Valentino Rossi, che spettacolo il nuovo caveau! Ecco dove si trova il suo “museo segreto”
Valentino Rossi apre le porte del suo nuovo “archivio segreto”: questo il nome che il Dottore ha scelto per la sala dove ha raccolto tute, caschi, guanti, coppe e “tutte le cose da corsa della mia carriera”. Il pesarese mostra per la prima volta il suo personalissimo museo, un luogo assolutamente top secret, dando qualche piccolo indizio ai suoi tifosi. “Un posto – racconta nella video intervista realizzata da Dainese – dove abbiamo pensato di avere un museo segreto o comunque un luogo dove mettere tanti momenti indimenticabili della mia carriera”. Ma dove si trova?
Ecco dove si trova "l'archivio segreto" di Valentino
Alla sala si accede con un montacarichi, servito per portare su anche le moto. Ce ne sono tante, tra Aprilia e Yamaha, ma dove sono soprattutto custoditi, in ordine manicale, tantissimi oggetti della sua carriera. “Durante gli anni – dice Vale – ho sempre cercato di tenere tutto e, intorno al 2006, è iniziato il problema di dove mettere queste cose, perché era molto materiale. E siccome era tanto, tra tute da gara, coppe, cappelli dei podi e tanti ricordi, abbiamo trovato questo posto, che prima era un’officina. Abbiamo pensato come fare per avere tutto in ordine per avere un museo segreto, una sala dove mettere tanti momenti della carriera indimenticabili, le tute speciali e particolari, come quella del Mugello, la tuta speciale con la Honda 500 con l’ibisco, le tute della 8 Ore di Suzuka, qualla Castrol del primo anno, quella Cabin del 2000-2001, la prima tuta della Yamaha, quella Gauloises blu e gialla.. e poi caschi unici”.
“Ricordo che alla fine della stagione si lottava per non restituire le tute a Lino Dainese (il fondatore dell'omonima azienda di abbigliamento protettivo per lo sport, ndr), perché anche proprio in Dainese c’è una grandissima stanza con tutte le tute dei piloti e lui voleva che ci fossero anche le mie. Mi chiedeva: “Ma cosa ci fai?”. Forse credeva che le volessi vendere o non so cosa. Così, quando è stata pronta la prima parte dell’armadio, ho fatto la foto e gli ho detto: “Guarda Lino ci siamo”. E lui: “Se sono lì, stanno bene”. L’ambiente è tutto climatizzato, abbiamo rubato qualche segreto dal suo museo. Ci abbiamo messo una decina di anni per arrivare a questo livello. Non ci abbiamo lavorato tutti i giorni, ma ci è voluto un po’”.
Rossi non rivela dove si trova il suo nuovo caveau ma, dalle immagini, si intravedono alcuni indiscutibili indizi. Valentino apre una grande porta con una grata, sale sul montacarichi e, tra un piano e l’altro, ciò che balza all’occhio è l’arredamento, che pare proprio quello degli uffici della VR46, il suo quartier generale a Tavullia, in provincia di Pesaro. “Quello che mi piace di più, è portarci i miei amici e i piloti dell’Academy, ma anche qualcuno che non se lo aspetta. Veniamo su con il montacarichi e quando arriviamo qui, mi piace vedere la loro faccia. Alla fine è un bel posto. Un posto un po’ magico dai”.
Rossi-Dainese, una collaborazione che arriva da lontano
“La mia storia con Dainese e l’AGV è molto affascinante – prosegue il Dottore – perché praticamente io ho sempre corso con le loro tute e i loro caschi. Dal primo anno che ho guidato le moto grandi, il 1993, grazie all’amicizia con Aldo Drudi di mio babbo Graziano con Lino Dainese. Quindi ho iniziato a muovere i primi passi con Dainese che, come adesso, anche al tempo era numero uno. Erano le tute più belle di tutte. Io ero molto appassionato anche dei piloti giapponesi che indossavano altre tute, altri caschi, anche se i miei idoli avevano tutti Dainese. Io sono sempre stato un tifoso di Kevin Schwantz e anche lui correva con Dainese. E anche gli altri piloti italiani che conoscevo, tramite il mio babbo, come Loris Reggiani, Loris Capirossi, Doriano Romboni… erano tutti con la Dainese, quindi per me, correre con la Dainese era un onore, un sentirmi parte di loro”.
“Ho iniziato nel campionato Sport Production zona C perché sono marchigiano, e quando andavo a correre a Binetto, a Bari o a Magione, e arrivavo con la tuta Dainese, tutti gli altri piloti mi guardavano come se fossi un alieno. Ma essendo il figlio di Graziano, quindi un ex-pilota, avevo questi piccoli aiuti”.
“Secondo me – spiega – la più grande innovazione di tutte è stata l’airbag: ricordo di averlo provato, credo a Brno nel 2009, e all’inizio ero un po’ titubante perché la tuta era un po’diversa da indossare, un po’ più scomoda e pesante, e non avevo capito il miglioramento della sicurezza che ci sarebbe stato. Allora ho spinto per farlo migliorare e da lì a due anni il sistema è migliorato tantissimo. Adesso è quasi come se non ci fosse, quindi hai solo vantaggi. Poi mi ricordo che gli stivali dal 1998 sono stati messi sotto la tuta. È stato un grande cambiamento perché prima lo stivale era come quasi come quelli del cross, che andava sopra la tuta. Poi abbiamo fatto il contrario. Poi l’evoluzione dei guanti, con le protezioni in carbonio, le protezioni in titanio sulle spalle e sulle ginocchia… sono sempre stato uno molto esigente e preciso, quindi ho spinto molto per farli migliorare. Insomma, un po’ del mio c’è”.