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Daniele Bracciali: “L’accordo tra Sinner e WADA fa comodo a entrambi. Il TAS? Una roba mostruosa”

Daniele Bracciali, ex tennista squalificato a vita dopo un caso di scommesse, ai microfoni di Fanpage ha parlato della sua esperienza al TAS. Soffermandosi anche su Sinner che non è andato a giudizio dopo l’accordo con WADA.
A cura di Marco Beltrami
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Niente udienza al TAS dunque per Jannik Sinner dopo l'accordo con WADA sulla squalifica di tre mesi per la responsabilità oggettiva nel caso Clostebol. Chi invece ha avuto a che fare con l'organismo giudiziario con sede a Losanna, per un caso estremamente diverso da quello del numero uno al mondo, è stato Daniele Bracciali.

L'ex tennista si è rivolto al TAS in passato per cercare di ribaltare il verdetto dell'ITIA che lo ha radiato a vita con l'accusa di aver facilitato un giro di scommesse su un match del torneo di Barcellona. Purtroppo però per lui, che in precedenza era stato scagionato nei processi sportivi e penali italiani, non c'è stato nulla da fare. Con l'ex tennista numero 49 del mondo, abbiamo parlato proprio del TAS e di quello che sarebbe potuto accadere con Jannik.

Daniele tu conosci bene il TAS, anche se per un caso molto diverso rispetto a quello di Sinner. Che idea ti sei fatto sulla conclusione della sua vicenda?
"Alla fine l'accordo che hanno trovato accontenta entrambi. Hanno preferito avere l'uovo oggi e non la gallina domani perché questa poteva non esserci. Ci si poteva ritrovare invece entrambi con il piatto vuoto, perché andare a giudizio del TAS era un rischio per tutti e due, sicuramente molto più per Sinner. La giurisprudenza del TAS fino ad oggi è abbastanza chiara: per questi casi ci sono sempre state delle squalifiche, tutte sopra i sei mesi. Se avesse vinto Sinner, il TAS avrebbe cambiato la linea giuridica avuta fino ad oggi. In questo modo avrebbero potuto dire: ‘bene, da oggi in poi il nuovo criterio di valutazione per queste cose cambia, e i giocatori sotto indagine per queste quantità ridicole di sostanze che non modificano il rendimento e la fisicità senza benefici in campo non si puniscono più'. Un'anticipazione di quello che tra l'altro accadrà nel 2027. Ovviamente anche WADA avrebbe rischiato in caso di flop a giudizio: sarebbe stato uno spu..anamento".

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Insomma tutti contenti? Sia Sinner che WADA?
"L'accordo va bene a tutti e due. Sinner con i tre mesi alla fine riuscirà a giocare tutti gli Slam, e WADA ha raggiunto l'obiettivo di dargli una squalifica. A loro non importa se minima o massima, ma lo stop. Lui con tre mesi se la cava".

Sinner può essere stato spinto anche dalla volontà di chiudere in fretta la vicenda e concentrarsi finalmente solo sul tennis giocato?
"Credo abbia fatto questa scelta pur sentendosi, come credo che sia, innocente. L'ha fatto perché da un punto di vista psicologico è veramente pesante. Avere questa spada di Damocle e sapere che il 15 di aprile devi fare il processo… senza dimenticare che poi dovranno passare altri mesi per la sentenza e quindi i tempi si allungano. Insomma sarebbe stato molto pesante, già è un anno che va dietro a questa cosa e tutti i giorni si parlava di Sinner, della possibile squalifica, del TAS, con i giocatori che intervengono. Era diventato veramente insostenibile e quindi secondo me ha fatto bene a trovare un patteggiamento. Tra tre mesi tutto è finito e lui potrà ripartire di slancio, più forte di prima".

