Federica Pellegrini a Fanpage.it: “Le gare non mi mancano. E no, non ho rosicato per i Mondiali”
Scrivere la storia non è da tutti. Di questo Federica Pellegrini ne è ben cosciente adesso, ma quando ha iniziato non aveva la stessa percezione. Un conto è viverla da fuori e un conto è essere parte di una enorme pagina dello sport italiano e mondiale. La ragazza classe 1988 di Mirano non è stata solo una delle sportive italiane importanti di sempre, ma con il passare degli anni è diventata una vera e propria icona e simbolo per una generazione.
La più forte nuotatrice della storia azzurra ha vinto 19 medaglie mondiali e due medaglie olimpiche ed è l'attuale detentrice del record del mondo nei 200 stile libero. La Divina è stata sempre sotto i riflettori, da quando fece il suo esordio come staffettista nella 4 x 100 stile ai mondiali di Barcellona del 2003, ma il suo è stato un percorso fatto di sacrifici, rinunce, sudore e fatica che ha portato a grandi vittorie e a momenti di difficoltà da cui è riuscita sempre a uscirne a testa alta. Da qualunque lato la si prenda, la carriera della Pellegrini è qualcosa di irripetibile.
Dallo scorso autunno per la Pellegrini si è aperta una nuova pagina tutta da scrivere e lo farà con Matteo Giunta, suo ex allenatore e futuro marito. A Fanpage.it ha parlato della sua carriera, ripercorrendo vari momenti e analizzando anche i motivi del suo ritiro dopo Tokyo, soffermandosi sul nuovo corso del nuoto azzurro e sul ruolo come membro del CIO.
Federica, da dove cominciare? A Budapest si è tenuto il primo Mondiale di nuoto senza di lei.
"Ma la carriera mi manca meno di quanto si pensi: l’acqua resta il mio elemento naturale, ma ho preso la decisione giusta al momento giusto e non ho rimpianti. Volevo fare altro e la mia storia con il nuoto agonistico si era conclusa, ho avuto la tentazione di tirare fino agli Europei di Roma, perché amo l’atmosfera di quell’impianto, ma poi ho capito che non avrei avuto la forza di continuare per tanti mesi ancora".
Come vede la squadra azzurra in vista degli Europei?
"Molto bene, abbiamo una generazione straordinaria, un mix fra veterani e giovani che potrebbe regalarci un bottino di medaglie indimenticabile. Voglio andarli a vedere anche perché il tifo di Roma non si batte e la piscina è stupenda!".
A Tokyo ha nuotato la finale in 1'55:91 e con questo tempo avrebbe preso la medaglia di bronzo ai Mondiali: non ha ‘rosicato’ nemmeno un po’?
"Più che altro è stato strano vedere tempi così alti, a me non è mai capitato di fare gare con crono come questi. Comunque no, non ho rosicato, qualche soddisfazione ai Mondiali me la sono presa".
Lamberti, Pellegrini, Ceccon: cos’ha di speciale la piscina di Verona?
"È una splendida struttura, ma poi sono importanti le persone: atleti e allenatori. Sono felice che la tradizione continui!".
Nel periodo in cui c’è la rana più veloce di sempre, Martinenghi ha piazzato un oro straordinario: che margini di crescita ha questo ragazzo?
"Avevo detto alla vigilia che mi aspettavo grandi cose e non mi ha deluso, è un campione e può regalarci ancora soddisfazioni incredibili".
Benedetta Pilato si è rifatta da alcune critiche con un oro nei 100 davvero pazzesco: che consigli le daresti per isolarsi dal mondo esterno?
"Benedetta è un grande talento, è stata precocissima e questo può comportare qualche battuta d’arresto fisiologica. Questo oro mondiale è la sua rivincita, deve ripartire da qui e non farsi condizionare dai commenti. Ha davanti una carriera importante".
Oggi ha un ruolo importante all'interno dal CIO. Come si sta approcciando?
"Con grande senso di responsabilità e lo stesso impegno che ho messo da atleta. C’è tanto da fare e mi sono candidata perché voglio dare un contributo concreto, soprattutto sulla crescita complessiva dello sport femminile. C’è un gap da colmare, ma non ho problemi a rimboccarmi le maniche e lavorare duro".
‘È da quando avevo 15 anni che la gente si aspettava da me grandi imprese'. Cosa vuol dire per una giovane atleta sentire il peso della responsabilità?
"Sono esplosa giovanissima, la pressione è stata la mia compagna di viaggio, nel bene e nel male; ha rischiato anche di schiacciarmi, ma alla fine ce l’ho fatta. Certo, quando sei adolescente, età complessa già normalmente, il rischio di farsi travolgere è davvero alto. Ci vogliono scelte giuste e un ambiente che ti sappia proteggere e guidare".
La bulimia attraversata durante l’adolescenza non era di dominio pubblico fino all’uscita del documentario: che messaggio lancerebbe alle ragazze su questo tema?
"Viviamo in un’epoca dove il culto dell’immagine e di una perfezione, quasi irreale, sono dominanti. Il messaggio fondamentale da passare è quello di accettarsi, ma mi rendo conto che, soprattutto per certe fasce d’età, può essere davvero complesso. Non ho una ricetta sinceramente, trovare il proprio posto nel mondo e vivere serenamente i cambiamenti del proprio corpo è una conquista difficile, che si raggiunge poco a poco, col sostegno di chi ti vuole bene".
‘Gli uomini che contano sono quelli che non hanno bisogno di cose da uomini': in che modo si deve combattere il sessismo nel mondo dello sport?
"Il problema forse non è il sessismo nello sport, ma nella società in generale. Lo sport, purtroppo, non fa eccezione. Si combatte rivendicando il diritto delle donne a non essere considerate inferiori. È incredibile che nel 2022 si debbano ancora combattere certe battaglie, ma è evidente che siamo ancora indietro e la cultura maschilista è ancora dominante".
Perché una parte della critica non ha perdonato alcune sconfitte a Federica Pellegrini?
"Più vinci, più sei famoso e più ci sarà gente che non aspetterà altro che cadi. È una cosa fastidiosa ma bisogna conviverci, in Italia il successo non viene perdonato".
Quanto è stato importante Alberto Castagnetti per la carriera di Federica Pellegrini?
"Fondamentale, senza di lui non so la mia carriera come sarebbe stata. Mi ha recuperato nel momento più difficile e con lui ho dato la svolta vincendo l’Oro ai Giochi Olimpici di Pechino e poi facendo la doppietta ai Mondiali di Roma nel 2009. La sua scomparsa è stata un trauma, ci ho messo un po’ a metabolizzarla, resterà una delle figure più importanti della mia vita".
Qual è la vittoria a cui è più affezionata? E perché?
"Faccio fatica a segnalarne una sola, per fortuna sono state tante. Sicuramente Pechino 2008 e Roma 2009 sono eventi che rappresentano il momento in cui il mio percorso sportivo è salito di livello. In 2 anni sono diventata campionessa olimpica, mondiale (anche nei 400), peraltro con doppio primato del mondo. Meglio di così sarebbe stato impossibile".
Che effetto fa essere fonte di ispirazione per tante altre persone?
"È una responsabilità e un onore, a volte gli sportivi non si rendono conto di quante persone li guardino e traggano ispirazione dalle loro gesta. L’importante è rimanere umili ed essere disponibili quando incontriamo le persone che ci amano e ci seguono".
Sarà possibile vedere Federica Pellegrini a bordo vasca come coach delle nuove generazioni?
"Al momento lascio volentieri questo compito a Matteo (Giunta, ndr), ma un motto della mia vita è “Mai dire mai'".