che sono molto lineari. Un grande coach, che era Ian Barclay allenatore di Cash, diceva: ‘Il tennis è come quando tu vai a casa: sai dove tieni le mutande, il dentifricio o come accendi il gas’. Il campo da tennis è uguale. Federer, Nadal e Djokovic lo conoscono come le loro tasche, tanti altri no. E quando arriva una palla diversa, difficile rispetto al gioco che hanno, vanno fuori giri. Ecco perché Sinner è stato veramente bravo contro Medvedev agli Australian Open ad esempio: il russo non gli ha fatto capire niente nei primi due set, ma poi Sinner ha trovato la contromossa perché sapeva quello che doveva fare. Un altro perdeva tre set e andava a casa".
Partiamo dagli aneddoti, che ci dici di Federer?
"Federer era la perfezione. Ho avuto la fortuna di lavorare con l’IMG, e quindi con lui, quando ha vinto il primo torneo a Milano. Fui io a dargli la coppa perché era intitolata a mio padre. Lui mi guardava e io gli dissi: ‘Se vuoi questa coppa, prendila, l’hai vinta'. Gestivo anche Ana Ivanovic che aveva uno sponsor di Basilea, dove viveva Federer. Dividevano il preparatore atletico che era Paganini, uno bravissimo. Ana giocava ancora con la Wilson e ci fu questa festa agli US Open, dove eravamo tutti a tavola con Federer, sua moglie e Ana che all’epoca non era ancora nessuno. Roger ebbe una gentilezza impressionante e si offrì di aiutarla dandole il numero di telefono e informandosi, chiedendole quello che le servisse in campo e fuori. Una bravura impressionante".
Un campione anche fuori dal campo.
"Alla prima Laver Cup in Repubblica Ceca, l’agente di Federer voleva far firmare per lui le sorelle Fruhvirtová e per questo fece parlare Roger con la più grande, Linda. Quest’ultima mi raccontò poi che Federer le chiese dell’ultimo torneo disputato, un under 14 molto importante e lei rispose che le cose erano andate male, con la sconfitta al terzo turno. Allora Federer le disse: ‘Beh hai fatto meglio di me, io ho perso al secondo’. Era uno molto semplice. Anche lui ha iniziato tardi, forse era caratterialmente il meno forte dei tre, ma se giocavano tutti un match al loro massimo, magari non sulla terra, Roger batteva sia Nole che Rafa. Caratterialmente concedeva qualcosa e infatti ha buttato tante partite. Si è mangiato tante finali, quella con Safin in Australia, con Djokovic a Wimbledon, con Nalbandian".
Chiudiamo in bellezza con Rafa e Nole.
"Nadal è un fenomeno, è incredibile. E come tutti i grandi è una persona gentile, sempre pronta ad accontentare i bambini che gli chiedono autografi ecc. Anche Djokovic è un grande, ce l’ha messa tutta dopo un’infanzia difficile. S’è fatto con le sue forze. Lo volevo prendere sotto la mia gestione e agli Europei di Genova parlai con il padre, che non parlava bene inglese. Ero pronto a prendere una traduttrice serba, invece Novak sentì tutto e disse che avrebbe fatto lui da traduttore. Gli dissi: ‘Dai hai 15 anni, dobbiamo parlare di soldi’. Lui rispose: ‘Guarda che la carriera è mia, mica di quella ragazza là, traduco io e basta’. Questa è la personalità dei grandi giocatori. Loro sono stati 3 fenomeni e il tennis deve molto a loro".