Bertolucci spiega perché Sinner vincerà ancora: “Ma avete visto cosa ha fatto con la monetina?”
Paolo Bertolucci, colonna del tennis italiano e commentatore TV per Sky, è intervenuto ai microfoni di Fanpage per dire la sua sul trionfo di Sinner agli Australian Open. "Braccio d'oro" ha parlato della crescita del giocatore altoatesino, spiegando il perché a suo dire non si lascerà travolgere dalla pressione, anche mediatica, per i successi in crescendo.
Jannik Sinner, a detta di Bertolucci, ha tutte le carte in regola per scrivere pagine memorabili di storia dello sport. Per il primo posto bisognerà attendere ma è solo questione di tempo, perché il suo punto di forza è senza dubbio la mentalità e l'attitudine al lavoro, per non parlare del suo eccezionale talento. Un'occasione anche per dire la sua sulla rivalità con Alcaraz, sul momento di Djokovic e quello di Musetti in grande difficoltà.
Paolo, cosa hai pensato quando Sinner era sotto di due set e sembrava in balia di Medvedev?
"Grossi meriti vanno dati a Medvedev che ha giocato i primi due set in maniera pressoché perfetta. Sicuramente c’era un pochino di tensione, che si vedeva anche sul volto di Sinner. Però verso la fine del secondo, quando da 5-1 è andato 5-3, ha dato dei segnali di risveglio e ha variato qualcosa dal punto di vista tattico, senza lasciare l’iniziativa al russo. Così il terzo set è partito con un po’ di fiducia nel serbatoio che fino a 10 minuti prima non aveva. Vinto il terzo set sinceramente ho pensato che il peggio fosse alle spalle, anche se la scalata era ancora lunga e dura. Dopo il quarto non ho avuto più dubbi".
Cosa avresti detto nel caso in cui fosse andata male?
"Niente, che era comunque un bel successo trattandosi di una finale Slam, che Sinner ha 22 anni e la strada è quella giusta e deve continuare a percorrerla imparando a gestire al meglio la lunga distanza. È ovvio che un ragazzo di quell’età non può viverla come uno di 28 anni".
Adesso cosa succede? Bisognerà alzare l'asticella, perché in tanti si aspetteranno che Jannik le vinca tutte.
"Purtroppo non potrà vincerle tutte. Già ieri sul 2-0 qualcuno diceva che doveva cambiare gli allenatori. Ci sono due aspetti: Sinner segue poco i social ed è già un bel passo in avanti e, seconda cosa, il tennis si gioca molto all’estero e poco in Italia e questo è per lui un grossissimo vantaggio. L’eco gli arriva lo stesso ma è smorzato, soprattutto quando hai le spalle così larghe e dietro di te una famiglia seria, concreta e senza grilli per la testa. Così sei più tranquillo".
La gestione della sconfitta rappresenterà un aspetto importante per la sua carriera.
"Lui sa benissimo che prima o poi perderà e qualcuno dirà che è un fuoco di paglia. Ma con i fuochi di paglia si vincono gli Slam? A me non è mai successo, magari a chi lo dice è successo diverse volte. Nello sport si vince e si perde. Anche se avesse perso la semifinale o la finale, sapevamo e sappiamo che è destinato ad una grandissima carriera. Davanti a sé ha 10 anni tra i primi del mondo. Spero che diventi numero uno, se si fermerà al numero due non significherà che non ha chance di fare meglio. Ciò che è certo è che lui farà tutto il possibile per raggiungere il massimo".
Spesso si parla della gestione della popolarità come un’insidia per un atleta. In chiave Sinner ti preoccupa?
"No, basta vedere come si comporta. Non so se avete notato: al momento del lancio della moneta per decidere servizio e campo si è chinato lui a prenderla e non il ragazzino. Se non si riesce a cogliere queste piccolezze che in realtà sono cose enormi, non si può entrare nel suo mondo".
Come vedi la sua possibile presenza a Sanremo?
"Adesso non giocherà Marsiglia e si fermerà. Lui ci mette 20 minuti ad arrivare da casa all’Ariston, scortato dalla polizia ce ne mette 12. Non so, gli faranno un’offerta pazzesca, gli offriranno una barca di soldi e può darsi che dica di sì, tanto in due ore va e torna. Ci sta, perché no".
Il suo “sono morto” sul 3-6 3-6 4-4 è diventato già iconico. Come si fa a passare da quello stato d’animo al tennis esplosivo giocato da lì in poi?
"Era un momento di down, ci sono situazioni in una partita in cui non riesci a fare certe cose. Momenti in cui la testa non è più così forte e percepisci addosso i dolori, la stanchezza e la confusione. Quando invece riesci a reagire queste sensazioni si attutiscono. Nel momento delicato è la testa che fa la differenza, nel quinto set questo accade 90 volte su 100. Tutti pensano che sia il fisico l'aspetto determinante, ma quando due giocatori arrivano al quinto set e si vanno a guardare i chilometri percorsi ci saranno 50-70 metri di differenza l'uno dall'altro. Ma che cosa sono? Niente. Quello che vince è quello che di testa, a parità di distanza percorsa, è più forte".