Diversi tennisti si sono già schierati contro Sinner e contro la decisione del TAS di proporre un patteggiamento, non credi sia una situazione fastidiosa?
"Guarda, il comunicato della WADA è molto chiaro quando dice che la contaminazione di Sinner è stata accidentale. Viene contestata solo la responsabilità oggettiva nei confronti del team. Certo per me la responsabilità oggettiva è veramente una grandissima ca.ata e spero che venga tolta il prima possibile. Mi dà molto fastidio che alcuni colleghi lo attacchino. Mi ricordo che quando ci fu il caso Schwazer (l'ex marciatore, ndr), e la sua seconda positività, ci fu Tamberi che si scagliò contro di lui in una maniera brutta, ed entrambi insieme partecipavano alle Olimpiadi. Questo senza conoscere bene le carte dei vari procedimenti in cui uno è dentro. Mi spiace molto".

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Anche nel vostro caso ci fu un clima di ostilità?
"L'unica cosa che ho riscontrato nel nostro caso è che non ci sono stati giocatori che ci hanno dato contro. No, nessuno. Forse eravamo chiaramente meno importanti. È troppo bello dare addosso al numero uno, così vai subito in prima pagina, perché sennò non ti penserebbe nemmeno tua madre. E quindi che fai? Tiri fango. Ovviamente delle nostre assoluzioni nel penale la gente non sa niente, mentre ad inizio indagini e dopo la squalifica ecco i titoloni, con robe anche che non esistevano. Per esempio io sono stato radiato per una partita, mentre ad altri con cinque match gli hanno dato 8 anni. C'è una sproporzione evidente. La storia mia e quella di Starace, che non fregava più a nessuno, è surreale. A lui tra pochi anni scade la squalifica mentre a me hanno rovinato la vita. In Italia posso ancora fare quasi tutto, ma all'estero nulla e comunque questa squalifica viene sempre fuori".

Ti aspettavi qualcosa di diverso magari anche dagli altri tennisti italiani?
"Beh sì, effettivamente gli italiani forse sono stati pochi, ovvero Vavassori, Berrettini e Sonego mi pare. Pensavo che se ne schierassero di più dalla sua parte, poi magari ora cominceranno a spuntare. Come ho sempre detto, nel mondo del tennis, spesso i giocatori fanno vedere tutta questa amicizia o vogliono far credere che si è tutti amici, in realtà non è cosi. Purtroppo c'è tanta invidia sotto, poi uno magari indossa la maschera e fa vedere che è contento per l'altro che vince, ma in realtà non è così".

Ti ha colpito qualcuno in particolare tra quelli schierati?
"Tra i giocatori che si sono schierati, ho visto Wawrinka che tra l'altro penso sia uno dei più antipatici del circuito. C'è da dire una cosa però, che effettivamente la WADA molte volte fa due pesi e due misure. Io spero che da oggi, come per il patteggiamento con Sinner, anche chi verrà dopo di lui possa usufruire di un trattamento dove può trovare un accordo. Fino ad oggi purtroppo il vero problema è che è il sistema non funziona e poi crea queste situazioni tra i giocatori. Loro chiaramente vedono che il sistema con uno si comporta in un modo e magari con un altro si comporta diversamente. Bisognerebbe un attimino un po' equiparare i casi. Ognuno ha delle caratteristiche diverse però se prevedi un patteggiamento lo devi fare in linea di massima per tutti. Poi chiaramente potrai patteggiare con uno tre mesi, con uno cinque, con uno un anno. Con altri magari vanno dritti e li stroncano".

Hai fatto riferimento al caso Schwazer pensi che anche per lui ci siano stati dei punti oscuri?
"Il caso che porto sempre con me, è quello di Alex perché secondo me è un ragazzo incredibile. L'ho conosciuto per telefono e ha un cuore gigante. Con lui certamente non è che la WADA è stata così morbida, insomma. Secondo me il vero problema sono i sistemi: tra l'altro, leggendo la sentenza di Bolzano quella penale, si capisce la reputazione della WADA. Mi auspico che in un futuro, insomma, tutti i casi vengano un po' più equiparati. Anche io ci sono passato e sinceramente con me e Starace non si sono comportati come con tutti gli altri, solo perché dovevamo essere di esempio per gli altri. Questo non va bene".

