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Djokovic difeso sotto giuramento: “L’errore è stato mio, sono addolorata e imbarazzata”

C’è una dichiarazione giurata di una donna che scagiona Novak Djokovic dall’accusa di aver mentito: “Sono profondamente dispiaciuta, addolorata e in imbarazzo per l’errore”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Poche ore separano ormai Novak Djokovic dalla resa dei conti definitiva davanti alla Corte Federale australiana: o dentro o fuori. La decisione dei tre giudici cui sarà sottoposto il caso del tennista serbo non sarà infatti appellabile da nessuna delle parti. O il numero uno al mondo riavrà indietro il suo visto d'ingresso nel Paese, potendo così giocare il primo torneo del Grande Slam del 2022, oppure avrà la meglio la posizione del Governo australiano, espressa nel nuovo annullamento del visto di Djokovic da parte del Ministro dell'Immigrazione.

La materia del contendere adesso non è più la validità dell'esenzione medica dal vaccino anti Covid, in base alla quale il tennista aveva inizialmente ottenuto il visto, ma ci si è spostati su un piano più politico. Le autorità australiane ritengono infatti che la permanenza di Djokovic nel Paese possa fare da catalizzatore per i sentimenti no vax diffusi nell'opinione pubblica, oltre a fornire un pessimo esempio circa i giusti comportamenti da seguire quando si scopre di essere positivi al virus.

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Quanto fatto dal campione di Belgrado nei giorni successivi al suo tampone, risultato positivo a metà dicembre mentre si trovava in Serbia, in effetti non dà l'idea di un'attenta osservanza dell'isolamento prescritto dalla legge. Lo stesso Djokovic ha ammesso di aver partecipato il giorno successivo all'accertata positività – senza neanche la mascherina – a un servizio fotografico per il quotidiano L'Equipe, ma sui social circolano foto che lo ritraggono in strada a Belgrado anche nei giorni di Natale.

E poi c'è la vicenda dello spostamento in Spagna dopo Capodanno, quando in base alla data del test il tennista si era negativizzato. Da lì il 4 gennaio è partito alla volta dell'Australia, arrivandoci il 5 e venendo subito fermato dalla Border Force all'aeroporto di Melbourne, dando il via alle vicissitudini che sono arrivate fino alla vigilia dell'Open. Uno spostamento, dalla Serbia alla Spagna, che è in contrasto con quanto dichiarato da Djokovic nel modulo di viaggio presentato prima di partire per l'Australia, dove risulta barrata l'opzione ‘no' alla domanda se abbia viaggiato nei 14 giorni precedenti all'arrivo nel Paese.

L'ammissione di errore da parte di Djokovic, attribuita al suo team
L'ammissione di errore da parte di Djokovic, attribuita al suo team

Un errore ammesso poi dal serbo in un suo post su Instagram e attribuito al suo team, che materialmente ha compilato il modulo. Questa versione dei fatti è stata poi avvalorata, svela la Gazzetta dello Sport, dalla dichiarazione giurata di una donna che la stampa australiana definisce "agente" del giocatore (dovrebbe essere Elena Cappellaro, che da più di 10 anni segue il campione assieme al manager italiano Edoardo Artaldi). Nelle carte diffuse dalla procura si legge la deposizione della donna: "Alla domanda se il viaggiatore in questione avesse viaggiato, nei 14 giorni precedenti il volo per l'Australia, ho risposto no ma è stato un errore. Non mi sono confrontata con il signor Djokovic sulla correttezza della mia risposta prima di presentare il formulario (…) Il mio errore nella compilazione del modulo non è stata intenzionale. Riconosco l'importanza di una corretta compilazione di questo importante documento. Sono profondamente dispiaciuta, addolorata e in imbarazzo per l'errore".

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