Manuel Poggiali: “Vi dico cosa ‘insegno’ a Bagnaia e Marquez anche se hanno vinto 11 mondiali in due”
Ieri è stata una delle stelle più splendenti del Motomondiale (campione del mondo della 125cc e della 250cc), oggi Manuel Poggiali è il coach dei piloti più titolati della MotoGP, Pecco Bagnaia e Marc Marquez, per il costruttore, la Ducati, che negli ultimi anni sta dominando la scena. Come avvenuto nella passata stagione, anche nel campionato 2025 il sammarinese classe '83 sarà coach rider del team ufficiale della casa di Borgo Panigale e del team Gresini lavorando dunque a strettissimo contatto con i due plurititolati ma anche con Alex Marquez e Fermin Aldeguer.
Tantissimi dunque i temi che abbiamo potuto trattare insieme a lui nell'intervista esclusiva rilasciata a Fanpage.it: dalle differenze tra Bagnaia e Marc Marquez agli ‘errori' commessi dal piemontese lo scorso anno che hanno permesso a Jorge Martin di batterlo nella sfida iridata, fino a spiegare qual è stata l'importanza di Valentino Rossi per questo sport e ricordare alcuni aneddoti riguardo la sua infanzia passata insieme al compianto Marco Simoncelli. Ma soprattutto nella lunga chiacchierata ai nostri microfoni Manuel Poggiali ha svelato nello specifico in cosa consiste il suo lavoro di coach rider in Ducati e quali sono le indicazioni che dà ai suoi piloti e perché il suo approccio non cambia neanche trovandosi a dover ‘insegnare' alcune cose a campionissimi come Bagnaia e Marquez che complessivamente hanno già in bacheca ben 11 titoli iridati.
Spieghiamo nello specifico cosa fa un coach dei piloti in un team di MotoGP…
"Tutto nasce dal lavoro di ricerca, di approfondimento e di analisi di quello che è lo storico su quel tracciato di quel pilota. Lavoro che diventa più facile se la moto utilizzata l'anno precedente è la stessa o almeno della stessa casa. Da lì andiamo ad analizzare e capire meglio quali sono i punti più critici e, grazie agli on board e le immagini che Dorna rende pubbliche, siamo in grado di andare a capire meglio cosa ha funzionato meno e cosa ha funzionato di più. Da lì iniziamo il lavoro tenendo conto di tutte le altre variabili in gioco: dal weekend che spesso coincide ma a volte no, alle moto che cambiano, e di conseguenza anche all'interpretazione del pilota che può essere diversa. Poi continuiamo il lavoro durante tutto il weekend andando a capire meglio quali sono i punti più critici e a trovare soluzioni per fornire quelle indicazioni che permettano al pilota di migliorare le performance".
Si lavora solo sull'aspetto tecnico o anche psicologico?
"Prevalentemente oggi il mio ruolo è tecnico. Poi, essendo ancora un cantiere aperto, ho già in mente in futuro di allargare il campo d'azione supportando i piloti maggiormente anche dal punto di vista strategico andando oltre le sole indicazioni ‘da pilota'. Questo è un qualcosa che ci può sicuramente far migliorare. È chiaro che, essendo la mole di lavoro e di attività davvero elevata, bisognerà poi trovare anche il momento giusto per farlo. Perché non tutti i momenti sono opportuni per parlare col pilota".
Lo scorso anno hai lavorato con Bagnaia e Bastianini che sono due piloti molto diversi tra loro, come si lavora in questo caso?
"La condizione prioritaria è che con ognuno dei piloti si cerca di lavorare soggettivamente: quindi è ovvio che l'indicazione data a Pecco magari non è la stessa data ad Enea, o magari anche sì. Dipende dal momento, da come stanno andando le cose, da ciò che emerge dall'analisi, perché ciò che analizziamo è ciò che è avvenuto in passato. Dunque trovare soluzioni, idee e indicazioni per quello che sarà è dunque un lavoro molto importante.
È ovvio che anche il trasferimento delle indicazioni è diverso da pilota a pilota: a Pecco viene fatto in un modo, ad Enea veniva fatto in un altro, ma semplicemente per i caratteri che hanno e perché il modo in cui trasferisci un qualcosa a uno, probabilmente non va bene per l'altro".
Entrando più nello specifico, le indicazioni che tu dai ai piloti cosa riguardano?
