La minaccia sugli atleti di Pechino 2022: “Chi critica le leggi cinesi fa la fine di Peng Shuai”
"Se parlano, rischiano di fare la fine di Peng Shuai". Sophie Richardson, direttrice dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch, non usa giri di parole per spiegare cosa potrebbe accadere agli atleti impegnati nelle prossime Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Saranno controllati, spiati. L'intelligenza artificiale sarà lì a dirigere tutte le operazioni di sorveglianza. Ogni conferenza sarà passata al setaccio e blindata. E il controllo sui social sarà capillare, ossessivo. Nulla deve filtrare rispetto alla versione dei fatti impacchettata e messa in scena. Non sono ammesse voci fuori dal coro. Perfino l'utilizzo di una app, "consigliata" agli atleti e ai membri degli staff per aiutare il monitoraggio del Covid-19 ai Giochi, viene considerata come una sorta di escamotage per tracciare ogni movimento.
Il caso della tennista scomparsa misteriosamente dalla vita pubblica dopo aver denunciato di aver subito abusi sessuali dall'ex vicepremier cinese, Zhang Gaoli, viene preso a esempio per chiarire quanto possa essere pericolosa la minaccia di censura. Incombe su coloro che "saranno soggetti a sicura punizione" se terranno comportamenti o faranno dichiarazioni contrarie allo spirito olimpico, alle leggi cinesi, avanzando critiche verso il Governo per difendere il tema dei diritti umani.
Pengu Shuai apparve di nuovo dopo un paio di settimane in video che sembrarono artefatti, poco convincenti: diceva di star bene ma l'impressione è che fosse stata costretto a dirlo. E le parole di Yang Shu, vicedirettore generale delle relazioni internazionali del comitato organizzatore dei Giochi, mettono i brividi addosso, confermano tutte le certezze sulla libertà di espressione che al di là della Grande Muraglia non esiste. "Qualsiasi posizione in linea con lo spirito olimpico sono sicuro sarà protetta e qualsiasi comportamento o discorso contrario, in particolare contro le leggi e i regolamenti cinesi, sarà soggetto a determinate punizioni". Il ritiro dell'accredito sarebbe immediato e, forse, anche la misura meno dolorosa.
Yaqiu Wang, ricercatrice di Human Rights Watch, alza il livello di guardia. Nessuno può dire essere al sicuro se identificato come trasgressore e, più ancora, una sorta di terrorista mediatico: "Le leggi cinesi sono molto vaghe sulle azioni che possono essere compiute per perseguire la libertà di parola". Messaggio forte e chiaro, tant'è che Noah Hoffman, sciatore statunitense che ha parlato a un seminario di Human Rights Watch, s'è detto preoccupato e ha raccontato come la squadra americana stia suggerendo agli atleti della delegazione di non esporsi sui diritti umani per ragioni di sicurezza.