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Djokovic nuovamente nell’hotel per rifugiati: colpo di scena, il Governo australiano cambia tutto

Novak Djokovic è detenuto nuovamente nel Park Hotel di Melbourne dopo il secondo annullamento del suo visto d’ingresso in Australia. Stasera ci sarà l’udienza decisiva, ma intanto il Governo australiano ha cambiato completamente le carte in tavola con un clamoroso colpo di scena.
A cura di Paolo Fiorenza
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Dalla mattina di sabato, la tarda serata del venerdì in Europa, Novak Djokovic è stato posto in stato di fermo dalle autorità australiane, dopo che gli è stato notificato il provvedimento di espulsione conseguente al secondo annullamento del suo visto d'ingresso nel Paese da parte del Ministro dell'Immigrazione. È stato il primo dei passi concordati nell'udienza interlocutoria del giorno prima: a Djokovic è stato dunque concesso di passare la prima notte dopo la nuova cancellazione del visto nell'alloggio da lui utilizzato negli ultimi giorni, quando si è allenato come se nulla fosse in vista dell'inizio dell'Australian Open, fissato per lunedì prossimo.

Poi, come detto, è stato fermato e posto sotto sorveglianza, in attesa dell'udienza decisiva delle 9,30 della domenica australiana (le 23,30 di stasera in Italia), quando la Corte Federale discuterà il nuovo ricorso presentato dai legali del campione serbo. Intanto sabato mattina davanti al medesimo tribunale si è tenuta una breve udienza in cui le parti – da un lato lo staff legale di Djokovic, dall'altro quello del ministro dell'Immigrazione Alex Hawke – hanno discusso di questioni procedurali su come andrà avanti la battaglia sull'annullamento del visto. Tutti hanno concordato sull'orario dell'udienza decisiva, mentre l'unico punto controverso è stato relativo al fatto se il caso sarebbe stato ascoltato da un solo giudice o dall'intera corte di tre giudici. Un punto non banale, visto che qualora il caso fosse ascoltato dall'intera corte, il ministro non avrebbe alcuna possibilità di impugnare qualsiasi decisione presa. Ed è così che avverrà, visto che il tribunale ha accolto la richiesta in merito di Djokovic: il verdetto sarà dunque inappellabile.

Successivamente il tennista si è riunito con i suoi avvocati nello studio legale di Melbourne che lo assiste, sempre in stato di sorveglianza, e poi dopo pranzo è uscito in una vettura scortata dalla Border Force australiana, per essere trasportato nuovamente nell'ormai famigerato Park Hotel, l'albergo destinato ad accogliere rifugiati e richiedenti asilo. È lì che sarà dunque detenuto e passerà la notte fino all'udienza decisiva. Verso le 15,30 locali lo ha accolto un piccolo gruppo di manifestanti a favore dei rifugiati (attualmente ce ne sono 33, alcuni dei quali sono ‘ospitati' lì da anni), che era accampato fuori dai cancelli dell'hotel con striscioni che chiedevano il rilascio dei richiedenti asilo trattenuti presso la struttura. Sarà il secondo periodo di fermo per il serbo, che ha trascorso le sue prime quattro notti in Australia in detenzione nello stesso hotel, prima che un giudice lo liberasse lunedì dopo aver ritenuto irragionevole la decisione di annullare il suo visto d'ingresso.

I sostenitori di Djokovic si sono invece assembrati all'esterno della Rod Laver Arena, l'impianto principale dove si svolgerà il torneo di tennis: circa 200 manifestanti no vax hanno intonato cori come "free Novak Djokovic", "lasciatelo giocare" e slogan contro l'obbligo vaccinale. Ed è proprio questo aspetto, una ripetizione di quanto accaduto nei giorni scorsi, che ha determinato un cambio totale di approccio alla questione da parte del Governo australiano: a poche ore dal giudizio decisivo, le carte in tavola sono ora completamente diverse e la difesa di Djokovic dovrà rapidamente reagire adeguando la propria strategia.

L'udienza finale si concentrerà infatti sul fatto che il numero uno al mondo sia un rischio per l'ordine civile e la salute pubblica, non sulla validità o meno dell'esenzione medica dal vaccino e quindi del suo visto d'ingresso nel Paese. Il Governo australiano afferma ora che la presenza di Djokovic durante le due settimane dell'Australian Open potrebbe mettere a rischio le vite delle persone e l'ordine pubblico, aumentando il sentimento contro il vaccino e il disprezzo per le regole di contenimento del Covid.