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Le tempistiche per Sinner sarebbero state ulteriormente lunghe.
"Si, questo secondo me è molto importante, ed è un aspetto a cui va data risonanza. Chiaramente chi non ci è passato non lo sa ma io l'ho fatto e so che vuol dire avere un procedimento in corso, anzi più di uno. La testa anche se fa un'altra cosa è sempre collegata lì. La sera vai a letto e pensi al procedimento, la notte ci pensi anche nei sogni. Non riesci più ad essere focalizzato solo sul tuo essere un giocatore di tennis. Questo ha inciso, anche perché se andava a processo e veniva condannato avrebbe preso molto di più dei tre mesi. Così invece metti una pietra sopra, se ne parlerà per qualche altro giorno e poi quando ci sarà il rientro ecco la festa e tutto finito. Se fosse andata avanti invece c'era il rischio di andare incontro ad una distruzione mentale anche per un marziano come lui.  Queste cose pesano come macigni, e quindi penso che alla fine ha fatto bene".

Tu ne sai qualcosa di attese lunghe per la sentenza del TAS, anche se le vostre vicende hanno in comune solo il ricorso all'organismo di Losanna
"La mia vicenda dal punto di vista sportivo è molto più grave nella condanna. Tra l'altro chiaramente lui è stato assolto in primo grado, e il suo caso non ha nulla a che vedere con il mio caso. L'unica cosa che ci accomuna è il TAS, ovvero il secondo grado, l'organo predisposto è il tribunale di Losanna. Qualsiasi sia stata la motivazione per cui uno ci va comunque uno deve passare di lì. Io ci sono andato per cose molto differenti rispetto a quelle di Jannik".

Tu al contrario di Jannik hai provato la via del TAS per provare a  ribaltare il verdetto dell'ITIA.
"Sono arrivato al TAS dopo la sentenza di primo grado internazionale dell’ITIA , che io ho appellato perché ero stato squalificato. In secondo grado sono andato al TAS di Losanna. Ero stato assolto prima nello sportivo e nel penale italiano, mentre ero stato sanzionato appunto dall’ITIA. Chiaramente possono andarvi entrambe le parti, nel caso di Sinner lui è stato assolto in primo grado dall’ITIA e ad appellarsi al TAS è stata così la WADA. C’è una netta differenza rispetto a Jannik perché io mi sono presentato a Losanna con una sentenza di condanna. I processi al TAS sono ex novo: mentre in tutti i processi di secondo grado uno può portare solamente quello che era già stato affrontato nel primo, al TAS puoi portare elementi nuove, come perizie o testimoni nuovi. È un appello ma è come se fosse un processo nuovo che parte da zero".

E come ci dicevamo le tempistiche sono lunghe, e questo incide poi nelle scelte, come accaduto per Sinner.
"Uno si rivolge al TAS nella speranza che possa cambiare tutto. Avevo parlato anche con altri che c'erano passati prima di me come Alex Schwazer che però non mi aveva dato grossa fiducia. Chiaramente dopo che ci passi, in alcuni casi capisci anche il motivo. Per quanto riguarda le tempistiche, il mio è stato un dramma. Quando siamo andati a Losanna per l'udienza, io avevo scelto un arbitro tedesco ma che parlava molto bene in italiano perché tutta la documentazione veniva da un processo italiano, cioè da quello penale. Tra l'altro avevo chiesto che il processo venisse fatto in inglese ma che gli arbitri capissero bene l'italiano perché con le traduzioni c'è una grossa confusione. E questo mi ha purtroppo danneggiato. Infatti nel mio caso hanno messo un presidente inglese molto severo e gli altri hanno preso un altro arbitro tedesco che non sapeva una parola di italiano".

