Le prime parole di Kamila Valieva dopo il crollo: scrive una lettera pubblica alla sua allenatrice
Con la cerimonia di chiusura che ha passato il testimone a Milano-Cortina, si sono spenti i riflettori sulle Olimpiadi invernali di Pechino: negli occhi restano imprese sportive meravigliose, ma anche momenti meno edificanti come la vicenda che ha visto protagonista Kamila Valieva. Il dramma umano della reginetta bambina del pattinaggio artistico, finita incastrata in una vicenda di doping che unitamente alla pressione pazzesca per portare a casa l'oro olimpico ha finito per schiacciarla, ha colpito al cuore chi ha assistito alle lacrime della 15enne russa mentre al suo fianco l'allenatrice Eteri Tutberidze mostrava il volto più duro e disumano, accanendosi su di lei per l'insuccesso piuttosto che consolarla.
Ora che le luci si sono spente, che sarà della Valieva? Intanto la sua medaglia d'oro nel concorso a squadre con la Russia – così come quella dell'intero team – è sub iudice per la positività al doping notificatele durante le Olimpiadi ed i tempi della battaglia legale circa la sua assegnazione saranno molto lunghi, anche se la cancellazione del risultato è praticamente certa (l'oro andrebbe agli Stati Uniti). Quanto alla squalifica della pattinatrice di Kazan, essendo atleta ‘protetta' ai sensi del Codice Mondiale Antidoping in quanto minore di 16 anni, potrebbe essere sensibilmente ridotta. Insomma, c'è la possibilità di rivedere Kamila sul ghiaccio tra non molto, nonostante l'acclarato uso della trimetazidina, farmaco che si somministra a chi è malato di cuore, e la palese inconsistenza della sua tesi difensiva che tira in ballo un bicchiere scambiato con quello del nonno contenente la medicina.
Dal canto suo, la ragazza di Kazan ha ripreso la sua vita focalizzata sul pattinaggio come se nulla fosse: tornata a Mosca in mezzo ad una grande accoglienza preparata all'aeroporto per lei, con tanto di cartelli e cori dedicati, dopo poche ore era già ad allenarsi: un video la mostra eseguire senza esitazioni quelle evoluzioni sul ghiaccio che avevano fatto di lei la favoritissima per le Olimpiadi, prima che il crollo emotivo nel concorso libero la facesse cadere rovinosamente sul ghiaccio.
La Valieva ha poi rotto il silenzio postando su Instagram un paio di messaggi e soprattutto il primo è significativo di come veda la sua situazione ed il suo futuro: ovvero intrappolata esattamente nel medesimo meccanismo che l'ha portata al collasso a Pechino. Nessuna voglia di tirarsi fuori da un sistema tossico (e farmacologico) di allenamento, ma anzi pieno sostegno alla sua allenatrice, la chiacchieratissima Tutberidze, sperando in futuro di riprendersi grazie a lei quei successi per i quali è stata addottrinata, prima ancora che allenata, da anni. E pazienza se alcune sue colleghe hanno smesso di pattinare addirittura prima dei 18 anni, bruciando quel corpo di bambine come una candela.
"La mia prima Olimpiade è finalmente finita – si legge nel primo messaggio – e voglio ringraziare coloro che mi hanno portato a questo evento più importante nella vita di un atleta, i miei allenatori: Eteri Georgievna Tutberidze, Sergey Viktorovich Dudakov e Daniil Markovich Gleikhengauz. Siete dei maestri assoluti nel vostro campo! E non solo allenate, ma insegnate anche a superare se stessi, il che aiuta non solo nello sport, ma anche nella vita. Con voi al mio fianco, mi sento protetta e in grado di superare qualsiasi prova. Grazie per avermi aiutato a essere forte".
In un altro post, poi la Valieva ha allargato lo sguardo: "Voglio ringraziare tutti coloro che sono stati con me in questo periodo difficile: chi è stato al mio fianco e non mi ha permesso di perdermi d'animo, chi mi ha inviato messaggi di sostegno, chi stava solo pensando a me, chi ha pregato, chi ha creduto in me. Grazie ai miei tifosi, alla mia famiglia e ai miei amici, ai miei allenatori, all'intera squadra del ROC, al mio Paese e alle persone da tutto il mondo. Grazie a tutti! Lo ricorderò per sempre, vi sarà grata e pattinerò per voi".