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Tutto il dolore di un padre in una sigla segno del destino, SIC: “Perché lui è vivo dentro di noi”

Il rombo dei motori s’è spento, la pista è vuota: fuori c’è silenzio ma dentro un baccano di pensieri. Sepang International Circuit. Le iniziali della tappa malese del Motomondiale compongono il nomignolo del “Sic”, Marco Simoncelli. Papà Paolo lo ha ricordato in una lettera commovente.
A cura di Maurizio De Santis
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Sepang è sempre una tappa speciale e dolorosa, Paolo Simoncelli la ricorda nel segno de figlio Marco, morto proprio su quella pista il 23 ottobre di 11 anni fa.
Sepang è sempre una tappa speciale e dolorosa, Paolo Simoncelli la ricorda nel segno de figlio Marco, morto proprio su quella pista il 23 ottobre di 11 anni fa.

Sepang International Circuit. SIC. Tutto il dolore di un padre è in un acronimo di tre lettere. Il rombo dei motori non c'è più. Fuori c'è silenzio, dentro un gran baccano di pensieri. Non basta tutto il rumore forte e profondo per metterli a tacere. Ti rimbombano in testa e ti portano indietro nel tempo. L'oggi sembra ieri, fa male come allora e ti manca il respiro.

Nella lettera di Paolo Simoncelli a Repubblica basta citare quel passaggio per capire a parole (certe cose a provarle è uno strazio incommensurabile che non si può spiegare) cosa possa provare un padre nel vedere il figlio che gli muore sotto gli occhi. E può far nulla per salvarlo. "Mi è stato chiesto: Paolo, hai voglia di scrivere di Marco? Mi sarebbero bastate nove semplici parole: Manchi come l'aria Marco, no anzi di più".

I riflettori si sono spenti sulla MotoGp. Il 23 ottobre è passato ma certe emozioni non le dimentichi nemmeno se strappi il foglio dal calendario e volti pagina. Nella chiosa della missiva c'è tutto. L'incipit dà l'esatta proporzione di quanto ricordi e percezione del dolore ti diano la stessa sensazione di in incubo appena passato: ti alzi di scatto, sei seduto in mezzo al letto, sbarri gli occhi e respiri a fatica, sudi freddo e ti ritrovi con la mano aggrappata al cuscino perché poco prima t'era sembrato di sprofondare chissà dove. È dura sempre.

Un'immagine che risale a 11 anni fa prima che la tragedia sconvolgesse la vita della famiglia Simoncelli e della MotoGp.
Un'immagine che risale a 11 anni fa prima che la tragedia sconvolgesse la vita della famiglia Simoncelli e della MotoGp.

"Cercare di raccontarvi Marco in poche parole è come chiedere a Reinhold Messner di scalare tutti i quattordici Ottomila, le montagne da ottomila metri del mondo, in un giorno solo", dice papà Paolo che pronuncia il nomignolo con il quale era (ed è) conosciuto il figlio interpretando un segno del destino. In quelle tre semplicissime lettere c'è tutta la storia di una vita finita in tragedia.

"Vi scrivo da un circuito che si chiama SIC, che ironia della sorte, non porta questo nome così perché è stato dedicato a mio figlio ma perché è l'abbreviativo di Sepang International Circuit, da molti anni tappa fissa del motomondiale".

"Io vi scrivo proprio dalla Malesia perché, come i più appassionati sapranno, dal 2012 gestisco un team in Moto3. Per molti la Malesia è terra di sole e di mare, dove il clima umido sprigiona questo inconfondibile odore di vacanze. Per me è inconfondibile tanto quanto lo sono le emozioni che mi legano a questo posto, a questo circuito che tanto mi ha regalato e tanto tolto".

Paolo Simoncelli ha spiegato in poche parole quali sono le emozioni particolari che accompagnano l'esperienza della scuderia Sic58.
Paolo Simoncelli ha spiegato in poche parole quali sono le emozioni particolari che accompagnano l'esperienza della scuderia Sic58.

Dalle curve della memoria sbucano (ancora) il volto e la sagoma di Marco. È "il bello che mi ha dato questo circuito – si legge tra le righe della missiva -: correva l'anno 2008 e il 19 ottobre un ricciolone tagliava il traguardo e si laureava Campione del mondo nella classe 250. Il brutto è storia nota".

Il presente è la Sic58, la squadra corse che ha un valore speciale. "Perché il suo ricordo sia più forte del tempo che passa. Se sono ancora qui dopo undici anni, nonostante tutte le difficoltà, è perché lui è vivo dentro di noi, che lo ricordiamo come meglio sappiamo fare: correndo".

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