Riccardo Patrese: “Mandai un sms a Schumacher, non ha mai risposto. Ho rifiutato il posto di Senna”

Riccardo Patrese ha rilasciato un’intervista a Fanpage.it. L’ex pilota di Formula 1, che nel circus ha trascorso 17 stagioni, ha raccontato la sua storia in un libro e ha parlato anche di Senna e Schumacher, ma anche delle sue vittorie e delle esperienze più dure, quelle vissute con Lauda e Hunt.
A cura di Alessio Morra
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Riccardo Patrese è stato in Formula 1 per 17 stagioni e per oltre un decennio ha detenuto il record di Gran Premi disputati. Un primato assoluto in un'epoca in cui le carriere dei piloti non erano così longeve. Il pilota di Padova ha vissuto tante vite in F1, ha corso con alcuni dei più grandi di sempre da Senna a Schumacher passando per Prost e Mansell, ha conquistato 6 Gp, ma non ha mai corso per la Ferrari. La sua vita ha deciso di raccontarla, a modo suo, cioè con eleganza e con un taglio intelligente in un libro F1 Backstage nel quale più che di sé parla di quello che è stato il suo mondo: ha parlato dei rapporti, talvolta duri, che ha avuto con alcuni piloti agli incidenti, al lato glamour del circus senza dimenticare il legame che ha avuto con Senna e Schumacher. E nell'intervista rilasciata a Fanpage.it ha parlato anche della Formula 1 di oggi.

Tu sei entrato in F1 nel 1977, sei partito bene ma poi è successo qualcosa di molto spiacevole. Perché tu eri stato giudicato colpevole dell'incidente che ha portato alla morte di Ronnie Peterson. Tu sei stato totalmente assolto dopo essere finito addirittura sotto inchiesta, con i piloti principali dell'epoca che ti accusarono. Che ricordi di quei momenti?
Per me è stata dura. Avevo anche solo 24 anni e mi trovavo in una situazione scomoda. In più la mia coscienza era a posto. Il fatto di aver in giovane giovane età dovuto sopportare una situazione di pressione notevole mi ha aiutato, perché ne sono venuto fuori in modo positivo. La storia è stata scioccante. Ho avuto una reazione forte a questo sopruso. Quei piloti (Lauda, Andretti, Fittipaldi, Hunt ndr.) hanno deciso senza averne il merito. Sono riuscito a risalire la china anche grazie a quell'episodio.

Tu hai corso in un'epoca, gli anni '80 e '90, in cui il circus era popolato di piloti italiani, tutti bravi penso ad Alboreto, a Nannini, a De Cesaris, a De Angelis. Che rapporto avevi con loro?
Noi eravamo una bella pattuglia. Eravamo amici, ma anche competitivi, molto rivali. Ci tenevamo molto, volevamo ottenere le simpatie dei tifosi. Molto dipendeva dalla macchina, perché senza la vettura non puoi ottenere risultati. Eravamo tutti talentuosi.

Cosa non semplice, perché in quell'epoca c'erano grandi campioni e soprattutto per gli italiani davanti a tutti c'è la Ferrari.
Io con la Ferrari ho vissuto un episodio particolare nel 1983. Ero primo a Imola quando ebbi un problema con la mia Brabham. Mi ritirai e sentii l'ovazione dei tifosi, perché così al comando passò la Ferrari. I tifosi Ferrari furono abbastanza scortesi con me. Ma è simpatico, però, ricordare quello che è successo all'ultimo Minardi Day, dove mi trovai di fronte un signore anche lui di una certa età. Quell'uomo mi si avvicina e mi dice: "Mi devo scusare, mi dispiace tanto, chiedo scusa, io ero uno di quelli delle Acque Minerali del 1983 che l'ho fischiata".

Nel 1990 il pilota italiano con la Williams vinse il Gran Premio di San Marino, che si teneva a Imola.
Nel 1990 il pilota italiano con la Williams vinse il Gran Premio di San Marino, che si teneva a Imola.