"Tutto il lavoro che andiamo a svolgere è comunque condiviso prima di arrivare ai piloti: c'è un'area tecnica in Ducati con più persone al lavoro ognuna delle quali opera in una singola area che analizza a 360 gradi ciò che accade incrociando un po' le varie attività e quello che ne viene fuori è l'indicazione da dare al pilota che il 90% delle volte migliora la performance. Nello specifico molte delle indicazioni riguardano la linea frutto del confronto con altri piloti, parimarca o no, che magari riescono a fare quel tipo di tratto in maniera più produttiva. Stiamo parlando di persone molto intelligenti che immediatamente recepiscono ciò che serve e come va affrontata quel tipo di situazione e sono in grado di adottare velocemente quella soluzione che consente poi di migliorare.
Nel nostro sport ancora siamo in sfida continua col tempo e dunque quando e come fare un qualcosa ha un'importanza cruciale: non tutti i momenti sono giusti per fare una frenata, una accelerazione, una percorrenza, un'interpretazione, una linea, una scalata, un'apertura, ecc… Ci sono quelli più giusti e quelli meno giusti. Quindi fondamentalmente cerchiamo di lavorare sia sulla performance ma soprattutto anche sulla ripetibilità perché poi in gara dobbiamo essere in grado di di fare quella cosa con continuità".
Dal tuo punto di vista cosa è mancato lo scorso anno a Pecco per vincere il titolo?
"Se guardo i numeri, eccezion fatta per i punti in classifica che sono dieci in meno, devo dire che credo che a Pecco non sia mancato nulla. Ovviamente c'è qualche ‘zero' di troppo: alcuni sono frutto di qualche contatto con altri piloti, altri probabilmente evitabili e altri ancora non evitabili perché si è trovato in una situazione sfortunata. Poi c'è qualche altro ‘zero', vedi Barcellona o Misano, dove avremmo potuto gestire meglio la situazione. Però, più che quello che è mancato a Pecco, in questo caso direi cosa ci è mancato a noi come squadra per mettere Pecco nelle condizioni idonee sia tecniche che psicologiche per ottenere un risultato migliore. Poi è ovvio che ogni pilota ha le sue caratteristiche.
Comunque non credo che abbia nulla da recriminare e soprattutto penso che se dovesse fare una stagione come quella 2024 può tranquillamente vincere il mondiale: con quel ritmo e con quei risultati dobbiamo semplicemente cercare di migliorare quegli zeri con vittorie se è possibile o comunque posizioni da podio o a ridosso del podio. Questo probabilmente sarebbe sufficiente per provare a vincere il titolo".
Oltre agli zeri, forse è stato anche un po' troppo ‘signore'?
"Io credo invece che la cosa più bella del 2024 è stata proprio la sana competitività che c'è stata tra Martin e Pecco e di questo bisogna dare atto a tutti e due. E in particolare a Pecco perché mi ha fatto capire che si può vincere o si può perdere comunque in maniera sana e costruttiva. L'agonismo ti porta sempre a voler vincere ad ogni costo ma lui ha mantenuto una correttezza e una signorilità unica. Ha fatto un qualcosa di incredibile che forse è stato tanto bello quanto il mondiale che ha vinto Martin. Non c'è stato bisogno di una sfida, di scontri, di aizzare rivalità. È stata una sana competitività che nel motociclismo quest'anno è venuta fuori ed è stata in grado di attirare anche un altro pubblico".
Adesso nel team Factory arriva Marc Marquez con cui hai già lavorato lo scorso anno: come cambia l'approccio di un coach, se cambia, quando ci si ritrova davanti un pilota che ha vinto 8 mondiali?
"A livello di lavoro direi che non cambia assolutamente nulla, perché è vero che Marc ha vinto tanto ma stiamo sempre parlando del passato. Il lavoro che facciamo noi e ciò che dobbiamo e possiamo ottenere è un qualcosa che va assolutamente sempre ricercato: qualunque pilota deve stare al passo coi tempi perché i tempi cambiano, le cose cambiano e quindi bisogna bisogna essere pronti e preparati ad ogni circostanza".
E cosa si può "insegnare" a uno che già ora è considerato uno dei migliori piloti che hanno corso nel Motomondiale?
"Anche Marc, come tutti i piloti, ha delle caratteristiche positive e meno positive che portano ad avere certi tipi di risultato positivi e meno positivi e il nostro lavoro è proprio quello di trasformare quel meno positivo nel meglio possibile sempre mantenendo inalterato ciò che già era positivo.
Questo è il nostro lavoro che lo scorso anno ci ha portato a raggiungere risultati così importanti a livello di performance. I risultati parlano chiaro: 13 gare della domenica su 20 la domenica vinte come team e 9 Sprint su 20".
