Tante donne, pochi uomini, troppe polemiche: cosa hanno detto le Olimpiadi di Pechino per l’Italia
Se a Tokyo 2020 l’Italia è riuscita a raggiungere il record di medaglie ottenute in una sola edizione con il numero tondo di 40, quella di Pechino 2022 non è andata tanto lontana da un’altra quota tonda, le 20 di Lillehammer 1994. Andiamo a vedere nelle diverse discipline i motivi per cui sorridere e altri per cui rammaricarsi ma neanche troppo.
Nello sci alpino le donne hanno di nuovo dimostrato di essere una “new” valanga rosa che stava per diventare d’oro. Cosa è mancato? Sofia Goggia nella forma di questa stagione avrebbe vinto la discesa libera e il SuperG, perfetto per le sue caratteristiche. Oggi stavamo parlando di una doppia doppietta (due ori nella stessa edizione e il bis della discesa dopo Pyeongchang). Ma quell’argento di Sofi è vivissimo, come lei stessa ha detto, perché è fatto di lacrime e sudore, paura e meraviglia. Insieme a lei brilla Federica Brignone che non molla mai l’osso e prende un argento e un bronzo. Le due forse sono troppo simili, per questo non sono le amiche più care. Il bronzo di Nadia Delago sfavilla quasi allo stesso modo, perché è di una 1997 e questo conta parecchio anche in ottica Milano-Cortina 2026.
Gli uomini hanno fallito tutte le prove e sono in mezzo al guado. I grandi del passato prossimo molto probabilmente non possono più competere coi big (Paris, Innerhofer, Razzoli, anche se per lui nota di merito per il ritorno ad altissimi livelli), i giovani hanno poco equilibrio per reggere il grande evento (Vinatzer, De Aliprandini). Segnali brutti, se pensiamo che in altre nazioni sono nati fenomeni come Odermatt e Noël.
La disciplina che infiamma gli italiani sempre quando siamo presenti alle Olimpiadi è il curling. E questa volta la curling-mania ha portato anche bene con l’oro più bello di tutti, quello dalla coppia Amos Mosaner e Stefania Constantini. La disciplina invece in cui abbiamo detto di più la nostra è stato lo short track. Qui abbiamo la campionessa epocale, Arianna Fontana che ha vinto un oro e due argenti, raggiungendo la quota magica di 11 medaglie olimpiche conquistate. Poi abbiamo il giovane che guarda le stelle, Pietro Sighel, un argento e un bronzo per lui in due staffette, ma buone prove anche in singolare. Con loro un bel gruppo di atleti, più o meno giovani che sapranno essere ancora protagonisti in futuro.
Lo sci di fondo è davvero un buco nero, con una sola luce in fondo al fosso, di nome Federico e di cognome Pellegrino. Non si doveva puntare alle medaglie con gli altri ma dei segnali di vita più vispi si potevano attendere. Insieme a Goggia, Brignone e Fontana, per fortuna abbiamo schierato un’altra regina, Francesca Lollobrigida, fantastico argento nei 3000, una distanza in cui ha iniziato ad avere risultati da questa stagione e ottenere un secondo posto olimpico è un grande traguardo.
Nel biathlon abbiamo fatto il massimo e questo non ci deve per forza accontentare. Una medaglia meravigliosa di Dorothea Wierer nella sprint ha dimostrato la grandezza anche morale della campionessa di Anterselva. Il quarto posto di Lukas Hofer nell’inseguimento è allo stesso modo bello, anche se di legno è il suo colore. La staffetta femminile ha fatto un buon quinto posto ma in generale si pensava che i giovani crescessero un po’ più velocemente. La Coppa del mondo di quest’anno aveva mostrato segnali quasi assenti e così è stato anche a Pechino. Lo slittino per fortuna ci ha portato un bronzo meritatissimo per Dominik Fischnaller e piazzamenti vari nel doppio e nella gara a squadre. Noi ci siamo nel lotto delle pretendenti alle medaglie, il problema è che gli altri sembra che stiano accelerando e non dobbiamo perdere il passo.
L’amaro in bocca che davvero ci resta è quello per le diverse gare di snowboard in programma. Se nel freestyle qualcosa si è mosso con il quinto posto di Emiliano Lauzi nello slopestyle, ci ha fatto male l’uscita in semifinale di una campionessa assoluta come Michela Moioli nella gara individuale di snowboardcross (poi si è rifatta con un bellissimo argento con Omar Visintin nella gara mista a squadre), e soprattutto non aver raggiunto una medaglia con quattro atleti fortissimi nel gigante parallelo. Onore sempre a Roland “Capitan Fisch” Fischnaller, che a 41 anni sfiora il podio. La sorpresa è stato il bronzo di Visintin nello snowboardcross uomini, forse l’uomo copertina (mentre le donne si sprecano) della nostra spedizione.
Skeleton male perché credevamo in Valentina Margaglio, stabilmente tra le prime 5-7 in Coppa del Mondo e solo dodicesima in Cina. Nel bob, combinata nordica, salto con gli sci abbiamo firmato il foglio presenza, mentre cose interessanti e futuribili sono state viste nel pattinaggio di figura e nell’area del freestyle. Daniel Grassl può diventare la sensazione italiana a Milano-Cortina nel singolo uomini del pattinaggio di figura, così come la coppia di danza Guignard-Fabbri potrà solo crescere e migliorare il già ottimo quinto posto finale. Nel freestyle abbiamo già detto di Lauzi e sono da sottolineare anche i risultati di Leonardo Donaggio (classe 2003) nel big air, il decimo di Silvia Bertagna nello slopestyle e quella che poteva essere la prova più sorprendente, perché Lucrezia Fantelli stava volando nello skicross ma è caduta e ha subito un brutto infortunio.
Nel complesso un’Olimpiade sicuramente positiva, piena di medaglie, di momenti in cui potevamo ottenere qualcosa di più, di volti conosciuti e confermati ad altissimi livelli, ma anche di pochissimi volti nuovi – questo fa sperare poco e male per Milano-Cortina 2026 – e troppe polemiche. Dobbiamo iniziare a registrare le cose fin dal ritorno in Italia, altrimenti una regressione casalinga nel 2026 sarebbe uno strazio.