Fischnaller racconta l’isolamento per il Covid dopo la medaglia: “Finestre chiuse, mancava l’aria”
Lo scorso 6 febbraio Dominik Fischnaller ha vinto una meravigliosa medaglia di bronzo nello slittino alle Olimpiadi di Pechino. Il quasi 29enne campione di Bressanone – compirà gli anni tra pochi giorni – si è così rifatto della grandissima delusione di 4 anni prima, quando ai Giochi invernali di Pyeongchang si era piazzato quarto per pochi millesimi. La grande gioia per il risultato che vale una vita sportiva è stata poi appena offuscata dall'immediata positività al Covid, riscontratagli il giorno dopo la prova.
Se da un lato c'è stato il sollievo per non aver dovuto rinunciare alla gara per cui si stava preparando da anni, come sarebbe accaduto se il test fosse risultato positivo appena qualche ora prima, dall'altro lo slittinista azzurro ha dovuto fare i conti con i rigidissimi protocolli di isolamento degli organizzatori cinesi, che erano già stati sperimentati – e raccontati, disegnando un quadro un po' angosciante – dalla velocista di sci alpino Elena Curtoni.
"Quando ho messo piede sull'aereo ho tirato un sospiro di sollievo – è la premessa a La Stampa di Fischnaller, che fa capire quanto abbia sofferto il regime di isolamento nel Covid hotel – Finalmente ero libero, e all'arrivo a Milano ero felice come se avessi vinto un'altra medaglia". L'olimpionico bolzanino racconta come è cominciato questo piccolo incubo dopo la grande gioia del podio: "Uno choc. Dopo aver vinto il bronzo nell'individuale sono tornato al Villaggio, pronto a godermi la festa. Invece al mattino dopo, ecco la doccia gelata. Bussano alla porta. Entrano. Due infermieri mi danno la notizia ‘Lei è positivo. Prenda la valigia e ci segua'. Mi è crollato il mondo".
Dominik Fischnaller è rimasto chiuso in un hotel molto spartano, a dire poco, per 6 giorni: "Un'esperienza che non auguro a nessuno. Il terzo giorno ho avuto una crisi, ne sono uscito grazie alla medaglia. Sì, la guardavo e la riguardavo. Mi ha dato forza. Non potevo far nulla, neppure aprire la finestra. Mi mancava l'aria. Ci servivano i pasti, erano tutti gentili ma la sostanza non cambiava. Eri rinchiuso e il cibo non era neppure gustoso. Sempre lo stesso menù, pasta, un po' di carne e frutta. Mangiavo solo quella, non avevo fame, era una questione nervosa. Ho perso cinque chili, dovrò rimetterli su. Al telefono con la mia famiglia dicevo che andava tutto bene, non volevo che si preoccupassero ma dentro mi sentivo perso…".