E come si riparte dopo una stagione 2024 in cui avete vinto tantissimo ma non avete vinto il titolo piloti?
"A livello di squadra è stato veramente un campionato molto importante da parte nostra. Tant'è vero che
abbiamo vinto il Mondiale per Team con qualche gara di anticipo. Quindi, seppur macchiato da un mondiale piloti mancato, il 2024 ci dà la consapevolezza che alcune cose sicuramente le abbiamo fatte in maniera corretta, che altre sicuramente si possono migliorare e che sicuramente vogliamo fare meglio perché se è vero che abbiamo vinto tanto è vero anche che non abbiamo vinto tutto e per farlo dobbiamo per forza partire da quegli aspetti che non ci hanno permesso di conseguire quel tipo di risultato".
Quali sono le differenze tra il pilota Pecco Bagnaia e il pilota Marc Marquez?
"Io penso che Pecco sia un pilota stilisticamente molto bello da vedere, un pilota tecnicamente forte, soprattutto in frenata, che poi è la fase di guida che gli serve di più perché quando mette a posto quella poi è velocissimo. Ed è un pilota che anche dal punto di vista del lavoro è veramente molto bravo e preparato perché dà le indicazioni giuste e soprattutto è capace di crescere dagli errori e dalle altre circostanze. Ed è bello poter lavorare con persone di questo tipo perché non si sentono mai arrivate e questo li porta ad aprirsi a un miglioramento continuo, cosa che ha sempre fatto e, ci metto la mano sul fuoco, continuerà a fare anche in futuro.
Marc è invece un pilota molto più aggressivo, molto più irruento, molto più agonistico, soprattutto in competizione, e questo è semplicemente una caratteristica, caratteristica che poi l'ho portato a vincere tanto. È un pilota che sa quello che vuole e al quale piace avere tutto chiaro: qualsiasi scenario, qualsiasi situazione, deve averla chiara. Questo probabilmente lo porta a sentirsi a posto. È un pilota sicuramente formidabile, così come lo è Pecco".
E invece riguardo alla convivenza tra Bagnaia e Marquez che in passato hanno avuto qualche piccola frizione hai qualche remora?
"No, non credo che sarà un problema, anche perché siamo ben strutturati per gestire bene quel tipo di situazione. Poi loro sono due ragazzi estremamente intelligenti per cui capiscono che quando fai parte di un team Factory che deve anche sviluppare un prodotto sia importante collaborare tra loro per ottenere il miglior risultato possibile. Poi è chiaro che quando parte la gara ognuno, in maniera corretta, farà la sua gara e farà del proprio meglio. A quel punto anche per noi diventa bello poter vedere magari entrambi i tuoi piloti primeggiare che poi è il nostro obiettivo numero uno per ogni Gran Premio sia al sabato che alla domenica.
Per Ducati l'obiettivo è quello di primeggiare con entrambi i piloti per cui il nostro lavoro sarà volto a non far mancare nulla né dal punto di vista tecnico né da qualsiasi altro punto di vista ad entrambi i nostri piloti perché con un team ufficiale come Ducati, che può avvalersi di tante persone e di tutta la struttura che l'ingegner Dall'Igna è riuscito a creare, è doveroso da parte nostra pensare che due piloti li dobbiamo riuscire a gestire bene da ogni punto di vista".
In MotoGP quest'anno ci saranno anche alcuni giovani molto interessanti, su tutti Pedro Acosta…
"Pedro ha già fatto l'esordio nel 2024 e direi anche un ottimo esordio perché non ha fatto un campionato da normale rookie, anzi. Ha fatto dei podi, ha lottato spesso per la vittoria. Poi non c'è mai riuscito ed è caduto tanto, ma questo fa parte anche di un processo di crescita di un giovane. Poi non va dimenticato che probabilmente tecnicamente, vedendo anche il rendimento dei suoi colleghi di marca, non era al pari delle Ducati, per cui è ovvio che, per cercare di vincere quando tecnicamente non sei alla pari devi metterci qualcosina in più o magari rischiare quel qualcosa in più che poi ti può portare magari anche a finire a terra. Quindi per me Pedro ha un talento indiscutibile e io lo considero sicuramente uno dei pretendenti al titolo in questo 2025. Certo, poi bisognerà capire bene la situazione di KTM".
Poi ci sarà il rookie Fermin Aldeguer che sarà uno dei piloti con cui lavorerai a stretto contatto. Da coach come valuti il suo potenziale?
