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Valentino Rossi e quella domanda senza risposta che racconta cos’è (ancora) per la MotoGP

Oggi Valentino Rossi compie 42 anni e tanti si chiederanno ancora: “Quindi questo è il suo ultimo anno?”. La domanda è giusta ma gli ultimi che vogliono pensare a un motociclismo senza Rossi sono proprio i padroni del vapore, ben sapendo che Il Circo attuale è perfettamente aderente all’identità di Valentino Rossi, che ha preso uno sport testosteronico facendone tutt’altro (portando con sé nuovi target e tanto business).
A cura di Jvan Sica
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E sono 42. Sono tanti, sono pochi, magari pochi no ma diciamo che non fanno di un campione un brocco? Lo sport contemporaneo ci ha messo di fronte alle discussioni anagrafiche come mai prima d’ora. Mai era successo che ci incaponivamo così tanto in discussioni riguardanti l’età giusta o sbagliata degli atleti.

Questo è dovuto prima di tutto alle nuove tecniche di allenamento che allo stesso tempo esaltano le doti fisiche nel momento di prime atletico, per poi però non consumarle completamente e fare restare integro l’atleta quando la carriera continua. In secondo luogo è anche una barriera psicologica che gli atleti hanno finalmente abbattuto.

Fino a pochi anni fa i 35 anni in quasi tutti gli sport (tranne quelli statici come il tiro ad esempio) erano la faglia oltre la quale pesava vedere la tua figura ancora correre, saltare, guidare, nuotare. Diventavi un orpello del passato e gli atleti, è molto probabile che, sentendo questo marchio e questa pressione addosso, abbandonassero l’attività agonistica quasi di default, senza chiedere alla propria mente e al proprio corpo cosa ne pensassero. Oggi gli atleti si ascoltano molto di più, le voci di chi grida “È vecchio!” ci sono ancora ma arrivano molto più ovattate. Se un atleta si accorge che tecnicamente e fisicamente può giocare la sua partita continua a farlo, a dispetto dei titoli, magari delle delusioni mai provate prima e della solita domanda: “È il tuo ultimo anno?”

Valentino Rossi rispecchia perfettamente questa descrizione, anche se lui è un caso ancora più speciale da prendere in considerazione, perché Valentino Rossi ha preso il suo sport e lo ha portato in un’altra dimensione, da cui è il suo sport stesso che non si vuole staccare.

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Prima di Valentino Rossi il motociclismo era come tutti gli sport ricco di atleti anche molto diversi tra di loro, ma in una visione generale e distaccata era uno sport per uomini, da machi, una battaglia testosteronica in cui vincere voleva dire essere il maschio alpha di un gruppo che sembrava più una caserma che un gruppo di atleti.

Rossi introduce in questo mondo la spensieratezza, la gioiosità, la rilassatezza in scelte che ti possono costare la vita, la verbosità di un adolescente di Tavullia. Un corpo estraneo del genere in passato era stato rigettato, con lui il motociclismo non ci riesce, perché vince, anzi è il migliore di tutti, perché unisce relax e attenzione, follia e cura dei dettagli. Non era mai successo e questo cambia tutto.

Il motociclismo diventa “Il Circo” come spesso adesso viene definito, ovvero un universo a parte, in cui velocità, professionalità, divertimento, voglia di battersi e voglia di fare il numero si miscelano ed esplodono, attirando target una volta lontanissimi. Tutto quindi si è riposizionato e ridefinito intorno a questo campione che non è solo generazionale ma che appunto ha risemantizzato il suo sport, qualcosa che accade davvero una volta ogni 50 anni.

Ora che ha 42 anni, non è Valentino Rossi, ma è questo nuovo motociclismo rossiano fin nel profondo a chiedersi: “Cosa sarà dopo Valentino?”. Quindi, più che continuare a farci la domanda quando sarà il suo ultimo anno, sarebbe meglio chiedersi, quando sarà il primo anno del motociclismo senza Valentino e come sarà, quanti “ragazzi di Valentino” continueranno a seguirlo e come? È una domanda a cui tanti non vogliono conoscere la risposta. E proprio Rossi forse è uno degli ultimi della lista.

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