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Australian Open

Djokovic è immortale, strapazza Alcaraz con una gamba sola: “Quello che ho preso ha funzionato”

Il campione serbo ha battuto 4-6, 6-4, 6-3, 6-4 Carlos Alcaraz nonostante un problema muscolare: “Ho pensato anche di ritirarmi…”. Al rientro dal medical timeout è stato devastante.
A cura di Maurizio De Santis
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Novak Djokovic non muore mai, in semifinale degli Australian Open lo attende Zverev. Ci va su una gamba sola… al massimo uno e mezza, quasi zoppicando ma stringendo i denti. Il risentimento all'adduttore ha rischiato di metterlo fuori causa, ha resistito e s'è spinto oltre i confini di un match che sembrava segnato, pregiudicato, compromesso. Mai dire mai, soprattutto se dinanzi a te c'è un tennista della sua stazza. A 37 anni, nonostante il problema muscolare, Nole s'è aggrappato all'esperienza, ai nervi d'acciaio, all'intelligenza tattica che lo hanno aiutato a battere (4-6, 6-4, 6-3, 6-4) in 3 ore e 35 minuti Carlos Alcaraz.

Dall'altra parte del mondo è l'una di notte quando serra le braccia e i pugni, urlando a squarciagola tutta la sua esaltazione per la vittoria. Il medical timeout lo ha rigenerato, gli hanno dato qualcosa che ha fatto effetto, lo ha rimesso in piedi, gli ha consentito di essere semplicemente un ‘Djo' della racchetta. Il resto lo hanno fatto l'orgoglio dell'uomo e la forza del fuoriclasse.

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"Ho pensato anche di ritirarmi", un cattivo presentimento che ha fatto all'alba del secondo set ed è stato spazzato via dalla piega che è riuscito a imprimere alla sfida. Avesse perso anche la seconda frazione avrebbe accarezzato la possibilità di alzare bandiera bianca: la resa non è termine che esiste nel vocabolario di uno dei giocatori più grandi di tutti i tempi, che porta sulle spalle il peso della storia e la fa valere quand'è il momento.

E oggi, contro il murciano, è stato uno di quei giorni da ricordare, da immortale. "Visto che ho vinto, non voglio rivelare troppo del fastidio che ho avuto, ma quello che ho preso ha iniziato a funzionare. Mi è successo qualcosa di simile nel recente passato e mi ha aiutato a capire come si gestiscono anche questo tipo di situazioni. Ho giocato un paio di ottimi game, poi Carlos ha avuto qualche attimo di esitazione in più e io ho iniziato a muovermi meglio, a prendere qualche rischio in più. Verso la fine della partita non ho più sentito quasi dolore, poi vedremo domattina quando sarà finito l'effetto. Probabilmente dovrò prendere un'altra dose del farmaco".

Alcaraz è apparso nervoso, incapace di stare effettivamente in partita e azzannarla, ha sbagliato molto e imprecato. E a certo punto la sagoma del campione balcanico gli deve essere sembrata una montagna troppo alta da scalare. Non oggi, non in quel momento, non in quelle condizioni. Non contro un avversario grande, grande, grande che lo ha accarezzato per lenirgli (in parte) la delusione.

"C'è una cosa che voglio dire – ha ammesso Djokovic nelle interviste a caldo –  è che ho un grande rispetto per Carlos e tutto quanto ha fatto finora. È un ragazzo fantastico, ha già vinto quattro slam ed è stato il numero uno più giovane della storia. E quella che ho giocato contro di lui è stata sicuramente epica". Parole che non gli cambiano la vita ma almeno aiutano a sopportare meglio la sconfitta.

Le ultime Djokovic le dedica a Zverev che prima dell'incontro, dopo aver superato Tommy Paul, aveva scherzato su quanto potesse essere "noiosa" la sfida tra il serbo e Alcaraz. E Nole fa lo stesso di rimando. "Non so se Zverev è ancora sveglio, è l'una… ma sono certo che il suo team lo sia – ha concluso -. Abbiamo un accordo… fino a quando giocherò lui mi farà vincere Slam".

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