Hai avuto dei compagni di squadra fortissimi, compreso Nigel Mansell. Con lui hai condiviso momenti importanti in pista, nel 1992 avete guidato una Williams quasi imbattibile, ma anche fuori.
Con Nigel abbiamo sempre avuto un rapporto di amicizia. Poi chiaramente nel 1992, quando ha vinto il titolo, ha tirato più l'acqua al suo mulino, ma è normale. Io ho sempre lavorato per la squadra in tutti gli anni che ho corso in Formula 1. Altri piloti hanno invece lavorato più per sé stessi. Nell'amicizia lui comunque quando ha dovuto nascondere delle cose che dovevano essere di gestione comune lo ha fatto e si è tenuto delle informazioni dalle quali comunque lui ha tratto vantaggio. L'etica diceva che sul tavolo dovevano essere per tutti.

Sei stato anche compagno di squadra, alla Benetton nel 1993, di Michael Schumacher. Nel tuo libro racconti una serie di episodi che hai vissuto con lui e parli anche del giorno in cui Michael ha avuto quell'incidente sugli sci.
Noi eravamo in buonissimi rapporti, ci sentivamo regolarmente. Nell'autunno del 2013 ero stato da lui, per una manifestazione di cavalli. Perché sua moglie Corinna è un'appassionata, come lo sono io. Avevamo un rapporto che andava oltre il lato professionale. Quando seppi dell'incidente gli mandai immediatamente un messaggio: "Tutto ok Michael?". Non c'è mai stata una risposta purtroppo.

Tu hai detto che i grandi campioni fiutano subito l'arrivo di un altro campione. Avevi avuto questa percezione con Schumacher?
Io avevo capito che Michael era di un altro livello quando abbiamo fatto il primo test insieme a Silverstone, li ho fiutato che la Formula 1 avrebbe avuto un nuovo grande campione. Questo fiuto mi ha dato ragione visto quello che ha fatto. Con 7 titoli Mondiali e 91 Gran Premi vinti.

Riccardo Patrese sul podio del Gran Premio del Messico (1992) con Nigel Mansell e un giovane Michael Schumacher.
Riccardo Patrese sul podio del Gran Premio del Messico (1992) con Nigel Mansell e un giovane Michael Schumacher.

Sul tuo cammino per tanti anni ti sei trovato a sfidare anche Ayrton Senna, che in un certo senso è stato il pilota che ti ha fatto chiudere definitivamente con la Formula 1. Perché dopo la sua morte avevi avuto la possibilità di sostituirlo alla Williams.
Nel 1993 chiusi con la Benetton e rimasi senza squadra. Era la prima volta dopo tanti anni. Qualche mese dopo, proprio in occasione della gara di Imola, parlai con Frank Williams e gli dissi che ero disponibile qualora avessero bisogno di un pilota per dei test. Lui disse che mi avrebbe preso in considerazione. Poi ci fu la tragedia di Ayrton e qualche giorno dopo Patrick Head (il braccio destro di Williams ndr.) mi chiamò per sapere se avevo intenzione di tornare con loro. Io ci pensai tanto, ma alla fine dissi di no.

Capisti pensandoci un po' su che rinunciare era la cosa più giusta da fare?
Rifiutai perché mi sembrava di andare a sfidare il destino una volta in più. Ero un po' in disparte, perché non avevo deciso ancora di ritirarmi al 100 percento dalla F1. E quando sei nella ruota che continua a girare e tu nei fa parte, anche se succede qualcosa di grave tu riparti e non ci ripensi. Io ho avuto il tempo di pensare: ho rischiato tante volte, era ancora il caso di risalire il macchina? Se succede un incidente così ad Ayrton che è il più bravo, con la migliore scuderia, io conoscevo bene la Williams e capii che era il momento di lasciar perdere. Perché anche salendo in macchina sapevo che la motivazione non era al massimo e se non sei al 101% della tua forma fisica e mentale è meglio stare a casa.

E sempre a proposito di Senna c'è un video che ogni tanto mi compare sui social che vede voi protagonisti. È la festa per i tuoi 250 Gp in Formula 1. Gli dici che anche lui può raggiungerli, ma lui è quasi categorico nel dire di no.
Eravamo a Hockenheim, era il luglio del 1993, correvo il 250° Gp della Formula 1. Ricordo quella conversazione. Io gli dico che può superare il mio record ma per batterlo ha bisogno di altri cinque o sei anni in Formula 1. Lui è stato molto dubbioso, purtroppo sembrava quasi se la sentisse, perché se ne è andato pochi mesi dopo.

