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Federica Pellegrini voleva morire per quelle foto: “Tutti mi guardavano, truccata come una pu**ana”

Nella sua autobiografia Federica Pellegrini racconta un momento drammatico della sua vita, che nessuno poteva sospettare fosse presente dietro la facciata della campionessa medagliata: la bulimia e la dismorfia diventarono i suoi incubi. La battaglia col suo corpo esplose in occasione di un set di foto: “Una violenza che mi umiliava. Volevo solo sprofondare, sparire, morire”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Negli ultimi due mesi Federica Pellegrini è stata sotto i riflettori per la sua partecipazione a Pechino Express, reality in cui è arrivata seconda assieme al marito Matteo Giunta. I giorni delle gare e dei successi sportivi sono lontani per la 34enne campionessa veneta, la cui nuova vita è comunque farcita di tante cose, tra il mondo della TV e quello della moda. Che la Divina avesse un appeal che le poteva schiudere altre opportunità lo si era intuito fin da giovanissima e tuttavia quello che non si sapeva – che nessuno poteva sapere – è che quella fisicità così importante era vissuta in maniera drammatica all'epoca dalla diretta interessata.

Federica Pellegrini col marito Matteo Giunta
Federica Pellegrini col marito Matteo Giunta

Anzi in maniera patologica: dismorfia e bulimia sono le due parole che Federica usa per descrivere quella pagina buia della sua vita, quando nel 2005 aveva appena 17 anni. Il racconto crudo di quel periodo, che già la vedeva stella del nuoto mondiale con le medaglie d'argento vinte alle Olimpiadi di Atene e ai Mondiali di Montreal, è contenuto nelle pagine dell'autobiografia "Oro" in uscita in questi giorni: "Da qualche mese, poco dopo essermi trasferita a Milano, avevo cominciato a ingozzarmi di cibo. Ero capace di far fuori chili di gelato seguiti da svariate tazze di cereali una dietro l'altra. La sera, dopo aver mangiato tutto quello che potevo durante il giorno, vomitavo. Lo facevo sistematicamente, ogni sera prima di andare a dormire, quando il ricordo di tutto il cibo ingurgitato aumentava il senso di colpa".

"Vomitare era un po' come ripulirsi la coscienza e anche la mia maniera di metabolizzare il dolore – continua il racconto di Federica, che viveva tutto questo senza che nessuno potesse neanche sospettarlo – Si chiama bulimia ma io non lo sapevo. La bulimia per me non era il problema, era la soluzione. Il mio modo di dimagrire senza sacrifici mangiando tutto quello che volevo. Certo, una parte di me intuiva che era un segnale, che stavo cercando di toccare il fondo perché mi fosse evidente che avevo preso una direzione sbagliata. Ma più mi vedevo grassa e più mangiavo. Tanto ormai ero lontanissima da come avrei voluto essere. L'unica cosa che potevo fare era andare avanti così. Alla fine qualcuno se ne sarebbe accorto e mi avrebbe fermato, pensava una parte di me".

La campionessa sul podio dei Mondiali di Montreal nel 2005: vinse l'argento nei 200 stile libero
La campionessa sul podio dei Mondiali di Montreal nel 2005: vinse l'argento nei 200 stile libero

Quell'essere "lontanissima da come avrei voluto essere" era l'altra faccia del problema, che divenne drammaticamente evidente in una circostanza che si sarebbe verificata di lì a poco: "Nel frattempo continuavo a mangiare – si legge nell'anticipazione del libro pubblicata da Repubblica – Un giorno vengo convocata da Gérard Rancinan per SportWeek. Avrebbe fotografato alcuni atleti fuori dal loro ambiente naturale. Li avrebbe trasformati in animali, maschere, modelli. Per me aveva immaginato una maschera veneziana. Mi truccano, con la biacca sul viso e la bocca a cuore. Mi infilano una parrucca bionda, i gioielli, i tacchi. Ci mettiamo due giorni per via di questi trucchi teatrali che erano complicati e lunghi da realizzare. Indosso sempre il costume da gara o il bikini. La seduta fotografica è estenuante e io mi trovo in costante imbarazzo. L'unico pensiero che ho in quei due lunghissimi giorni è che voglio scappare. Ora, subito, con questo maledetto trucco da damina in faccia. Scappare veloce senza voltarmi indietro e non farmi vedere mai più. Invece resto e mi faccio fotografare, faccio tutto quello che mi chiedono. Perché io sono seria, io sono un soldato".

Poi arrivò il giorno della presentazione delle foto, un evento in pompa magna che fu vissuto in maniera angosciante da Pellegrini: "Ho il panico. So già che non mi piacerà. Per passare inosservata non mi trucco, mi metto una camicia e un paio di jeans sformati, mi lego i capelli con l’elastico per mortificarmi. Entro nella sala ed è peggio di quanto avessi immaginato. Appese alle pareti ci sono le foto. Enormi. Gigantografie. Un incubo. Rimango pietrificata, vorrei coprirle in qualche modo, soprattutto quelle con il bikini in cui non vedo altro che i rotoli di grasso sulla pancia. Le pose languide, la seduzione, vorrei solo sprofondare, sparire, morire. E invece tutti mi guardano, è pieno di gente che vede quella che a me sembra una povera ragazzina grassa e brufolosa, truccata come una puttana, mezza nuda. Io sono un'atleta, perché mi hanno trasformato in una femme fatale? Ho solo diciassette anni, sono minorenne: a prescindere dalla mia condizione fisica, quella sessualizzazione del mio corpo è una violenza, mi umilia ed è assolutamente fuori luogo".

Federica Pellegrini oggi a 34 anni: una donna realizzata e in pace con se stessa
Federica Pellegrini oggi a 34 anni: una donna realizzata e in pace con se stessa

Federica non poté fare a meno di notare la differenza di trattamento con un'altra campionessa dello sport italiano di quel periodo: "Fiona May è ritratta come una pantera, bellissima. Sul punto di scattare, piegata sulle gambe. È una foto famosa, lei è praticamente nuda ma nemmeno la noti la sua nudità, noti solo la potenza. Riconduci subito la foto al suo gesto atletico, al fatto che sia un'atleta che corre, salta. Il suo corpo, per quanto nudo, è il corpo di una persona pronta alla caccia, alla gara. Ero forse una dama veneziana nuda e con i tacchi, io? Guardando le mie foto nessuno avrebbe pensato che io fossi una nuotatrice. Cosa c'era di sbagliato in me? Perché davo agli altri un'immagine così diversa da quella che ero? Forse ero troppo formosa, non avevo un corpo da atleta? Tradotto nel mio linguaggio della disperazione, ero un ammasso di ciccia? In quel caso avevo quindi ragione: dovevo vomitare tutto. La mia medicina per smettere di essere la donna che gli altri vedevano e che non ero io. In quegli anni io mi vedevo un mostro. Dismorfia. È la malattia per cui non riesci a vederti come sei davvero. Lo specchio riflette l'immagine prodotta dal tuo inconscio, dalle tue ossessioni. Quella che vedi non sei tu, ma la proiezione della tua paura, della tua insicurezza".

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