Djokovic in un monastero per ritrovare se stesso: il tennista va alla ricerca dell’uomo
Novak Djokovic sa bene come comportarsi su un campo da tennis, anzi è il numero uno in questo: lo dice la classifica mondiale – almeno fino al 21 febbraio, quando il campione serbo perderà i punti dell'ultima vittoria all'Australian Open e potrebbe vedersi scavalcato da Medvedev – e lo dicono i 20 titoli del Grande Slam messi in bacheca. Gliene manca soltanto uno per staccare i rivali Federer e Nadal, anch'essi a quota 20, e porre la propria candidatura – ben sostenuta – a tennista più forte di tutti i tempi.
Ma il tennis è una cosa, la vita un'altra. Capire come ricostruirsi dopo quanto accaduto ad inizio anno in Australia – una via crucis innescata dallo stesso serbo, quando ha deciso di non vaccinarsi e affidarsi ad un'esenzione medica non riconosciuta dalle autorità e chiesta fuori tempo pur di giocare il torneo – è difficile, maledettamente difficile, anche se sei Djokovic. Perché ci sono stati il mortificante interrogatorio nella notte come fosse un criminale, la detenzione nel lurido hotel per rifugiati, l'esposizione alla gogna per tutte le sue accertate violazioni in tema di normativa anti Covid, le menzogne nei moduli di ingresso nel Paese, una morsa mediatica che avrebbe schiacciato chiunque.
Il 34enne campione di Belgrado ha costruito una carriera sulla durezza mentale, ma qua siamo su un altro livello di pressioni. L'uomo è nudo, la pioggia e il vento sono battenti. Dopo aver lasciato l'Australia, Djokovic lo scorso 17 gennaio è tornato a Belgrado nella comfort zone della propria abitazione situata in una zona esclusiva della capitale, accolto dal sostegno della sua gente. Ma non ci è rimasto a lungo: dopo qualche giorno si è spostato in Montenegro, recandosi prima a Tivat – in Dalmazia – e poi in un luogo simbolo della fede cristiana ortodossa, il Monastero di Ostrog. Edificato contro una parete di roccia verticale, il monastero è un posto suggestivo, meta continua di pellegrinaggio. A Nole deve essere sembrato l'approdo naturale per ricevere le risposte che sta cercando dentro di sé. Non dritto e rovescio, ma luce sulla propria strada.
Djokovic ha risposto a una chiamata che sentiva forte e ci ha portato il suo carico di sofferenze umane, recandosi in un luogo dal quale gli era arrivata solidarietà durante i giorni difficili in Australia. Nelle foto e nei video diffusi, si vede un uomo che non si sottrae all'abbraccio con la sua gente, ma anzi cerca di prenderne tutta l'energia e la carica positiva possibili. Durante la sua permanenza, il campione serbo ha incontrato il Metropolita del Montenegro Joanikije II, che gli ha dato in dono un'icona di San Basilio, cui è dedicato il Monastero di Ostrog, augurandogli che possa proteggerlo in tutti i suoi futuri viaggi.
Dopo aver visitato i santuari del monastero, l'incontro è proseguito con una discussione sugli ultimi eventi e i turbamenti che Novak sta attraversando. Il Metropolita ha detto di desiderare che Djokovic torni in campo il prima possibile e ricominci a fare quello che ha portato onore e gloria non solo a lui, ma ad un intero popolo. È stato un momento di grande ricarica emotiva, del quale il campione aveva profondamente bisogno. Adesso c'è da pianificare la ripresa agonistica, districandosi tra i prossimi tornei in base all'obbligo o meno di vaccinazione. La buona notizia, arrivata ieri, è che per il Roland Garros non dovrebbero esserci problemi: Djokovic potrà giocare il secondo torneo stagionale del Grande Slam proprio grazie a quell'esenzione – per essere stato positivo al Covid nell'ultimo semestre – negatagli in Australia.