"Fermin lo scorso anno ha fatto una stagione ad alti e bassi in Moto2. Arriva da rookie e, a mio avviso, ha fatto un buonissimo test a Barcellona dopo la fine del mondiale. È stato un buon esordio: ha veramente svolto il lavoro in maniera efficace cercando di capire cosa serve per essere veloci e ripetibili con la nostra moto. Credo però che ci sia ancora tantissimo lavoro da fare e che all'inizio debba semplicemente fare più chilometri possibili, capire quante più cose possibili e fare meno errori possibili".
Quindi qual è l'obiettivo per questa sua prima stagione in MotoGP?
"L'obiettivo in questa sua prima stagione dev'essere quello di crescere di gara in gara. È un pilota molto veloce, ma ancora non ha assolutamente dimostrato di essere vincente perché ha stravinto qualche gara, ma nella classifica finale è sempre mancato dalle primissime posizioni, per cui questo è figlio probabilmente di una poca continuità, magari dettata anche da qualche errore di troppo e quindi dobbiamo lavorare per fargli capire che la MotoGP va approcciata in una certa maniera e che per essere vincente in MotoGP la continuità di rendimento è molto importante".
Hai vissuto il paddock del Motomondiale da pilota quando Valentino Rossi era all’apice della sua carriera e sei tornato a riviverlo da coach quando si è ritirato. Cosa è stato per te Valentino?
"Io penso che Valentino Rossi abbia veramente dato una visibilità importantissima al motociclismo, abbia veramente portato tantissimi appassionati al motociclismo e ha reso questo sport molto più visibile a vantaggio ovviamente di tutti. Senza dimenticare quello che ha vinto, perché, al di là dell'immagine, delle gag, del ravvivare un po' il movimento, ha vinto anche tantissimo fin dalla giovane età vincendo in ogni categoria e arrivando a vincere nove mondiali.
Parliamo indubbiamente di una leggenda del motociclismo che io non posso che ringraziare. Perché lo sport motociclistico in Italia è cresciuto e ha avuto una visibilità incredibile grazie ai Biaggi e ai Rossi in particolare e, secondo me, i Poggiali e tutto quello che c'è stato un po' dopo è un po' un seguito di quello che sono stati in grado di aprire loro".
Tra poco è il 20 gennaio, giorno in cui Marco Simoncelli avrebbe compiuto 38 anni, per ricordalo ti chiedo se ti va di condividere con noi il ricordo più bello che hai con lui?
"Io Marco lo ricordo dai tempi delle minimoto dove abbiamo veramente vissuto a stretto contatto il nostro percorso che ci ha portato a raggiungere poi il motomondiale e anche a vincere. Credo che Marco fosse un talento straordinario: aveva una capacità incredibile di rendere semplice qualsiasi cosa che faceva perché la prendeva veramente con una leggerezza straordinaria. Leggerezza nell'approccio non nel ricercare il risultato o nell'impegno che metteva, perché l'attività di pilota lui l'ha sempre fatta sempre in maniera molto seria e professionale. La sua morte è stata una delle più grosse tegole che ho vissuto.
Insieme a Marco ho vissuto la mia infanzia motociclistica. Ricordo un viaggio in Germania: eravamo io, lui e Mattia (Pasini, ndr) assieme nel sedile posteriore della macchina con davanti mio padre e Paolo Simoncelli che si alternavano alla guida per andare ad una gara del campionato Europeo di minimoto. Ricordo che ci siamo divertiti un casino: ovviamente tutte stupidaggini, avevamo 10-12 anni a quell'età di cosa vuoi parlare se non di stupidaggini. Però ricordo la bellezza di quel momento e mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di condividere quei momenti e un intero percorso che poi ci ha portato ad essere vincenti nel Motomondiale e fare parte, insieme a Marco, di quel movimento che ha dato illustre visibilità al motociclismo italiano che in quegli anni ha prodotto un vivaio molto importante: io, Mattia, Marco, Dovizioso, Melandri e tanti altri siamo arrivati tutti a mandria nel Motomondiale ottenendo dei risultati di tutto rilievo.
E la cosa più bella di quel periodo con Marco e tutti gli altri era proprio quella di poterci sfidare continuamente in modo molto sano sia in allenamento che in gara l'uno con l'altro. Perché quando ti sfidi tra piloti forti il livello cresce in maniera esponenziale: eravamo tutti velocissimi e ci stimolavamo a vicenda a crescere".