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Nicolò Bulega: “Potevo andare in MotoGP, ma non volevo bruciarmi. Per questo VR46 ha scelto Iannone”

Intervista a Nicolò Bulega, uno dei talenti che provengono dall’Academy di Rossi, prima idolatrato e poi abbandonato, ma è rinato. Quest’anno è arrivato secondo in SBK.
A cura di Fabio Fagnani
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Nicolò Bulega è un nome che risuona da anni nel panorama motociclistico: talento cristallino, potenzialità infinite, carriera ancora non del tutto esplosa. Da giovanissimo è sulla bocca di tutti, poi su tutti i giornali. La mediaticità di Bulega è figlia dei risultati che, ancora prima di approdare al mondiale di Moto3, sono da predestinato. Bulega entra nell'Academy di Valentino Rossi, entra in Moto3, entra in un circolo vizioso tra interviste, servizi fotografici, articoli, previsioni tra cui anche una copertina di Riders Magazine che lo raffigura come una rockstar e sotto un sottotitolo delicatissimo e per niente pressante: "Nicolò is the new Valentino". Da qui parte un susseguirsi di stagioni dal sapore amaro fino al cambio di vita, dai prototipo alle derivate di serie. Qui arriva la rinascita con la vittoria del mondiale Supersport e la stagione da debuttante di quest'anno conclusa da vicecampione del mondo di Superbike.

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È stato un anno davvero intenso, con gare imprevedibili e risultati di un livello che non ci aspettavamo, quantomeno non sin dall’inizio. Sei diventato vicecampione del mondo della Superbike. Quali sono le tue sensazioni dopo una stagione come questa?

Sì, è stata una stagione entusiasmante e sorprendente per me. Partire senza aspettative di arrivare tra i primi tre e finire come vicecampione del mondo è stata una grande soddisfazione. Sapevamo che Toprak [Razgatioglu, nda] avrebbe potuto vincere facilmente se non fosse stato per l'infortunio, ma il fatto che io fossi lì pronto a cogliere l’occasione mi ha dato una grande carica. Avere questa conferma delle mie capacità mi ha dato fiducia, specialmente per il futuro. Non è stato facile gestire ogni gara, ma questa stagione mi ha permesso di acquisire esperienza e di sviluppare una mentalità più consapevole.

L'anno prossimo sarai tra i favoriti. Pensi che ci sia ancora un grande divario tra te e Toprak, oppure l’ultima gara a Jerez de la Frontera ha dimostrato che il gap è colmabile?

È difficile dire con certezza se siamo vicini a colmare il gap. Per esempio, Jerez è sempre stata una pista che mi piace molto e nella quale vado forte, quindi potrebbe essere solo una coincidenza favorevole. Per valutare il reale divario bisognerebbe vedere più gare. Tuttavia, sono riuscito a mantenere una buona forma per tutta la stagione, e verso la fine mi sentivo più sicuro di quello che potevo fare. All’inizio ero ancora incerto su molte cose, ma ora parto con una mentalità diversa: so già che in certe piste posso essere competitivo e questo mi dà un grande vantaggio psicologico. L'obiettivo è di ridurre il divario il più possibile, anche se resta difficile colmare completamente le differenze.

Qual è stato l’insegnamento più grande di quest’anno?

La gestione del consumo delle gomme è stata sicuramente la lezione più importante per me. In Moto3 e Moto2 non avevo mai avuto la necessità di pensare a come preservare la gomma fino alla fine della gara. Le categorie precedenti richiedevano uno stile di guida diverso, in cui il consumo delle gomme non era un fattore critico. Quest’anno, invece, ho dovuto imparare a dosare l’acceleratore e non bruciare tutto il potenziale delle gomme subito. All’inizio della stagione ho pagato la mia inesperienza in questo aspetto, per esempio a Barcellona, dove all’inizio avevo accumulato un grande vantaggio, ma poi ho visto calare il mio ritmo perché le gomme non tenevano più. Da lì, gara dopo gara, ho osservato gli altri piloti e ho iniziato a capire come modulare meglio il ritmo, specialmente nelle fasi finali.

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A livello fisico, come hai affrontato la stagione? Qualifiche, Gara 1, Superpole Race e poi Gara 2. Insomma il weekend della Superbike è intenso.

Sì, decisamente. In Superbike ho dovuto cambiare completamente preparazione. L'anno scorso in SuperSport lavoravo molto più sull’aerobica, ma in Superbike, con moto molto più potenti, è necessario essere anche fisicamente forti per poter reggere frenate intense e curve ravvicinate a 320-330 km/h. Ho adattato il mio allenamento per sviluppare maggior forza fisica, specialmente nelle braccia, per poter gestire queste accelerazioni e frenate più intense. Sentivo che più passavano le gare, meglio mi sentivo, e questo mi ha permesso di concludere la stagione in ottima forma.

Facciamo un passo indietro. Bulega ha affrontato momenti di grande attenzione mediatica e poi di difficoltà sportiva. Come hai vissuto questi momenti?

