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Djokovic adesso rischia 5 anni di carcere: l’Australia indaga su errori e false dichiarazioni

Gli Affari Interni australiani hanno aperto un’indagine su Novak Djokovic per presunti errori e discrepanze presenti nei documenti di viaggio e nel tampone positivo al Covid presentati dal tennista serbo all’arrivo in Australia. L’accusa è di aver presentato prove false per entrare nel Paese: reato che per la legge australiana è punibile con una pena detentiva fino a cinque anni.
A cura di Michele Mazzeo
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La disputa tra l'Australia e il tennista no-vax Novak Djokovic si fa sempre più accesa. Dopo il via libera per entrare nel Paese dato al serbo dal Tribunale di Melbourne, si attende ancora la decisione in merito del ministro australiano all'immigrazione Alex Hawke che sta valutando se far ricorso ai poteri speciali di cui dispone e cancellare comunque il visto del serbo che intanto in un lungo post pubblicato sul proprio account Instagram si è scusato ammettendo di aver commesso alcuni errori.

In tanto però dall'Australia, come rivelato dalle testate Sydney Morning Herald e The Age, emerge l'apertura di una nuova indagine nei confronti di Novak Djokovic da parte dei funzionari dell'immigrazione australiana che stanno ora esaminando una serie di errori e discrepanze relativi ai documenti di viaggio presentati all'arrivo all'aeroporto di Melbourne e al test COVID-19 con esito positivo fornito per richiedere l'esenzione medica per entrare nel Paese e giocare gli Australian Open (il cui tabellone principale verrà sorteggiato nella notte italiana tra mercoledì e giovedì).

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L'indagine del Dipartimento degli Affari Interni sul tennista numero uno al mondo si è dunque allargata e include adesso anche la presunta violazione dell'isolamento in Serbia, le presunte dichiarazioni errate fatte sul modulo di viaggio prima del suo ingresso in Australia e le incongruenze riguardo alla data del tampone positivo al Covid-19 presentato dagli avvocati del serbo a riprova del fatto che avrebbe avuto diritto all'esenzione medica per entrare nel Paese e giocare il torneo dello Slam di cui è il campione in carica.

Dopo le dichiarazioni del tennista serbo su Instagram, gli affari interni stanno ora esaminando la discrepanza tra la data dichiarata (il 16 dicembre) e quella ammessa dallo stesso Djokovic (17 dicembre) ipotizzando una presunta manipolazione del tampone che ha attestato la positività al Covid del tennista serbo. Ma non solo. Nel mirino degli inquirenti c'è anche il ‘no' barrato da Djokovic sul modulo di viaggio rispondendo alla domanda se aveva effettuato viaggi in altri Paesi nei 14 giorni precedenti all'arrivo in Australia (mentre per sua stessa ammissione era stato in Spagna) e l'aver partecipato ad eventi pubblici, per altro senza rispettare le misure precauzionali di base come il distanziamento e la mascherina, dopo aver scoperto di essere positivo al Covid.

L'indagine degli Affari Interni potrebbe costare carissima a Novak Djokovic dato che, qualora venisse accertato di aver fornito false prove e false dichiarazioni, ai sensi della legge australiana rischia una pena detentiva che può arrivare fino a cinque anni di carcere.

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