MotoGP sotto shock: “Abbiamo corso sul sangue di Dupasquier”
"Non volevo correre, mi sono sentito sporco dentro". E ancora: "Abbiamo corso sul sangue di Jason Dupasquier". Poi il duro atto di accusa: "Se fosse morto un pilota della MotoGp le cose sarebbero andate diversamente". Danilo Petrucci elabora il lutto, la rabbia, l'angoscia e il dolore per la tragedia, lo traduce nello sfogo che ha accomunato i piloti del Mondiale e lo fa proprio. Lo svizzero non ce l'ha fatta: quel brutto incidente capitato durante le qualifiche della Moto 3 ha spezzato la passione e il sogno del ragazzo di 19 anni di arrivare nella classe regina.
La delicata operazione di neurochirurgia a cui è stato sottoposto per le gravi lesioni riportate non è bastata a salvargli la vita. È deceduto domenica, prima che la tappa iridata del Mugello prendesse il via. E quanto accaduto dopo, gara compresa, s'è svolto in un clima surreale. "Che senso ha?", s'è chiesto a più riprese Valentino Rossi. Marc Marquez ha ancora i brividi lungo la schiena per la caduta che lo ha visto bloccato al centro della pista: "Non è stata certo la giornata migliore per un incidente del genere…".
Lo spettacolo doveva continuare per forza? No, è stata l'opinione dei piloti. E lo stesso Gran Premio d'Italia poteva anche essere posticipato di 24 ore in segno di rispetto nei confronti di Dupasquier. "Siamo anzitutto persone – le parole di Petrucci nell'intervista a Repubblica -. Comandano gli sponsor, il business. Era così difficile correre un giorno dopo? La verità è che nessuno ha chiesto il nostro parere e che, rispetto al passato, siamo solo diventati meno umani. Ci siamo passati sopra come se niente fosse. Il tempo del minuto di silenzio e poi siamo andati in pista… 23 giri a 350 all'ora".
Un déjà vu doloroso. La morte di Dupasquier ha tratto dalle curve della memoria, dal profondo dell'anima, le stesse sensazioni che Petrucci aveva provato nel giorno della sciagura capitata a Marco Simoncelli. Oggi come dieci anni fa ha sentito una stretta al cuore e un vuoto dentro nel quale perdersi è un'inezia. "Ho pensato ‘ora me ne vado'. Mi era già successo qui al Mugello nel 2011: correvo in Superstock e all’alba abbiamo visto in televisione morire il Sic, in Malesia. Fui l'unico a oppormi. Mi dissero che parlavo così perché tanto avevo già vinto il campionato. E così ho corso pure io. Dopo il traguardo sono scoppiato a piangere".