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Tania Cagnotto: “Oggi faccio la mamma e studio da mental coach. Prima di una gara pensavo a 3 cose”

A Fanpage.it Tania Cagnotto, la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi, ha parlato del suo sogno olimpico coltivato fin da bambina, del modo in cui si lavora per prepararsi ad un evento di quella portata e di quello che fa oggi.
A cura di Vito Lamorte
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Tania Cagnotto ha partecipato a cinque edizioni dei Giochi Olimpici e svela: "Partecipare ad un’Olimpiade è stato il mio primo sogno nel cassetto". La figlia d’arte, suo padre Giorgio Cagnotto ha vinto numerose medaglie in campo mondiale ed europeo nel corso degli anni settanta, è considerata la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi ed è stata la prima donna italiana ad aver conquistato una medaglia mondiale nei tuffi femminili, oltre ad essere la tuffatrice europea con più podi accumulati nella sua carriera.

Una vera e propria leggenda dello sport italiano e internazionale. Tania nella sua carriera ha vinto 46 titoli italiani, 29 Europei (con 20 medaglie oro) e 10 Mondiali (con un oro). All'appello mancava solo la medaglia olimpica e, dopo la delusione di Londra, è arrivata ai Giochi olimpici 2016 a Rio de Janeiro.

Tania Cagnotto lavora con la Federnuoto e ha appena finito di studiare per diventare mental coach: "È una cosa che mi ha sempre incuriosito e affascinato l’aspetto mentale in un’atleta, e siccome ho lavorato tanto con la mia psicologa negli anni mi piace l’idea di poter aiutare i ragazzi a superare qualche difficoltà che ho avuto anche io".

A Fanpage.it la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi ha parlato del suo sogno olimpico coltivato fin da bambina, del modo in cui si lavora per prepararsi ad un evento del genere e di quello che fa oggi.

Cosa fa oggi Tania Cagnotto.
"Faccio la mamma e collaboro con la Federazione Nuoto e con la Bolzano Nuoto. Ho appena finito di studiare per diventare mental coach. È una cosa che mi ha sempre incuriosito e affascinato, l’aspetto mentale in un’atleta, e siccome ho lavorato tanto con la mia psicologa negli anni mi piace l’idea di poter aiutare i ragazzi a superare qualche difficoltà che ho avuto anche io. È quello che faccio un po’ con la federazione e ho voluto fare questo corso per avere qualche strumento in più".

Le manca un po’ la vita d’atleta?
"Sicuramente un po’ mi manca anche se ora sarebbe impossibile fare quello che ho fatto prima. Ho altre priorità, sono diventata mamma, però mi manca un po’ quella routine, i viaggi, la squadra e un po’ anche la spensieratezza che avevo. Però non mi manca l’adrenalina e la pressione che avevo".

La vedremo mai nelle vesti di allenatrice o è un percorso che non le interessa?
"Non lo escludo che possa fare l’allenatrice un giorno. Al momento non me lo permettono gli orari ma, avendo due bambine piccole, devo aspettare un attimo che siano più autonome e poi, magari, prenderò il mio gruppetto di bambini e magari inizierò ad allenare".

Cosa rappresenta per un’atleta partecipare alle Olimpiadi?
"Partecipare ad un’Olimpiade è stato il mio primo sogno nel cassetto. A 13-14 anni le sognavo perché sapevo che ci sarebbe stata Sydney, quello è stato il mio primo vero sogno. Andarci è stata la cosa più bella che mi potesse succedere e mi ha dato quella spinta giusta per continuare in modo ancora più serio dopo".

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Qual è il suo ricordo più bello dei Giochi?
"Ogni Olimpiade è stata diversa e bella per diversi motivi. La prima è stata quella più spensierata perché sono arrivata lì senza nessuna pressione e per me era più importante farmi firmare gli autografi da atleti famosi, tingermi i capelli di blu al Villaggio olimpico e collezionare spillette. Era giusto così a 15 anni. Poi c’è stata Atene, che è stata quella meno significativa per me; e poi c’è stata Pechino, dove iniziavo a pretendere qualcosa in più da me e volevo entrare in finale perché in Cina i tuffi sono sport nazionale. Londra, ovviamente, è stata la più sofferta e il momento più duro della mia carriera. Infine Rio la più bella, la ciliegina sulla torta, la più affascinante ed emozionante. Vedevo tutto bello, erano venuti i miei amici da Bolzano a vedermi… stupenda".

Ci racconta i momenti prima dell’esecuzione di un tuffo importante: a cosa si pensa in quei secondi?
"Io cercavo di limitare i pensieri a tre cose, sennò andavo in confusione: avevo una sorta di paraocchi invisibile e non volevo farmi distrarre da niente e da nessuno. Cercavo di pensare al minor numero di cose possibili".

Dal 2013 in poi, nei grandi appuntamenti internazionali (Olimpiadi, Mondiali ed Europei), Tania Cagnotto ha vinto diciannove medaglie sulle ventuno a disposizione: come si fa ad arrivare pronti, sia fisicamente che mentalmente, a manifestazioni così importanti?
"Per arrivare pronti ad ogni gara all’inizio dell’anno si fa un’agenda col preparatore atletico e più di due appuntamenti importanti non li puoi mettere. Metti delle priorità e lavori per quello. Le altre gare diventano una sorta di riscaldamento e uno si basa per tutta la preparazione su quello. Ovviamente possono esserci degli intoppi, degli infortuni e le cose non vanno come previsto: in quei momenti subentra la forza mentale e bisogna cambiare approccio".

Quanto e se le è pesato essere figlia di due atleti formidabili come Giorgio Cagnotto e di Carmen Casteiner.
"I miei genitori non mi hanno mai fatto pesare niente. Anzi, il fatto che mio papà è stato uno dei più grandi tuffatori della storia l’ho scoperto dagli altri. Io da loro non ho mai scoperto nulla e hanno cercato di tutelarmi in tutti modi. Una volta questo era ancora possibile mentre se le mie figlie dovessero fare tuffi saprebbero tutto e subito. In questo sono stata molto fortunata per come mi hanno educata e i valori che mi hanno dato".

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Il suo nome è nella Walk of Fame del Foro Italico: cosa vuol dire essere nella storia dello sport italiano.
"Essere nella Walk of Fame mi ha dato veramente tanto orgoglio e sono veramente contenta che mi abbiano riconosciuto questo premio. Mi emoziona e mi fa molto piacere".

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