Quando ho iniziato nel mondiale ero giovanissimo e l'unica cosa che mi interessava era andare in moto. Ho dovuto imparare a gestire la visibilità e le aspettative, ma forse all'epoca non ero abbastanza maturo per affrontare tutto e probabilmente non sono nemmeno stato consigliato bene e aiutato nel modo giusto. Oggi ho una maturità diversa e gli errori del passato restano lì. Sono stati utili per capire come migliorare. È stato difficile. Non ero preparato a gestire tutta l’attenzione mediatica e le aspettative che sono arrivate dopo i primi risultati importanti. Anche se il mondo delle corse ha bisogno dei media per crescere, in quel momento mi sentivo pressato e forse avrei avuto bisogno di più supporto per affrontare tutto. Quando hai 16 anni e improvvisamente finisci sui giornali, non è facile: io volevo solo andare in moto, ma spesso dovevo fare interviste e partecipare a eventi. Col senno di poi, penso che oggi sarei in grado di gestire meglio quella pressione.

Ci racconti la scelta di passare dalle categorie dei prototipi a quelle delle derivate di serie?

La scelta è nata dalla necessità di trovare un’opportunità di crescita. In Moto2 non avevo proposte che mi permettessero di fare uno step in avanti. A quel punto, il mio manager ha colto l’occasione quando Ducati ha iniziato il progetto Supersport, e devo dire che è stata la decisione giusta. Mi sono subito sentito a mio agio con la squadra e la moto, e già dal primo test ho capito che era la scelta perfetta per me. Da allora, ho ottenuto grandi risultati in Supersport e adesso in Superbike. Non è stata una decisione facile, ma si è rivelata la migliore per il mio percorso.

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Anche se non ti alleni più con la VR46 Academy, mantieni comunque i rapporti con i piloti e con Valentino Rossi?

Sì, assolutamente. Con l’Academy ho ancora un ottimo rapporto. Non ci alleniamo insieme, ma ci sentiamo spesso per amicizia, e abbiamo anche un gruppo su WhatsApp per giocare insieme alla Playstation. La scelta di separarci è stata tecnica, e serviva per permettermi di concentrarmi maggiormente sui miei obiettivi. In ogni caso, ho sempre il massimo supporto da parte loro, e ci seguiamo a vicenda. Sai, quando non vengono i risultati che uno si è prefissato poi dopo si creano tanti dubbi, da entrambe le parti, e fai fatica a continuare un progetto. Loro erano scontenti, io anche e alla fine abbiamo deciso di separarci, ma al di là dei risultati che non erano positivi, a livello personale non c'è mai stato nessun problema.

Te l'ho chiesto perché Pecco Bagnaia, durante la conferenza, dopo l'ufficialità di Andrea Iannone come sostituto di Fabio Di Giannantonio nella VR46, ha detto che avrebbe preferito te? Tu sei stato contattato dal team di Rossi?

Allora, diciamo che so che hanno chiesto informazioni, ma io non sono stato contattato direttamente. Quando è uscita la notizia della ricerca da parte della VR46 di un sostituto di Di Giannantonio, eravamo all'ultimo weekend di Jerez dove ero ancora matematicamente in lotta per il mondiale, quindi ho cercato proprio di  isolarmi e cercare di pensare solo a quello che dovevo fare. Io so che ero preso in considerazione, ma in quel momento non volevo pensieri. Inoltre, il mio pensiero era chiaro: andare a fare una gara di MotoGP senza averla mai provata era un po' un salto nel buio, non era una grande idea secondo me. Per questo credo abbiano preso Iannone. E sono contento di questa scelta, nel senso che chiaramente è il sogno di chiunque pilota provare la MotoGP, anche perché mi piacerebbe tantissimo, però andare a fare una gara senza averla neanche mai provata è un discorso diverso. La MotoGP è cambiata tanto, spero un giorno o l'altro di poter guidare in MotoGP.

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Se dovessi scegliere tra vincere il titolo in Superbike o avere l’opportunità di andare in MotoGP, cosa sceglieresti?

Questa è una scelta molto difficile, come scegliere tra "aria e acqua". Il mio sogno è di provare la MotoGP, ma allo stesso tempo sono concentrato sul titolo Superbike, specialmente ora che so che possiamo puntare alla vittoria. Per me la priorità è competere per il mondiale in Superbike, ma non nascondo che mi piacerebbe un giorno provare anche la MotoGP. Ovviamente, preferirei farlo con un’opportunità vera, piuttosto che rischiare di "bruciarmi" facendo una gara senza preparazione.

Qual è il più grande rammarico nella tua carriera, se ce n'è uno?

Non parlerei di un vero rammarico, ma ci sono stati momenti in cui, guardando indietro, avrei potuto fare scelte migliori. Quando ero più giovane, magari non avevo ancora la maturità necessaria per prendere certe decisioni e affrontare certe pressioni. Ogni esperienza, positiva o negativa, mi ha aiutato a crescere, quindi non cambierei nulla, ma ho imparato molto dai miei errori.

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