Cosa manca ancora a Jannik Sinner per vincere finalmente quel Masters 1000 che meriterebbe
Ci sono momenti in cui Jannik Sinner dà la percezione in campo di non avere rivali. A Montecarlo eccezion fatta per il match contro Hurkacz, per meriti del polacco, quella del tennista italiano sembrava una cavalcata trionfale culminata nella masterclass contro Musetti reduce dal successo su Djokovic, e anche in un primo set dominato contro Rune.
Poi però qualcosa si è rotto, e sono arrivate le difficoltà con il danese cresciuto in maniera esponenziale e per nulla scoraggiato da quella che dopo il primo parziale sembrava una distanza incolmabile. Ecco dunque la sconfitta sul più bello, quando le possibilità di una finale contro quel Rublev battuto in scioltezza a Miami sembravano altissime. Delusione notevole e ancora una volta il tormentone che si ripropone: cosa manca a Jannik Sinner per un ulteriore salto di qualità?
Non è certo il caso di fare drammi visto che le potenzialità del talento altoatesino sono sotto gli occhi di tutti, avversari compresi. Adriano Panatta sull'argomento ha oggi cinguettato: "Ieri mi è dispiaciuto per Sinner, era una buona occasione ma state tranquilli ne avrà tantisssime altre. Una mia considerazione: io credo che tutti i giocatori del circuito pensino che se Jannik gioca bene non hanno chance di vincere, l’unico che non lo pensa è Rune".
Quest'ultimo ko, dopo quello nella finale di Miami contro Medvedev, ha però scatenato il dibattito sul suo reale valore: cosa succede in particolare nei momenti decisivi, e come mai Jannik non è ancora arrivato fino in fondo in uno Slam, o ha portato a casa un Masters (due finali perse) come ad esempio hanno già fatto gli altri giovani terribili Alcaraz e Rune?
In tanti si chiedono come mai, un giocatore che sembra così dominante in alcuni match (non a caso in questa fase della stagione è terzo nella race, oltre che 8° nel ranking ATP), poi spesso viene meno sul più bello. Lo stesso Jannik oltre a sottolineare che ogni partita è una storia a sé ha riscontrato similitudini tra il ko con Rune e quello dello scorso anno sempre a Montecarlo con Zverev, senza nascondere la difficoltà di metabolizzarla: "Mi dispiace molto perché sentivo che ero molto vicino a poter vincere questo torneo. Ma è andata così, vediamo come andrà a Barcellona. Proverò a prendere gli aspetti positivi di queste ultime settimane, ma appena uscito dal campo è difficile buttar giù questa sconfitta. La sogni, sei lì… è difficile".
Questione di velocità, inferiore quella del campo reso più pesante della pioggia, e di scelte finali contro un Rune che l'ha messa anche sul carattere. Forse su questo aspetto c'è ancora da lavorare, per non cadere nella trappola delle provocazioni (in questo Medvedev e Rune hanno parecchio in comune). Niente di irrecuperabile insomma per uno Jannik che comunque è cresciuto da tanti altri punti di vista: da quello delle soluzioni in campo, con un gioco sempre più vario, a quello fisico con un'evoluzione muscolare importante che gli garantisce maggiore potenza.
La sensazione è che manchi pochissimo per raggiungere un livello ancora superiore, che gli permetta di togliersi la soddisfazione di impreziosire la sua bacheca che vanta già 7 titoli, con i primi Masters e magari anche con uno Slam. Dal punto di vista tecnico si dovrà lavorare sul servizio che anche a suo dire lo ha tradito forse in alcuni frangenti finali della sfida con Rune. Ma considerando anche i passi avanti fatti in questo fondamentale negli ultimi anni, c'è da essere fiduciosi soprattutto in termini di continuità di rendimento. Jannik è una risorsa importante del tennis italiano, e può solo crescere.
Anche perché a lui il coraggio non manca: quanti avrebbero scelto di cambiare guida tecnica con cui c'era un feeling consolidato, per affidarsi ad un nuovo coach e ad un nuovo team? Lui l'ha fatto, e ora il percorso di maturazione continua. C'è da scommetterci, i Masters arriveranno.