Djokovic inguaiato dal ‘no’ barrato su un documento: indagato per false dichiarazioni
Novak Djokovic è ancora Melbourne, dopo aver incassato la vittoria nel ricorso presentato dai suoi legali contro l'annullamento del suo visto di ingresso in Australia. La Corte Federale gli ha dato ragione, ma sulla sua permanenza nel Paese e conseguente chance di giocare l'Open di tennis pende la mannaia della possibile decisione che – indipendentemente dal ricorso vinto – può ancora prendere sulla sua vicenda il Ministro dell'Immigrazione Alex Hawke.
E la decisione finale non arriverà neanche oggi. La questione si trascinerà ulteriormente dopo che è trapelato che il Governo federale sta esaminando se Djokovic ha mentito sul suo modulo di viaggio quando ha affermato di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti al volo che lo ha portato in Australia. Ieri il tribunale federale aveva ordinato il ripristino del visto del campione serbo perché non gli era stato concesso abbastanza tempo per dimostrare di avere un'esenzione valida dal vaccino. Il ministro Hawke potrebbe tuttavia usare il suo potere personale ai sensi della legge sull'immigrazione per annullare il visto di Djokovic per motivi di salute pubblica, ma il suo ufficio nella notte italiana ha confermato che il ministro sta ancora valutando la questione.
Un portavoce di Hawke ha dichiarato: "In linea con il giusto processo, il ministro esaminerà a fondo la questione. Poiché la questione è in corso, per motivi legali non è opportuno commentare ulteriormente". Il Governo federale insiste sul fatto che fosse giusto cancellare il visto di Djokovic sulla base del fatto che una precedente infezione da Covid negli ultimi sei mesi non è un motivo valido per avere un'esenzione per non essere vaccinato, laddove invece Tennis Australia aveva acconsentito a questa possibilità. Il tribunale che ha accolto il ricorso del tennista non si è pronunciato sul merito di tale questione, poiché il Governo federale ha ammesso di non aver fornito a Djokovic l'equità procedurale, cosa di cui peraltro si era già lamentato il serbo nel corso dell'interrogatorio cui era stato sottoposto appena sbarcato dall'aereo.
Se Djokovic ha dunque guadagnato un altro giorno di permanenza sul suolo australiano, il che gli dà ulteriori speranze di giocare l'Open, tuttavia la fresca indagine dell'Australian Border Force getta un'altra pesante ombra sulla sua posizione. Fonti del Governo federale hanno confermato che stanno esaminando una discrepanza sulla dichiarazione di viaggio che Djokovic ha riempito prima di entrare in Australia. Sul modulo in questione, il numero uno al mondo ha infatti dichiarato di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti al suo arrivo il 5 gennaio in Australia. A tutti i viaggiatori in arrivo in Australia viene chiesto se hanno "viaggiato o viaggeranno nei 14 giorni precedenti al volo per l'Australia". Vengono inoltre avvertiti: "Dare informazioni false o fuorvianti è un reato grave. Si può anche essere passibili di una sanzione civile per aver fornito informazioni false o ingannevoli".
Nei documenti depositati presso la Corte Federale, Djokovic ha affermato di aver autorizzato il 1 gennaio il suo agente a presentare questa dichiarazione, prima di recarsi a Melbourne dalla Spagna via Dubai il 4 gennaio, arrivandoci il 5. I suoi avvocati affermano che il tennista ha sostenuto un test molecolare intorno alle 13 del 16 dicembre e ha ricevuto il risultato positivo verso le 20 dello stesso giorno. Le normative serbe impongono che una persona debba isolarsi per 14 giorni se viene infettata, il che significa che il periodo di isolamento di Djokovic sarebbe dovuto terminare il 30 dicembre. Ma nei giorni successivi al 16 dicembre il tennista – a quanto risulta da abbondante documentazione fotografica postata anche sui social – non è stato fermo un momento, venendo anche ritratto senza mascherina.
Il 17 dicembre ha partecipato a una cerimonia di premiazione di giovani tennisti, poi il quotidiano francese L'Equipe ha riferito che Djokovic era impegnato in un shooting con uno dei loro fotografi il 18 dicembre. Successivamente – e qui veniamo ai giorni che interessano la dichiarazione sul modulo in questione – un post su Twitter di un giornalista portoghese, Jose Morgado, mostra che Djokovic era a Belgrado a Natale, in posa con la stella della pallamano Petar Djordjic. Il serbo è stato anche fotografato mentre giocava a tennis per le strade di Belgrado in un post del 26 dicembre.
Gli avvocati di Djokovic affermano che il giocatore è risultato negativo al tampone il 22 dicembre, sei giorni dopo essere risultato positivo e ben prima di volare in Australia, ma questo non cambia in nulla la mendacità della dichiarazione contenuta nel modulo di viaggio. Partito dalla Spagna alla volta di Melbourne, il tennista sicuramente è stato in Serbia nei giorni successivi al 20 dicembre, data a partire dalla quale si devono calcolare i 14 giorni cui fa riferimento il modulo di viaggio da lui sottoscritto. E adesso si capisce bene anche la reticenza della sua famiglia nella conferenza stampa di ieri, quando alla domanda se Djokovic avesse partecipato a qualche evento dopo aver saputo di essere positivo il 16 dicembre, il fratello non ha risposto e ha dichiarato chiuso l'incontro con i giornalisti.