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Ibrahim Al Hussein, il rifugiato siriano senza una gamba che vuole le Olimpiadi di Tokyo

Ibrahim Al Hussein è un ragazzo siriano di 32 anni che ha perso una gamba in un bombardamento nel 2012 ma segue il suo sogno olimpico e punta i Giochi di Tokyo dell’estate 2021. Dopo essere stato porta bandiera alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, ora si allena quotidianamente per far parte dei sei atleti che formeranno la squadra dei rifugiati paralimpici in Giappone dal 24 agosto al 5 settembre.
A cura di Vito Lamorte
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"Niente è impossibile". Sono queste le parole di Ibrahim Al Hussein, atleta di origini siriane di 32 anni che punta alle Paraolimpiadi di Tokyo dal 24 agosto al 5 settembre. Questo ragazzo ha perso una gamba e ha un impianto di metallo inserito nell’altra in seguito a un bombardamento in Siria nel 2012 ma segue il sogno olimpico come ogni atleta. Il ragazzo classe 1989 è cresciuto con i suoi 13 fratelli fino al 2011, l'anno in cui è scoppiata la guerra civile che ancora oggi sta devastando il suo paese.

Nel 2014 è arrivato in Grecia su un gommone con altre 80 persone, dopo un breve passaggio in Turchia, e lì ha ricevuto gratuitamente una protesi per la gamba mancante: dopo questa operazione Ibrahim ha iniziato a competere a livello professionale e ora per lui nuotare nella piscina dell’Aquatic Olympic Centre di Atene è una cosa normalissima. Dopo aver nuotato a lungo contro corrente, Ibrahim ora si allena quotidianamente per far parte dei sei atleti che formeranno la squadra dei rifugiati paralimpici alle Olimpiadi di Tokyo.

L'atleta ha raccontato la sua vicenda ai microfoni di France Presse: "Se fossi rimasto nel mio paese sarei morto c’è molta carestia. Questo è il motivo per cui ho deciso di lasciare la Siria. Se avessi ancora le gambe, il mio sogno era di partecipare alle Olimpiadi, ma non ci sono riuscito. Quando ho perso le mie gambe e ho iniziato ad allenarmi e a nuotare, sono riuscito a qualificarmi per le Olimpiadi. Ci sono riuscito senza gambe, con le gambe non ci sono riuscito".

Quando aveva 15 anni, Al Hussein, era molto attento alle grande imprese di Ian Thorpe e Michael Phelps e dalla sua casa di Deir ez-Zor proiettava il suo sguardo sul mondo. Ibrahim ha imparato a nuotare in 5 anni ma ha abbandonato il suo paese per la terribile guerra che lo sta dilaniando: "Dopo cinque o sei anni molto duri, ho dimenticato tutto il dolore e le sofferenze nel momento in cui ho tenuto la bandiera a Rio (per il team degli atleti paralimpici indipendenti). Mi ha portato tanta gioia e felicità".

"Sono nato una seconda volta” dice Ibrahim Al Hussein, che è stato portabandiera dei Giochi di Rio nel 2016 della prima squadra di rifugiati mai creata per un'Olimpiade e ora vuole prendersi il suo sogno.

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