Patrese per oltre un decennio è stato il pilota con più Gp disputati nella storia della F1: 256.
Patrese per oltre un decennio è stato il pilota con più Gp disputati nella storia della F1: 256.

Senna e Schumacher che cosa avevano più di tutti gli altri?
La testa. Nei miei 17 anni di carriera in Formula 1 non ho visto nessuno come loro. Qualunque cosa accadesse nell'arco di tutta stagione sia a Michael che ad Ayrton non influiva sulla loro prestazione in pista. Questa è la cosa più importante. Perché anche io in qualche giornata sono stato più bravo di loro e li ho battuti. Io però ero più umano di loro e qualcosa che mi girava storto nella vita di tutti i giorni mi influenzava e condizionava la mia motivazione e la mia concentrazione. Pensavo a qualcosa altro che non era solo guidare.

Segui la Formula 1 di oggi?
Si. Grazie a mio figlio, Lorenzo sono tornato a seguire tutto il mondo del motorsport. Non solo la Formula 1, ma anche l'Endurance. La Red Bull se ne sta scendendo, e ora è diventata una bella saga. Adrian Newey se n'è andato all'Aston Martin, vedremo se vincerà anche lì. Newey reputo un fuoriclasse assoluto per me è il Senna o lo Schumacher degli ingegneri.

Della Ferrari cosa pensi? Nel 2025 Hamilton farà coppia con Leclerc.
La Ferrari è un po' che dice che vuole tornare a vincere. Non è facile. La Formula 1 è molto competitiva, perché tutte le macchine sono in un secondo. Anche la Ferrari avrà le sue carte per vincere il Mondiale. Hamilton è un pilota top, è un sette volte campione del mondo. La Ferrari senz'altro ha preso un pilota di alto livello. Il problema è che uno come lui, a differenza di altri piloti che hanno tanta fame rischia di essere un poco sotto tono se non avrà la possibilità. Se invece avrà la macchina per vincere sarà quello che conosciamo. Perché quando sei già appagato e vedi l'opportunità di vincere ritorni quello che sei: cioè un fuoriclasse assoluto. Se invece hai una macchina che non ti permette di vincere il titolo mondiale, qualcuno con più motivazioni può essere più utile.

Il sette volte campione del mondo ha firmato per la Ferrari. Hamilton e Leclerc faranno coppia nel 2025.
Il sette volte campione del mondo ha firmato per la Ferrari. Hamilton e Leclerc faranno coppia nel 2025.

In F1 Backstage dici una cosa che fa discutere spesso gli appassionati, quando scrivi che per i piloti dà più soddisfazione la pole position che la vittoria di un Gran Premio.
Per un pilota della mia generazione è così. Fare la pole position era una grossa sfida, lo era sia con le macchine turbo, quando avevamo 1200 cavalli, ma anche perché i circuiti erano meno sicuri di oggi. Sapevi che andavi a cercare una prestazione al limite estremo, facendo delle volte delle cose pericolose, perché dovevi tenere il piede giù per essere più veloci degli altri. E quando eri il più veloce di tutti, era una soddisfazione enorme ed era più grande che vincere un Gran Premio, pure perché all'epoca, la gara dovevi gestirla e non dovevi andare al cento percento della prestazione.

Hai parlato anche del tuo rapporto con la fede, e in particolare con Sant'Antonio, il patrono della tua città, anche in virtù dei tanti incidenti davvero brutti che hai avuto nell'arco della tua carriera.
Sono un sopravvissuto. Mi reputo un sopravvissuto. Perché in incidenti, come quello dell'Estoril (con Berger, 1992 ndr.),ma anche  come in altri che ho avuto, che sono altri grossi, le cose sono andate bene. Sono devoto a Sant'Antonio, ringrazio lui perché mi ha dato una grossa mano. La storia mia e di Sant'Antonio nasce da quando non andavo a scuola perché non ero preparato. Risale tutto alla mia adolescenza, quando ho voluto provare ad arrivare in Formula 1 e ce l'ho fatta.

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