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Djokovic ottiene il visto, può giocare gli Australian Open senza vaccino. Ma il Governo fa ricorso

Novak Djokovic ottiene il visto, può giocare gli Australian Open da no vax. Il tribunale ha ribaltato la decisione del governo ma l’ultima parola sull’espulsione è competenza delle autorità dell’immigrazione e l’allontanamento dal Paese potrebbe essere eseguito anche a prescindere dalla sentenza della Corte Federale.
A cura di Maurizio De Santis
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Novak Djokovic ha vinto il ricorso contro il Governo australiano: ottiene il visto per entrare nel Paese, può giocare lo Slam.
Novak Djokovic ha vinto il ricorso contro il Governo australiano: ottiene il visto per entrare nel Paese, può giocare lo Slam.

Novak Djokovic ha vinto la causa, resta in Australia e potrà giocare gli Open in calendario dal 17 gennaio. La Corte Federale di Melbourne ha accolto la versione dei suoi legali, accettando la tesi dell'esenzione dal vaccino anti-Covid come da comprovata documentazione su specifiche ragioni mediche, e annullato la decisione del Commonwealth di cancellare il visto, ordinando l'immediata liberazione del campione serbo dal limbo in cui era stato confinato da quando aveva messo piede nel Paese. Una sconfitta durissima per le autorità istituzionali, che alla vigilia del procedimento avevano gonfiato il petto e fatto la voce grossa rispetto all'opzione che il giocatore potesse essere riabilitato e accolto in Australia per andare regolarmente in campo. Ma non è finita.

Il giudice: "Su Djokovic presa una decisione irragionevole"

Adesso dovranno pagare le spese legali e restituire al tennista quel passaporto che gli era stato ritirato all'aeroporto. "Cos'altro avrebbe dovuto fare di più quest'uomo?". E ancora: "Leggendo la documentazione resto un po' scosso". Le parole del giudice Anthony Kelly spiegano bene quale sia stata la reazione per il trattamento ricevuto dal campione serbo, Novak Djokovic, che ha subito una "decisione irragionevole". Un atto smontato pezzo dopo pezzo, spazzato via già quando era arrivato un primo segnale molto chiaro: con il provvedimento temporaneo di sospensione di ogni tentativo di allontanamento dal Paese era stato concesso alla stella dello sport un po' di respiro dopo gli ultimi giorni in apnea, nel centro di accoglienza riservato agli immigrati. Un atto inficiato da un ‘dettaglio' che la Corte ha ritenuto dirimente: al tennista non è stato dato abbastanza tempo per mostrare prove sufficienti rispetto alle contestazioni che gli erano state contestate.

Sentenza ribaltata ma il tennista rischia ancora l'espulsione

Finita qua, dunque? No. Il governo federale australiano ha specificato che la vicenda Djokovic non è ancora stata archiviata e non è detto che ci sarà per lui il lieto fine. Il verdetto sull'espulsione è competenza delle autorità dell'immigrazione e che l'allontanamento dal Paese potrebbe essere eseguito anche a prescindere dalla sentenza della corte. Ecco perché, nonostante la vittoria in aula, potrebbe essere un provvedimento istituzionale a trasformare il successo in sconfitta: il verso del pollice del ministro dell'immigrazione, Alex Hawke, può lasciare tutto com'è oppure ribaltare la sentenza e annullare il visto per altri motivi.

Trattenuto ancora per qualche ora, la stella serba è stata liberata nell'attesa che sia scritta la parola fine (in un senso o nell'altro) alla vicenda. Quale sarebbe la diretta conseguenza? Anzitutto, che venga ancora trattenuto prima del pronunciamento definitivo. Il caso tornerebbe di nuovo in tribunale e Djokovic rischierebbe di essere bandito dall'Australia per 3 anni.

Il caso "Djokovic no vax" è divenuto una vicenda politica di clamore internazionale per l'appello in tribunale
Il caso "Djokovic no vax" è divenuto una vicenda politica di clamore internazionale per l'appello in tribunale

Server in tilt per la diretta streaming del procedimento

Nell'udienza della Corte federale di Melbourne che ha deciso se il tennista poteva o meno restare in Australia per partecipare allo Slam era stata la difesa ad aver messo a segno un punto a favore nella battaglia legale sul visto non concesso e sull'isolamento a cui è stato costretto il giocatore non vaccinato. Dentro o fuori, ammesso o respinto in Europa che avrebbe significato anche passare per "persona non gradita", secondo la definizione della legge australiana. Era l'ipotesi peggiore del procedimento sulla vicenda divenuta un caso politico internazionale. Un appuntamento mediatico di tale rilevanza da mandare letteralmente in tilt il collegamento in streaming per la quantità di contatti e di accessi al server del Tribunale: "temporary disruption" è la dicitura che compariva sul video di quanti hanno provato (a partire dalla mezzanotte italiana) a seguire in diretta il caso del campione no vax.

Scontro in aula su esenzione e documentazione medica

Quando finalmente il dibattimento è iniziato Nicholas Wood, l'avvocato alla guida del pool di legali che ha presentato il ricorso per Djokovic, è andato subito al cuore della questione presentando tutte le prove su come le autorità australiane abbiano negato il visto "senza alcuna fondata evidenza", su come il suo assistito si sia mosso nel solco delle norme essendo in possesso di tutti i requisiti di "biosicurezza" per l'ingresso in Australia. Motivo dello scontro: l'esenzione dalla vaccinazione anti-Covid concessa da Tennis Australia in base alla documentazione medica prodotta dal campione. "Le linee guida australiane sull'immunizzazione prevedono la possibilità di rinviare la vaccinazione di sei mesi per le persone che abbiano ricevuto una diagnosi di positività al Sars-Cov-2". In buona sostanza, il serbo non ha beneficiato di alcun trattamento di favore ma di ciò che per legge gli permette di godere di un permesso temporaneo di 6 mesi.

Djokovic può giocare gli Australian Open, ribaltato il provvedimento delle autorità australiane. Ma la battaglia legale rischia di avere un seguito ulteriore.
Djokovic può giocare gli Australian Open, ribaltato il provvedimento delle autorità australiane. Ma la battaglia legale rischia di avere un seguito ulteriore.

Tesi rigettata dalla controparte: il governo australiano ha replicato che, secondo la versione più recente delle linee guida, l'aver già contratto il Covid ed essere guarito (come accaduto a Djokovic) non è una controindicazione alla somministrazione del vaccino; che non era mai stata data alcuna garanzia sull'effettiva possibilità che la documentazione sull'esenzione medica sarebbe stata accettata; che le stesse prove prodotte dal tennista non erano state reputate abbastanza attendibili. Nella memoria difensiva di 35 pagine c'era il riferimento alla positività al coronavirus risalente al 16 dicembre scorso, una data divenuta oggetto di critiche e di controlli per le foto sulla partecipazione a eventi pubblici del campione (senza mascherina) nel periodo in cui avrebbe dovuto osservare l'isolamento ed essere in quarantena. Era stato "crocifisso come Gesù", disse suo padre arringando la folla dei tifosi e ora è risorto. Ha vinto Djokovic, per adesso.

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