Negli ultimi mesi abbiamo assistito al suo exploit sul cemento. Cosa cambierà su terra ed erba, anche in chiave scalata al primo posto?
"Credo che dovrà vincere tanto, tanto, tanto e se ne parlerà in autunno eventualmente. In termini di punti bisognerebbe che lui vincesse tutto e che gli altri perdessero molto presto. C’è parecchia strada da fare, ma è un percorso che inevitabilmente lo porterà lì, è questione di mesi. Ha tutte le qualità per farlo e lo hanno detto anche i suoi avversari: è pronto per diventare numero uno. C’è solo da attendere. Ora c’è il cemento americano che, anche se all’aperto, è per lui una superficie congeniale come l’erba. In mezzo c’è la terra dove potrebbe fare un po’ più fatica".
Jannik è un mostro in termini di mentalità, sempre pronto a migliorarsi. In cosa può crescere ancora?
"Lui programma bene, come tutte le cose che fa. Vedi anche l’avvicinamento perfetto all’Australia con il lavoro svolto e nessun infortunio. Tutte le componenti devono andare a posto, e ora sono andate al posto giusto, e lui fa il possibile perché questo accada. È una garanzia in questo".
Da quando ci siamo sentiti pochi mesi fa, Alcaraz e Sinner hanno avuto un percorso diametralmente opposto. Il primo è calato, il secondo è cresciuto. Che idea ti sei fatto?
"Secondo me Alcaraz ha un bagaglio tecnico pazzesco, anche fisicamente, ma mentalmente è lontano anni luce da Sinner. Lui cerca altro oltre al punto, molte volte sembra che si diverta e coinvolga il pubblico perché ha un tennis fatto di effetti speciali. Non si accontenta di fare il punto, vuole farlo con una doppia capriola, col salto mortale. Sono cose bellissime, che fanno impazzire, ma a volte ti fanno perdere le partite. Ci sono momenti in cui tutto è facile e puoi lasciarti andare. Quando però ti trovi tre pari al terzo set occorre andare sul concreto e lui ultimamente da questo punto di vista è mancato. Ha due anni meno di Sinner, è molto giovane e se riusciranno ad incanalarlo sarà un giocatore splendido da ammirare a lungo. In caso contrario, sarà altalenante con picchi altissimi e cadute improvvise".
Capitolo Djokovic, qualcuno dopo la terza sconfitta in quattro partite con Sinner ha parlato di spartiacque per la sua carriera. Pensi che sia così?
"È un giocatore che in Australia ha giocato male, così come negli appuntamenti precedenti. Non lo abbiamo visto mai in buone condizioni. Ora, se questo è dovuto a un problema che può accadere, perché capita che uno non centri la preparazione, o se è iniziato il declino, lo scopriremo nella trasferta americana tra Indian Wells e Miami. Vedremo se si è ripreso o meno. Non ho idee perché bisognerebbe aver visto gli allenamenti, capire se si è fermato o meno e con che intensità. Lo sanno solo quelli all’interno del team".
La nota dolente per l'Italia agli Australian Open è stato sicuramente Musetti. Come vedi questo suo periodo negativo? Soprattutto a livello di tenuta mentale.
"Sulle qualità di Musetti non si discute, il ragazzo ha delle doti incredibili, ma poi ci vogliono anche la testa e il fisico, altrimenti si torna al discorso di Alcaraz. Non basta tirare un rovescio all’incrocio delle righe da quattro metri fuori dal campo, bisogna migliorare in tutti i settori. Lui era partito molto bene, poi ha avuto una fase molto ballerina ed è quasi regredito da un certo punto di vista. Gli avevo suggerito tempo addietro, come aveva fatto Sinner che aveva preso Cahill, di ricorrere a un supercoach o chiamatelo come volete. Un altro aiuto, che non voleva dire rinunciare all’attuale. Così come ci sono Vagnozzi e Cahill, per quale motivo non ci possono essere Tartarini e qualcun altro? Quando poi ha battuto Djokovic a Montecarlo ha scritto sulla telecamera "Ma quale supercoach". Ora benissimo, la vita è sua, però 8-9 mesi dopo ha preso Barazzutti. Probabilmente ha capito che doveva modificare qualche cosa".
Cè Barazzutti al suo fianco ma ci vuole la disponibilità al cambiamento anche del giocatore.
"Ci vuole tempo, lui ha praticamente perso l’anno scorso. Adesso vediamo, ha detto che la priorità è diventare padre. Ho capito, ma a livello sportivo deve fare le cose giuste, altrimenti anche il supercoach non potrà fare nulla. Se non c’è la disponibilità del giocatore… Mi auguro che ci sia, perché è giovane e ha qualità. Sono sicuro che Barazzutti lo metterà sotto e non accetterà un rapporto in cui dall’altra parte non ci sia un coinvolgimento pieno. Non credo che potrà fare miracoli in tempi brevi, ci vuole tempo. Lui è giovane, dagli errori s’impara. Sarebbe un’altra bella pedina da affiancare a Sinner visto che è fermo anche Berrettini. E poi dietro stanno venendo su dei ragazzi interessanti e questo è un bene per tutto il movimento".