Djokovic costretto a nascondersi dopo il caos vaccini: “Ho lottato con qualcosa di più grande di me”
Novak Djokovic è uno dei protagonisti annunciati degli Australian Open. Nelle ultime ore si è discusso tanto delle sue condizioni, e del suo piccolo infortunio al ginocchio che lo ha costretto ad interrompere un allenamento con Medvedev. Niente di preoccupante per ora, e soprattutto niente di paragonabile a quanto accadeva esattamente un anno fa, quando faceva parlare di sé per il caos relativo al suo status vaccinale, conclusosi con l'espulsione dell'Australia dopo un lungo braccio di ferro con le autorità locali.
Nole da sempre dimostratosi contrario al vaccino Covid riuscì inizialmente ad entrare in terra aussie e anche ad allenarsi, ma poi il suo visto fu annullato per una serie di presunte irregolarità riscontrate nella domanda di esenzione. La sua situazione finì al centro di un vero e proprio caso internazionale che fece passare il tennis giocato in secondo piano, alla vigilia del primo attesissimo Slam stagionale. La sua posizione non sembra essere cambiata, ma fortunatamente per lui la posizione delle istituzioni governative australiane (al contrario per esempio di quelle USA) si è ammorbidita, con Djokovic che ha già vinto il torneo di Adelaide dopo aver fatto ritorno oltreoceano.
Impossibile dimenticare però quanto accaduto. Djokovic già in passato ha provato a raccontare come gli eventi australiani di inizio 2022 abbiano influito sul prosieguo della stagione causandogli non pochi problemi e danni anche a livello d'immagine. Nella sua ultima intervista però è entrato più nello specifico, raccontando quello che è successo al momento del ritorno in Serbia dopo il ban dall'Australia. A 9News Melbourne, l'ex numero 1 al mondo ha spiegato: "Sono stato davvero coinvolto in una tempesta nei media di tutto il mondo che era collegata a qualsiasi cosa avesse a che fare con il COVID e il vaccino. All'improvviso sono diventato il cattivo del mondo che è ovviamente una posizione terribile in cui trovarsi come atleta".
Le conseguenze sono state pesantissime e Djokovic è stato costretto a nascondersi in patria, per cercare di calmare le acque dopo che anche la sua famiglia era finita nell'occhio del ciclone: "Non c'era affatto una grande narrativa nei media su di me. Sono rimasto diverse settimane a casa, non ho girato molto. Speravo solo che la situazione si calmasse, cosa che è avvenuta, ma le tracce sono rimaste lì per diversi mesi e non sapevo che avrebbero influenzato il mio gioco e il modo in cui gioco. Non è stato facile per me mentalmente riorganizzarmi e ricominciare da capo".
A poco a poco poi, Djokovic ha provato a mettersi tutto alle spalle anche se inevitabilmente ogni torneo era l'occasione di tornare a parlare di quanto accaduto in Australia: "In ogni conferenza stampa mi facevano almeno una o due domande sull'Australia e su quello che era successo. Anche se volevo voltare pagina, le persone me lo ricordavano. Ho capito che c'era frustrazione per le limitazioni, ma devo dire che i media lo hanno presentato in un modo completamente sbagliato perché non è quello che è successo, e molte persone hanno ancora un'idea sbagliata".
Per questo il tennista che punta a vincere il suo decimo Australian Open ha voluto chiarire quella che era la sua posizione: "C'erano altre due o tre persone che sono venute in Australia 10 giorni prima di me con esattamente la stessa esenzione che avevo io e stavo solo seguendo le regole. La mia esenzione è stata verificata da un organismo indipendente e da un gruppo di medici, quindi non si sapeva chi avesse presentato la richiesta e sono entrato con tutti i documenti validi. Tutto è sfuggito di mano e poi sono stato etichettato come questo o quello. Era così grande nei media che non potevo proprio combatterlo, non volevo nemmeno farlo- .Ovviamente volevo restare qui e giocare a tennis, ma a un certo punto con la quantità di follia in giro volevo solo uscire e tornare a casa".
Cosa è rimasto di quella esperienza? Difficile dimenticare, perché la ferita è ancora aperta: "È ancora un peccato e mi fa male che la maggior parte delle persone abbia un'idea sbagliata di quello che è successo. Questo è ciò che mi fa più male. I media hanno parlato di me per diversi mesi e non con una nota positiva, quindi questo ha creato molto disturbo al mio brand, a me personalmente e alle persone intorno a me. È qualcosa che devi accettare e affrontare al momento. Non direi che è qualcosa che distruggerebbe o eliminerebbe tutto ciò che ho ottenuto dentro e fuori dal campo durante la mia carriera. È stato così d'impatto ed è risuonato così lontano in tutto il mondo che molte persone ne parleranno ancora e lo ricorderanno per molto tempo ed è qualcosa che mi seguirà per un po' di tempo"
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