La nuotatrice transgender Lia Thomas nel mirino: “Non è giusto cambiarci con chi ha parti diverse”
Non accennano a diminuire negli Stati Uniti le polemiche intorno a Lia Thomas, nuotatrice transgender che nel marzo scorso è diventata la prima atleta trans a vincere un campionato nazionale NCAA Division I (il più alto livello universitario) in qualsiasi sport, essendosi imposta nelle 500 yard stile libero femminili. La 23enne, cresciuta come Will Thomas, ha iniziato a nuotare a 5 anni ottenendo buoni risultati nelle gare maschili, finché – quando stava completando il liceo – ha capito che la sua identità di genere non corrispondeva al sesso biologico.
Nel 2018, dopo il primo anno all'Università della Pennsylvania, Lia si è dunque dichiarata transgender e ha potuto competere nelle gare femminili, come permesso dalle regole dello sport NCAA. Il passaggio peraltro non è stato immediato, conseguenza in primis del suo tormento nel cominciare la terapia ormonale. Lia ha raccontato di aver rimandato la terapia ormonale sostitutiva perché pensava che avrebbe posto fine alla sua carriera nel nuoto: l'avrebbe indebolita e aumentato il suo tempo di recupero dopo gli allenamenti. Tuttavia aveva bisogno di iniziare la terapia per sfuggire alla disperazione che la stava trascinando in un abisso: lo ha fatto nel maggio 2019.
"Ho fatto la terapia ormonale sostitutiva sapendo e accettando che avrei potuto non nuotare più – ha detto a Sports Illustrated – Stavo solo cercando di vivere la mia vita". La terapia ormonale ha migliorato la salute mentale di Lia quasi immediatamente: "Mi sono sentita mentalmente molto meglio, il sollievo che mi ha dato è stato fondamentale". La Thomas a quel punto voleva competere con le donne, ma aveva bisogno di un anno di terapia ormonale sostitutiva prima di ottenere l'idoneità. Volendo comunque continuare a nuotare, ha scelto di farlo ancora con gli uomini.
Gli effetti della terapia ormonale sul suo corpo hanno mostrato tuttavia che non riusciva più a tenere il passo nelle gare maschili. Will Thomas era un nuotatore di vertice al liceo e ha continuato a nuotare ad alto livello anche all'università, ottenendo tre secondi posti in gare del campionato Ivy. Ma la terapia ormonale sostitutiva ha ben presto limitato la sua possibilità di competere con gli uomini. Due anni dopo aver iniziato la terapia, Lia è entrata a far parte della squadra femminile dell'università. Ha detto che si era rimpicciolita di circa un pollice (due centimetri e mezzo) e aveva notato una ridistribuzione del grasso intorno al suo corpo.
Il suo impatto col nuoto femminile a livello universitario è stato pari a un tornado: Lia ha sbaragliato la concorrenza, suscitando qualche malcontento da parte di chi non ritiene giusto che gareggi con le donne, alla luce del fatto che ha avuto la pubertà come un uomo, con tutti i vantaggi che si porterebbe tuttora dietro. Secondo uno studio della Marquette University, la soppressione ormonale non cancella quei vantaggi acquisiti durante la pubertà: conformazione fisica (ossa più lunghe) ed organi interni (cuore e polmoni) oppure arti (piedi e mani) di dimensioni maggiori. "Cerco di ignorarlo il più possibile – replica Lia – e di concentrarmi sul mio nuoto".
Le proteste di alcune avversarie di Lia non riguardano solo il fatto che gareggi nelle competizioni femminili, ma anche che condivida lo spogliatoio con le altre ragazze. Negli scorsi mesi un'inchiesta del Daily Mail ha svelato che alcune delle compagne di squadra di Lia si sentivano a disagio con lei negli spogliatoi a causa dei suoi genitali maschili. Lia infatti deve ancora subire un intervento chirurgico di riassegnazione di genere e la sua transizione è al momento sostenuta solo dalla terapia ormonale, mettendo a disagio alcune delle ragazze che condividono lo spogliatoio con lei.
"È decisamente imbarazzante perché Lia ha ancora parti del corpo maschili – ha detto al Daily Mail un'anonima collega nuotatrice – È davvero sconvolgente, perché a Lia non sembra importare come fa sentire qualcun altro. Ci è stato praticamente detto che non possiamo ostracizzare Lia escludendola dagli spogliatoi e che non c'è niente che possiamo fare al riguardo". Chi ci ha messo la faccia è un'altra nuotatrice avversaria di Lia, Riley Gaines, che si è sfogata dopo che la Thomas è stata inclusa nelle nomination per il premio di NCAA Woman of the Year, ovvero atleta femminile dell'anno a livello universitario.
La Gaines, un'atleta dell'Università del Kentucky, è anche lei in lizza per il prestigioso premio e ci è andata già dura: "Questo è l'ennesimo schiaffo in faccia alle donne – ha twittato qualche settimana fa – Prima un titolo nazionale femminile e ora la nomination per il più alto riconoscimento negli sport universitari. La NCAA ha reso questo premio inutile". Poi ha Riley Gaines ha rincarato la dose qualche ora fa in televisione. La nuotatrice del Kentucky ha detto di sentirsi "estremamente a disagio" per la presenza della transgender Lia nello spogliatoio femminile. Non ritiene giusto doversi cambiare "con qualcuno che ha parti diverse".
"Non era qualcosa di cui eravamo state avvertite, qualcosa che penso non fosse comunque giusto, cambiarsi in uno spogliatoio con qualcuno che ha parti diverse – ha detto a Fox – Non solo dobbiamo competere con un uomo, siamo costrette a cambiarci con uno negli spogliatoi. Stiamo sedute lì senza sapere con chi parlare, con chi lamentarci… tutto questo è successo dietro le quinte e in silenzio". Riley Gaines si era già lamentata della situazione lo scorso aprile a propositivo della diversa competitività della Thomas: "Abbiamo a che fare con qualcosa che è totalmente fuori dal nostro controllo quando siamo in competizione, uomini biologici. Hanno capacità polmonare, altezza, livelli di testosterone diversi, anche se hanno usato o meno bloccanti del testosterone, questo non toglie la pubertà che ha un uomo. Soprattutto Lia che ha nuotato per tre anni da uomo".
Il caso di Lia Thomas ha completamente diviso il mondo del nuoto e degli sport in generale negli Stati Uniti. Se c'è chi critica apertamente la sua partecipazione alle gare femminili, come la Gaines, altri sono pronti a battagliare in difesa dell'uguaglianza e dell'inclusione in queste discipline. La questione è arrivata anche al livello più alto e il mese scorso la Federazione Internazionale di Nuoto, l'organo di governo del nuoto mondiale, ha di fatto dato ragione al partito dei contrari, decidendo di vietare a tutte le nuotatrici transgender che iniziano la transizione dopo aver superato la pubertà la partecipazione a eventi ‘élite' femminili.
Dopo il titolo NCAA vinto a marzo, ormai per Lia la carriera universitaria è terminata. Con la decisione presa dalla FINA, sarà molto difficile rivederla in futuro in piscina in un contesto agonistico. Ma in fondo ci sono cose molto più importanti, come spiegò quando cominciò ad usare il nome Lia Catherine Thomas nel 2020: "È una pietra miliare in un lunghissimo processo di transizione in cui sento che questo è quello che sono e lo vivrò. In un certo senso è stata una sorta di rinascita, per la prima volta nella mia vita, sentirmi completamente connessa al mio nome e a chi sono".