Domenico Acerenza a Fanpage.it: “Tutti devono poter fare sport, anche al Sud. Ora sogno Parigi”
Spesso e volentieri quando si raccontano storie che arrivano dal Mezzogiorno troviamo sempre accostato il termine ‘rivincita’. Ma non tutte le storie sono uguali, anzi. Quello di Domenico Acerenza, ad esempio, è una storia di costanza e di passione che lo ha portato dalla Basilicata al tetto d’Europa grazie alla sua volontà e alla determinazione di mostrare a tutti le sue qualità. La medaglia d’oro nella 10 km di Ostia, valida per gli Europei di nuoto di fondo 2022, è stata la definitiva consacrazione ma il classe ’95 sta raccogliendo soddisfazioni da tempo con riscontri di grande rilievo già ai Mondiali e agli Europei dello scorso anno.
“Voglio fare ancora tanto” dice Acerenza, che ora ci ha preso gusto e non ha nessuna intenzione di fermarsi: adesso il suo obiettivo è andare a Parigi, per provare a imporsi ai Giochi Olimpici. Il fondista lucano è salito sul trono d’Europa con lavoro e umiltà, lasciandosi alle spalle anche momenti complicati ma che lo hanno aiutato a crescere.
Dai Giochi del Mediterraneo a Tarragona del 2018 fino alla vittoria nella 10 km al Fina Marathon World Series a Lac Mégantic alla fine di agosto passando per la Cina, la Scozia, la Corea del Sud, l'Ungheria, il Giappone e gli Emirati Arabi: un viaggio lunghissimo che, però, sembra essere solo agli inizi e l'ultimo Europeo ne è la conferma.
Domenico Acerenza a Fanpage.it ha parlato del suo percorso, partendo dagli inizi e sottolineando anche le difficoltà fino al trionfo europeo e al sogno olimpico.
Che momento è questo per Domenico Acerenza: il 2022 è l’anno della sua consacrazione?
"Sia a livello sportivo che a livello privato ho trovato il mio equilibrio e probabilmente questo è il momento migliore della mia carriera. Agli occhi di tutti sicuramente è così ma non lo è per me perché voglio fare ancora tanto. Sono dei passaggi da fare come questi ma ci sono ancora diversi obiettivi che voglio raggiungere. Il fatto che c’erano tanti appuntamenti mi hanno avvantaggiato: solitamente non è così per il nostro sport ma l’accavallarsi di tante manifestazioni mi ha fatto tenere sempre alta la concentrazione, la motivazione e il livello di competitività".
Qual è stato il primo incontro con l’acqua per Domenico Acerenza?
"Sì, me lo ricordo ma mi devo documentare su dov’era questa piscina. Era tra Atena Lucana e Sala Consilina, era molto piccola e ho chiaramente in mente il momento in cui sono entrato. Non ci siamo andati molto, probabilmente anche per questo non la ricordo bene, perché poi aprì quella di Satriano di Lucania, che era una struttura nuova ed è diventata una sorta di seconda casa".
Dalla piscina di Satriano al tetto d’Europa: che percorso è stato il suo?
"Io sono stato fino al 2016 a Satriano prima di andare a Napoli. Quando non mi qualificai per gli Europei di Londra e presi la decisione di cambiare aria perché credevo nelle mie potenzialità. Non potevo fermarmi ma non avevo le possibilità. Io amo la Basilicata e non volevo andare via ma ho dovuto fare una scelta. Quindi sono andato a Napoli, al circolo Canottieri, e poi al centro federale a Roma".
Quanto è complicato emergere al Sud, dove non sempre ci sono le infrastrutture adatte per portare avanti la propria passione?
