Djokovic contro Wimbledon: “Sono un figlio della guerra, gli atleti russi non hanno colpe”
A Wimbledon i tennisti russi e bielorussi non ci saranno. L'Inghilterra, che ha emesso sanzioni durissime nei confronti della Russia (e degli oligarchi fiancheggiatori di Vladimir Putin, tra cui Roman Abramovich), ha rotto gli indugi e annunciato ufficialmente che nel tabellone non compariranno – nemmeno da privati giocatori, senza identità nazionale né bandiera – gli atleti finiti sotto i riflettori loro malgrado a causa della guerra scatenata dal Cremlino contro l'Ucraina. Adesso che il conflitto s'è inasprito e la tensione a livello internazionale ha toccato vette preoccupanti, non sembrano esserci più margini di trattativa.
E che Londra potesse arrivare a una scelta così netta e drastica lo si rea intuito già nelle scorse settimane, quando addirittura era emersa la possibilità di sottoporre ai tennisti provenienti da quei Paesi di firmare una sorta di documento nel quale, oltre a ripudiare la guerra, si chiedeva anche una condanna palese dell'operazione militare in atto. Ha prevalso la linea della tolleranza zero e della fermezza.
Il veto imposto a russi e bielorussi è stato inesorabile anche per un'altra ragione che è collaterale a equilibri politici e alla situazione contingente: in caso di vittoria di Daniil Medvedev (uno dei più forti al mondo) sarebbe troppo grande l'imbarazzo da parte del primo ministro, Boris Johnson, e della Famiglia Reale che come da tradizione è rappresentata da un suo membro al momento della premiazione. A livello d'immagine per gli inglesi un episodio del genere sarebbe tanto deleterio quanto inaccettabile. E non accadrà.
L'avversario più temibile non ci sarà e questo a Novak Djokovic non piace. Anzi, il campione serbo ritiene che aver proibito a russi e bielorussi di partecipare al prestigioso appuntamento sull'erba sia stato ingiusto. Il motivo? Chiarisce bene il suo pensiero e spiega perché in concomitanza con la sfida agli Atp di Belgrado giocata contro Laslo Djere. "Sarò sempre il primo a condannare la guerra – le parole di Nole, che ha mostrato ancora una volta di non essere al top della condizione -. Conosco bene il trauma emotivo che lascia un conflitto. Io sono un figlio della guerra… so cosa significa. Noi in Serbia, sappiamo cos'è successo qui nel 1999…".
Non c'è alcun intento polemico nei confronti della Nato, né un giudizio politico. "Finisce per soffrire sempre la gente comune. Abbiamo avuto molte guerre nel Balcani – ha aggiunto Djokovic -. Chiarito questo, però, c'è una cosa che voglio dire… non posso essere favorevole alla decisione presa su Wimbledon. Non è colpa degli atleti quello che sta accadendo. E quando la politica interferisce sport, in genere non finisce mai bene".