Berrettini perde Wimbledon per un tampone non obbligatorio: “Ma così ho protetto gli altri”
Matteo Berrettini ha avuto la certezza di essere positivo al Covid a poche ore dal debutto a Wimbledon contro Cristian Garín. L'anno scorso accarezzò il sogno di vincere il trofeo ma si arrese in finale allo strapotere di Novak Djokovic. Adesso è costretto a ritirarsi per un tampone non obbligatorio. Così fa male davvero.
In Inghilterra le restrizioni sono state del tutto rimosse. Per chi giunge dall'estero nel Regno Unito non è più necessario effettuare un test alla partenza o all'arrivo, né essere vaccinato (è il motivo per cui il campione serbo, a differenza di quanto accadde in Australia, ha potuto mettere piede nel Paese liberamente). La normativa stessa su test e quarantena è stata di molto edulcorata rispetto al periodo dell'emergenza. E la mascherina è stata tolta dal viso degli inglesi da tempo.
Nonostante rapporti recenti abbiano registrato un aumento esponenziale dei casi non vi è alcun obbligo di segnalare ufficialmente un test positivo o di mettersi in auto-isolamento. È "consigliato" restare a casa e limitare i contatti con gli altri. Null'altro.
Nel solco della politica del governo inglese era stato lo stesso amministratore delegato dell'All England Club, Sally Bolton, a chiarire che le condizioni rigide imposte ai giocatori e le limitazioni alla capienza per l'afflusso del pubblico sarebbero state solo un brutto ricordo del recente passato. Tutte revocate per tornare "a un campionato normale quest'anno".
"Ho il cuore spezzato", ha confessato Berrettini nel post condiviso su Instagram annunciando che lui, tra i favoriti alla vittoria del trofeo grazie allo straordinario rendimento sull'erba, esce di scena deluso ma con la coscienza a posto. I sintomi influenzali avvertiti negli ultimi giorni lo avevano messo in allarme. In testa gli ronzava una brutta sensazione, ha voluto togliersi il pensiero e s'è messo l'animo in pace anche se dentro di sé adesso è in subbuglio.
Coerente con quella che è stata sempre la sua posizione sull'importanza della profilassi e l'obbligatorietà dei vaccini (lo ribadì anche alla vigilia degli Australian Open) per arginare la diffusione dei contagi, s'è sottoposto a un test ulteriore "per proteggere la salute e la sicurezza dei miei compagni concorrenti e di tutti gli altri coinvolti nel torneo".
La positività al Covid di Berrettini è la seconda conclamata nel giro di un paio di giorni. Il primo ad alzare bandiera bianca a causa del contagio era stato il croato Marin Cilic, anche lui uno dei più attesi dopo la semifinale al Roland Garros persa contro Ruud.
Se due indizi fanno una prova, non c'è bisogno di attendere il terzo per comprendere quale sia adesso la percentuale di rischio, la possibilità che si sviluppi un focolaio. Quelle misure preventive che avevano blindato i giocatori ed evitato ogni forma di contatto non ci sono più. E ipotizzare che ora la situazione possa finire fuori controllo non è un azzardo.
Rafael Nadal, che con Berrettini ha svolto uno storico allenamento sul Campo Centrale, s'era prestato anche a un selfie con il tennista italiano. Djokovic (che non si è mai vaccinato) è entrato in contatto sia con lo spagnolo sia con l'azzurro e, particolare tutt'altro che trascurabile, ha sciolto i muscoli, testato la propria condizione proprio contro Cilic.