“Sicuramente è stato un percorso duro. Io l’ho fatto sempre con grande spensieratezza, mi è sempre piaciuto viaggiare e conoscere, ma essendo sprovvisti di strutture qui in Basilicata eravamo sempre in trasferta. Non c’erano feste o altro che fermavano questa passione. I miei genitori mi hanno accompagnato ma non mi hanno mai messo pressione o altro, la loro vittoria credo sia stata quella di veder il figlio che faceva sport e si divertiva. I risultati sono stati sempre secondari e spesso non ne parlavamo della gara. Mio padre era ed è il mio primo fan ma non mi ha mai fatto pesare nulla, sia nel bene che nel male. Mi piace vederli felici dopo tanti sacrifici e continuerò a lavorare per loro e per chi mi sta vicino da sempre. Per quanto riguarda le strutture, è proprio così. Io non sarei mai andato via dalla Basilicata, perché adoro quello stile di vita tranquillo e senza stress ma non ho avuto scelta. Ognuno deve fare il suo lavoro, quindi non mi sostituisco a nessuno, ma credo ci sia bisogno di un occhio di riguardo verso le nostre zone in questo senso. Tutti devono avere la possibilità di fare sport, anche al Sud".
Cosa rappresentano per lei Vito Santarsiero e Lello Avagnano?
"Vito è il mio allenatore storico, il mio primo allenatore. Lui mi ha insegnato a nuotare e mi ha trasmesso la passione per il nuoto e lo sport in generale. La mia formazione la devo tutta a lui, sia a livello sportivo che umano. Lello è stato fondamentale perché dopo aver mancato la qualifica agli Europei era un po’ in crisi ma mi ha aiutato tanto perché oltre ad essere un grande allenatore è un bravo mental coach in maniera inconsapevole. Sono due persone molto simili e mi hanno dato tanto. Credo siano stati molto più che allenatori per me".
Quando e perché ha deciso di passare dalla piscina alle acque libere?
"Il mio primo approccio alle acque libere è stato a Napoli e provai con alcuni ragazzi che già lo facevano, ma non la vedevo come una cosa a tempo pieno. Era marginale rispetto agli allenamenti in piscina. Nel 2019, quando andai a Roma, ho ricevuto la proposta di fare una 5 km a Miami per poter valutare se ero in grado di poter gareggiare al Mondiale di Gwangju che era lo stesso anno. Accettai, per la curiosità di viaggiare e scoprire cose nuove, e la gara andò bene. C’era anche Greg (Paltrinieri, ndr) con me e subito dopo c’erano i campionati italiani. Li vinsi e da quel momento è iniziato tutto".
Cosa cambia dalla piscina alle acque libere?
"Non cambia molto in realtà, è sempre nuoto. Quello che cambia è tutto ciò che sta intorno: non avendo la corsia ci sono gli altri atleti vicini, poi c’è il gioco delle scie, che è molto importante, e bisogna saper mantenere una rotta. Non si può programmare nulla prima e c’è bisogno di un grande spirito di adattamento. È fatto per persone con più sangue freddo, perché devi decidere in pochissimi istanti tutto. Chiaramente sono fantastici entrambi, inutile fare classifiche".
Quando ha visto suo padre che le veniva incontro a Ostia cosa ha pensato?
"Ho pensato ‘Adesso cade in acqua e perde tutto’. Ero super contento di vederlo e abbracciarlo ma lo stesso vale per mia madre, i miei zii e la mia ragazza: tutti hanno contribuito alla mia formazione e al mio percorso in questi anni. Ho abbracciato mio padre in diretta ma è come se avessi abbracciato tutti in quel momento. È stato bellissimo perché è stata una vittoria inaspettata ed è stato tutto fantastico".
Segue altri sport?
"Tutti gli sport tranne il calcio. Mi piacciono la Formula 1, la MotoGP e il tennis. Sono un amante della NBA e simpatizzo per Phoenix. È difficile scegliere una squadra per cui tifare con tutti quei fenomeni ma andammo a vedere una partita a Phoneix e mi piacque moltissimo, così scelsi di tifare per loro”.
Quali sono i progetti di Domenico Acerenza per il prossimo futuro?
"In lontananza vedo Parigi e sogno le Olimpiadi. Questi due anni saranno in funzione dei Giochi: se arriva la qualifica si lavorerà per arrivare nella migliore condizione possibile a quell'appuntamento".