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MotoGp, WADA ricorso al Tas: chiesti 4 anni di condanna per Andrea Iannone

Dopo il ricorso al Tribunale Arbitrario dello Sport da parte del pilota dell’Aprilia, Andrea Iannone per chiedere la sospensione della pena, l’Agenzia mondiale anti-doping (WADA) ha presentato un nuovo ricorso chiedendo l’inasprimento della squalifica. Iannone era stato sospeso per 18 mesi dalla FIM, la WADA chiede fino a 4 anni.
A cura di Alessio Pediglieri
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La WADA sta usando il pungo di ferro contro Andrea Iannone, già squalificato dalla FIM per 18 mesi con l'accusa di doping. L'agenzia mondiale anti doping avrebbe chiesto al TAS un inasprimento di tale squalifica, portandola a 4 anni. Una richiesta avvenuta subito dopo che al Tribunale Arbitrario dello Sport si era rivolto lo stesso Iannone per chiedere l'annullamento di qualsiasi pena. La risposta della WADA era attesa in casa Aprilia, in un classico gioco delle parti in causa e con questo ulteriore passo si andrà ad attendere la data della sentenza definitiva.

Dunque, per Iannone il rischio di una squalifica molto più pesante dell'attuale è dietro l'angolo anche se in Aprilia dicono che ci si aspettava la contromossa della Wada. Il tutto è stato ratificato dal Tas, il Tribunale di Losanna che ha registrato i due ricorsi, il primo  presentato dal pilota motociclistico italiano Andrea Iannone e il secondo dalla World Anti-Doping Agency (Wada), in merito alla decisione presa dalla Federazione internazionale di motociclismo (Fim).

Il 31 marzo 2020 Andrea Iannone era risultato positivo ad un test antidoping, con conseguente imposizione di un periodo di squalifica di 18 mesi nei suoi confronti. Il pilota dell'Aprilia ha cercato di annullare la suddetta decisione, mentre la Wada ha chiesto che la decisione possa addirittura essere inasprita, per una condanna di 4 anni. "Le procedure sono state consolidate" si legge nella nota ufficiale del Tas "e saranno deferite allo stesso collegio arbitrale"

L'accusa di doping, cos'è successo a Iannone

Andrea Iannone si è sempre dichiarato innocente perché non avrebbe assunto sostanze dopanti con la volontà di migliorare le proprie prestazioni, ma sarebbe stato una semplice vittima di contaminazione alimentare attraverso della carne mangiata in un ristorante, che avrebbe alterato i valori del drostanolone nel suo sangue. Il pilota, però è stato condannato perchè la sua colpa sarebbe stata quella di ‘negligenza', non avendo controllato l'elenco delle sostanze che erano considerate proibite dalle quali tenersi a distanza.

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