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È ufficiale la nuova regola del tennis che non piace nemmeno ai tennisti: “Fa schifo”

Cosa cambia dal 1° gennaio 2025 con l’introduzione in maniera permanente della nuova norma, lo chiariscono il comunicato dell’ITF e il riferimento alla regola 30. Quali sono le perplessità dei tennisti.
A cura di Maurizio De Santis
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Jannik Sinner accanto all'allenatore, Simone Vagnozzi
Jannik Sinner accanto all'allenatore, Simone Vagnozzi

Cos'è il Coaching e perché alcuni tennisti hanno criticato aspramente la regola che dal 1° gennaio 2025 sarà introdotta in maniera permanente dopo un periodo di prova? Prima dell'applicazione, anche solo in via sperimentale, un giocatore correva il rischio di essere sanzionato dal giudice di sedia se, nel corso di un match, beneficiava delle dritte che un membro della squadra gli impartiva in campo.

Cos'è il coaching e come cambia il tennis con la nuova regola

Finora la discrezionalità dell'arbitro è stata spesso dirimente nel punire o meno, redarguire oppure chiudere un occhio, ogni naturale tentativo di comunicazione tra staff tecnico e giocatore. A partire dall'estate del 2022 la scena è cambiata in virtù della modifica proposta dall'ITF (International Tennis Federation).

Agli allenatori dei tour ATP e WTA è stato concesso di dare suggerimenti dal box ai loro giocatori oltre a fornire analisi più dettagliate su rendimento, inerzia dell'incontro e altri dati statistici rilevati con l'ausilio di mezzi tecnologici. "Il comitato per le regole del tennis – si legge nella nota ufficiale – ha ritenuto che questo particolare cambiamento avrebbe potuto rendere il gioco più equo e divertente".

Si può fare, quindi, ma con dei paletti che delimitano l'intervento degli staff come si evince dal comunicato:

  • L'assistenza tecnica è consentita tra un punto e l'altro, al cambio di campo e durante le pause tra un set e l'altro e in qualsiasi altro momento (tranne durante lo svolgimento di un punto) consentito dall'organismo sanzionatorio.
  • La comunicazione può essere solo verbale (quando l'allenatore/gli allenatori e il/i giocatore/i si trovano nella stessa parte del campo) o tramite segnali manuali (in qualsiasi momento in cui è consentito l'allenamento).
  • Le comunicazioni tra un punto e l'altro devono essere brevi (tranne durante le pause di gioco) e discrete.
Juan Ferrero dà indicazioni a Carlos Alcaraz durante un incontro.
Juan Ferrero dà indicazioni a Carlos Alcaraz durante un incontro.

Cosa s'intende per comunicazione, consiglio o istruzione di qualsiasi tipo e con qualsiasi mezzo dati a un giocatore? Lo chiarisce la Regola 30 che, in sintesi, spiega cosa cambierà dal 1° gennaio 2025:

  • L'attività di coaching da una sede esterna al campo può essere consentita negli eventi disputati secondo le regole del tennis stabilite dall'organismo competente.
  • Solo nelle gare a squadre in cui un capitano della squadra è presente in campo, il capitano della squadra può dare istruzioni ai giocatori nei momenti consentiti dall'organismo di controllo competente.
  • In tutte le altre competizioni non è consentito il coaching.
  • Ai giocatori è consentito l'accesso alla tecnologia di analisi, approvata nei momenti in cui è consentito il coaching.

Le perplessità dei tennisti: perché la nuova regola non piace

Questa disponibilità, però, non piace a tutti: già in passato è stata oggetto di discussione tra gli stessi tennisti, pro e contro il coaching e anche oggi alimenta il dibattito su quello che l'americano Taylor Fritz ha definito in un post sui social "la rovina dell'aspetto mentale/strategico dello sport uno contro uno". 

Davvero le informazioni ricevute da un allenatore possono costituire un limite alla gestione della partita da parte di un tennista? I più integralisti, coloro che ritengono il giocatore debba essere sempre padrone del proprio destino per la capacità di leggere le partite adottando tattica e colpi migliori per ogni situazione, la pensano così.

"Non solo come tennista, ma anche come fan di questo sport, è triste vedere questa nuova regola del coaching. Il tennis è speciale perché sei là fuori da solo – ha ammesso Denis Shapovalov -. Perché state cercando di cambiare la bellezza di questo gioco?". Al coro si è unito anche l'australiano John Millman, nonostante si sia ritirato da poco dalle competizioni: "Il coaching fa schifo" ha detto senza mezzi termini.

Sono i fautori dell'indipendenza emotiva (e agonistica) assoluta, ma anche nel fronte dei più convinti obiettori della nuova regola c'è qualche crepa: ricevere un consiglio durante i momenti più delicati, quando sul filo della tensione sembra impossibile trovare la soluzione più giusta per uscire dall'impasse, può essere sicuramente un vantaggio perché non sfruttarlo se lecito?

Stuart Miller (direttore esecutivo ITF) ha fatto sapere che se una decisione del genere s'è tradotta in norma è perché c'è stato l'assenso delle parti interessate, compresi gli stessi giocatori, oltre agli allenatori e agli arbitri.

Questi ultimi sarebbero stati i più entusiasti perché una regola del genere "migliora la loro capacità di concentrarsi solo sul controllo del gioco e prendere le decisioni più giuste, piuttosto che verificare se un allenatore stia rispettando o meno le regole".

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