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In una riformulazione totale del caso contro il numero uno al mondo, il ministro dell'Immigrazione Alex Hawke ha ammesso che Djokovic – pur non vaccinato – è entrato in Australia con una valida esenzione medica e presenta un basso rischio di contrarre il virus mentre si trova in Australia e di trasmetterlo ad altri a causa della sua recente infezione. Quindi il furioso dibattito che aveva travolto il serbo negli ultimi 10 giorni – ovvero se il suo recente contagio gli avesse fornito una vera esenzione per recarsi nel Paese senza essere vaccinato – è stato abbandonato dal Governo senza che Hawke abbia nemmeno letto le ampie osservazioni di Djokovic sulla questione.

Il caso ora sarà discusso su basi completamente nuove nell'udienza pubblica in programma stasera davanti al giudice David O'Callaghan. I motivi esposti dettagliatamente dal ministro per la sua decisione di annullare il visto di Djokovic per la seconda volta dal suo arrivo in Australia lo scorso 5 gennaio descrivono il 20 volte vincitore degli Slam come una minaccia sia per la salute pubblica che per il pubblico ordine. Il ministro descrive Djokovic come un "individuo non vaccinato di alto profilo" che ha pubblicamente indicato la sua opposizione a ricevere il vaccino e ha dimostrato un "apparente disprezzo" per le regole di base di contenimento del Covid come l'isolamento dopo un test positivo.

"Dato lo status di alto profilo del signor Djokovic e la posizione di modello nella comunità sportiva e in generale, la sua presenza in Australia può favorire un disprezzo simile per i requisiti precauzionali dopo aver ricevuto un test positivo al Covid in Australia – ha scritto Hawke – In particolare, il suo comportamento può incoraggiare o influenzare gli altri a emulare la sua condotta precedente e non rispettare le misure sanitarie appropriate a seguito di un test positivo al Covid, il che di per sé potrebbe portare alla trasmissione della malattia e a gravi rischi per la loro salute e per gli altri".

Riferendosi all'ammissione di Djokovic di aver partecipato a un servizio fotografico con L'Equipe in Serbia il 18 dicembre, ovvero un giorno dopo aver ricevuto la conferma del suo test positivo, il ministro dell'Immigrazione ha scritto: "Il signor Djokovic è una persona di grande influenza e status. Viste le questioni sopra esposte in merito alla sua condotta dopo aver ricevuto un risultato positivo al Covid, le sue opinioni pubblicamente dichiarate, nonché il suo stato di non vaccinato, ritengo che la sua continua presenza in Australia possa incoraggiare altre persone a ignorare o ad agire in modo incoerente con i consigli e le politiche di salute pubblica in Australia".

Fin qui le argomentazioni circa il pericolo per la salute pubblica, ovvero che l'emulazione di comportamenti improvvidi possa aumentare i contagi, ma c'è anche il rischio per l'ordine che Hawke pone a fondamento del suo provvedimento di annullamento del visto: "Inoltre ritengo che l'attuale presenza del signor Djokovic in Australia possa portare a un aumento del sentimento anti-vaccinazione generato nella comunità australiana, portando potenzialmente a un aumento dei disordini civili del tipo precedentemente sperimentato in Australia con manifestazioni e proteste che potrebbero essere loro stessi una fonte di trasmissione del virus nella comunità". Il ministro ha concluso: "Queste questioni attengono alla stessa conservazione della vita e della salute di molti membri della comunità generale e sono inoltre cruciali per il mantenimento del sistema sanitario in Australia, che sta affrontando una tensione crescente nelle attuali circostanze della pandemia".

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Per difendere con successo la sua posizione, ai sensi della legge sull'immigrazione, il ministro non ha bisogno di dimostrare che tutto questo si è verificato o succederà, ma solo che può accadere a meno che Djokovic non venga espulso dall'Australia. Peraltro, nello stesso documento, il ministro ha riconosciuto che il 34enne serbo non ha tentato di infrangere alcuna legge australiana ed è una "persona di buona reputazione" nota per la sua filantropia. Fatto sta che ora il team legale del campione di Belgrado dovrà rivedere completamente la propria strategia difensiva, cosa di cui comunque già si era avuta avvisaglia quando gli avvocati di Djokovic – nell'udienza preliminare di venerdì – avevano descritto le ragioni del ministro come "decisamente diverse" da quelle citate dai funzionari di frontiera all'aeroporto di Melbourne quando inizialmente avevano cancellato il visto di Djokovic. Tra poche ore finalmente verrà messa la parola fine alla vicenda, in un senso o nell'altro.

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