Il vostro caso è diventato surreale ed eccezionale in termini di sfortuna anche.
"Ci siamo presentati in aula e il nostro arbitro non c'era. Poco dopo ci è stato comunicato che purtroppo era deceduto durante la notte lì a Losanna in albergo. Quindi ci siamo ritrovati senza l'arbitro che probabilmente sarebbe dovuto essere dalla nostra parte, anche se poi chiaramente loro sono al di sopra dalle parti. Era settembre 2018, l'anno prima del Covid e quindi è saltato tutto con annesse spese anche per andare lì non solo per me ma anche per testimoni e avvocati. Abbiamo nominato un altro arbitro, un italiano, il professor Coccia di Roma ed è stata rifissata l'udienza. Siamo entrati però nel periodo del Covid e queste udienze venivano rimandate di continuo. Alla fine io sono andato all'udienza al TAS esattamente tre anni dopo l'appello. E tra l'altro l'abbiamo dovuta fare via video, perché c'era ancora il problema del virus. Anche questo ci ha penalizzato".

E in tutti questi anni tu sei stato ai box.
"In tutto questo periodo io non ho potuto giocare perché c'era la sentenza di primo grado. Dal 2018 siamo arrivati al 2021, tre anni. Tra l'altro la sentenza è arrivata ad agosto dell'anno dopo, nel 2022, quindi addirittura 4 anni. Tra il decesso del mio arbitro, il Covid e un anno per la sentenza, sono trascorsi 4 anni, una roba mostruosa. Un quadro inquietante".

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Ma secondo te nel caso di Sinner quanto ha influito sulla vicenda la sua enorme popolarità?
"Il discorso mediatico, e i riflettori, incidono molto. Hanno inciso su di noi che avevamo quasi finito, anche se io ero ancora 90 del mondo quando mi hanno squalificato. Il parlarne, e gli strascichi del processo di Cremona hanno inciso. Chiaramente ora con Sinner che è numero uno del mondo, ne parlano tutti: chiunque incontravi ti diceva ‘ma secondo te lo squalificano o no?'. È una delle sentenze sportive più importanti degli ultimi dieci anni. Squalificarlo pesantemente per doping quando viene appurato che la sostanza è stata presa involontariamente e tra l'altro, per colpa di un'altra persona che era nel team, sarebbe stato assurdo. Soprattutto poi è conclamato che quello che è stato preso non ha alterato in nessun modo le prestazioni sportive".

Mi pare di capire che tu non ritieni giusto punire un atleta per responsabilità oggettiva?
"Ribadisco che per me il discorso della responsabilità oggettiva, ovvero del fatto che lui dovesse stare più attento, è una gran ca.ata. Vai veramente a penalizzare con una squalifica, pur minima, un giocatore per il nulla. Mi auguro quindi che in futuro cambi il principio di diritto che c'è stato fino ad ora. Perché fino ad oggi i giocatori di qualsiasi sport sono stati sanzionati anche per queste sviste che ci sono state magari da parte del team, o da parte della fidanzata, o del medico che li curava. Sanzioni anche pesanti. Per questo spero in un cambiamento e che non sia più penalizzato chi potrà dimostrare di non aver preso sostanze apposta e che non venga più contata la responsabilità oggettiva".

Bisognerebbe dunque punire i giocatori solo per doping conclamato?
"Se uno non lo prende per modificare il discorso fisico in campo, con una svista che non incide nemmeno su nulla allora bisognerebbe chiudere. La cosa dovrebbe essere diversa se si trova una quantità di sostanza che ti incide a livello fisico, cioè ti fa fare una prestazione superiore. Nei casi di cui parliamo, compreso quello di Sinner, si parla di quantità infinitesimali. Tra l'altro hanno già deciso che le cose dovrebbero cambiare dal 2027".

Meglio per tutti come hai detto non andare al TAS, anche perché a me pare che tu non abbia maturato una grande fiducia in questo organismo?
"Quando i procuratori dell'ITIA hanno preso la parola al Tas la prima cosa che hanno detto è stata ‘loro devono essere da esempio per tutti gli altri'. Ma scusate esempio di che? Se non ho fatto niente,  perché vi dovete accanire contro di noi? Una cosa molto importante anche se purtroppo nessuno ne parla è che il TAS è composto da oltre 300 arbitri di tutto il mondo e si sa chi sono gli arbitri stangatori e quelli invece più dalla parte degli atleti o delle federazioni. Nel nostro caso l'arbitro che è stato messo a fare il presidente, e che può spostare le lancette dall'una o dall'altra parte e infatti la nostra sentenza è tutta a maggioranza, e questo vuol dire che c'è qualcuno dei tre sempre contrario. Chiaramente non ti dicono chi è, ma puoi immaginarlo".

C'era un certo scetticismo intorno a Sinner, per una possibile squalifica di almeno un anno?
"Molto dipende da chi viene messo come presidente. Il nostro, che tra l'altro non c'è più, era un inglese molto anziano e rigido. Ci ha stangato molto di più rispetto alle sentenze precedenti perché a noi ha dato anche una multa pecuniaria che di solito veniva tolta soprattutto di fronte a squalifiche a vita. Lui stesso ha tolto la multa perché diceva ‘già devo dare una multa a qualcuno che non potrà più lavorare?' Con me invece ha cambiato idea, seppur riducendola".

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Bisognerebbe vedere l'appello presentato da WADA, se sarebbe potuto essere vincente o meno e anche la scelta dei tre arbitri. Per esempio nel caso di Sinner mi faceva ben sperare che il presidente messo a capo era un lussemburghese, ex giocatore di tennis, Jacques Radoux. L'arbitro scelto dalla WADA invece era severissimo, ovvero Ken Lalo. Quello preso da Sinner era un ex giudice inglese che mi sembrava tosto. Teoricamente il regolamento prevede che debbano essere al di sopra delle parti, tutti, poi è tutto da vedere".

Magari il caso Sinner è stato anche sfruttato come segnale per gli altri giocatori?
"È tutto da vedere, nel nostro caso avevamo testimoni a nostro favore che sono stati considerati inattendibili. Gli stessi che nel processo penale, dove si rischia anche l'arresto se dici il falso, sono stati invece considerati attendibili. Non c'erano cose nuove particolari contro di noi, e anche in ambito sportivo i testimoni mi scagionavano totalmente, anche sulla famosa questione del telefono delle scommesse. Un telefonino tra l'altro che io non ho mai avuto. A noi insomma hanno voluto dare un segnale, perché poi non sono stati presi nemmeno in considerazione su casi di squalifiche e scommesse per altri giocatori. Con noi che eravamo a fine carriera si sono accaniti stangandoci nonostante le varie assoluzioni precedenti".

Quanto ammiri Sinner che è riuscito a giocare e vincere nonostante la spada di Damocle della sentenza?
"Guarda, quando ci sono questi procedimenti in atto non sai come andrà a finire, cioè passi le notti a guardare il soffitto a contare le pecorelle. Eppure lui è riuscito a giocare e mentalmente a stare lì… o almeno non lo ha fatto vedere. Anche lui è umano e io sono sicuro che in alcuni momenti ci ha pensato che questa cosa è pesante pure per lui. E invece lui è riuscito a stare lì, entrando in campo e dando il massimo. Questo ultimamente ci fa capire qual è la differenza tra Sinner e gli altri giocatori. Riesce a confermarsi numero uno con un peso nello stomaco, con un macigno pur non lo facendolo notare, chi non vive queste esperienze non può capirle. Ti vanno a cambiare la vita. Le attese sono snervanti e perdi la capoccia. Lui che invece riesce a stare ugualmente lì: c'è da togliersi il cappello".

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