L’ordine di scuderia più sfacciato di sempre in F1: “Lascialo passare”. E la Ferrari si divide
Al di là del tifo per questo o quel pilota o per la Ferrari, uno degli argomenti da sempre oggetto di feroci discussioni in Formula 1 è quello degli ordini di scuderia. Non si troverà mai un accordo, mai la quadra. Perché c'è chi sostiene che gli ordini siano utili per uno scopo, soprattutto se c'è in ballo un titolo Mondiale, e chi invece li abolirebbe, a priori, perché eticamente non è giusto dover frenare un pilota che sta per trionfare rispetto a chi in quella singola gara non ha brillato e non è stato così perfetto. L'elenco dei ‘team order' è infinito. Mercedes e Red Bull ne hanno abusato in questi ultimi anni, ma anche la Ferrari, che è alle prese con le decisioni tra Sainz e Leclerc, ne ha dati di ordini di scuderia, in particolare ce n'è stato uno che ha provocato polemiche infinite, sono passati vent'anni e se ne parla ancora.
Il Mondiale di Formula 1 2002 è stato una cavalcata trionfale per la Ferrari. Un campionato strepitoso vinto da Michael Schumacher che in tutte e 17 gare è salito sul podio (11 vittorie, 5 secondi posti, 1 terzo posto). Una marcia trionfale macchiata da una vittoria, sembra paradossale ma è così.
L'episodio di cui ancora si parla è relativo al Gran Premio d'Austria del 2002, il sesto di quella stagione. A Zeltweg, all'epoca veniva nominato così quel circuito, si arriva con Schumacher vincitore di quattro Gp su cinque (l'altro l'aveva vinto il fratello Ralf in Malesia nel giorno di Pasqua). In Austria Schumi si presenta con un margine di 21 punti su Montoya, che erano tantissimi – perché all'epoca il 1° guadagnava 10 punti, il 2° 6, il 3° solo 4 ed i primi sei classificati ottenevano punteggio. In quel fine settimana è Rubens Barrichello a farla da padrone, il brasiliano che viene ricordato ancora oggi (ahi lui) come un eterno secondo, un fido scudiero del tedesco, domina in lungo e in largo.
Barrichello era un signor pilota, velocissimo sul giro secco e abile in gara, in Austria ottiene la pole, parte bene, mantiene la prima posizione e non la perde mai, nonostante la gara sia ricca di insidie. Perché il tracciato è ostico, gli avversari erano di alto livello, e nonostante una doppia Safety Car ci metta lo zampino, con un incidente terribile tra Heidfeld e Sato, ha la peggio il giapponese che si frattura una gamba. I giri da percorrere sono 71. A dieci dal termine Rubinho va ai box, il giro seguente tocca al campione del mondo. Le posizioni restano invariate. La Ferrari ha la doppietta in tasca. Ma il finale è incredibile, e indimenticabile, soprattutto per Barrichello.
Perché quando mancano un paio di giri al termine, dai box chiedono a Barrichello di lasciare la posizione a Schumacher. La Ferrari vuole sentirsi ancora molto più sicura e vuole ‘regalare' il successo a Michael. Il brasiliano non vuole cedere, per un paio di giri sente le parole prima di Jean Todt e poi di Ross Brawn, che ha l'arduo compito di dirgli che deve cedere la posizione. Barrichello rifiuta, non vuole cedere e resta davanti.
Si arriva all'ultimo giro e ancora non si sa cosa succederà. Non lo sa nessuno, nemmeno Jean Todt che spera di vedere il caposquadra vincere. La tensione è forte, Rubens alla fine cede, ma lo fa in modo molto plateale. Rallenta sul rettilineo, a un passo dalla bandiera a scacchi. Schumacher passa e vince, è lui a tagliare il traguardo per primo.
I social non esistevano, ma se fossero esistiti sarebbe stato un delirio. Jean Todt, a caldo ai microfoni della Rai dice: "La Ferrari ha dominato, Rubens ha vinto una grande gara, ma poi ha dimostrato che lavorava per la Ferrari. Abbiamo spesso perso all'ultima gara in passato, non possiamo correre rischi".
Todt non si pente. Schumi è imbarazzato e quando si arriva sul podio, cede il gradino più alto a Barrichello, che è il vero vincitore ed è lì mentre suonano l'inno tedesco e quello italiano. Sul podio nessuno è felice. Al momento della premiazione i due piloti Ferrari sono affiancati, le lacrime fanno capolino tra gli occhi di Barrichello, che riceve poi la coppa riservata al vincitore. Mentre il pubblico fischia.
Schumacher, che come tuti i grandi desidera solo vincere, non è però felice e non fa nulla per nasconderlo: "Non provo nessuna gioia per questa vittoria. Mi sono divertito in gara, a parte gli ultimi cento metri. Ha deciso la squadra. Solo negli ultimi giri mi hanno comunicato che Rubens mi avrebbe fatto passare". Barrichello, che era al suo fianco, mostrò anche con le parole la sua delusione: "Mi è stato chiesto di far passare Michael: è stata una decisione della squadra ed io la rispetto. L’ho fatto anche se avrei preferito non ricevere una simile richiesta".
Mentre Ross Brawn difese la scelta della scuderia: "Posso capire la reazione del pubblico fino ad un certo punto, il risultato della corsa non sottrae merito a Rubens, che ha condotto una gara fantastica, e le persone devono capire che l’obiettivo finale della Ferrari è vincere entrambi i Campionati. Posso capire che alcuni abbiamo difficoltà a capirlo, ma questa è la logica dei fatti: noi crediamo che questa decisione migliori la nostra posizione nella lotta per il Campionato. Gli ordini di scuderia hanno sempre fatto parte del mondo delle corse. Avremmo potuto chiamare dentro Rubens e simulare in pit-stop che in realtà non era necessario, ma la nostra scelta è stata quella di essere onesti".
Di anni ne sono passati venti. Schumacher vinse quel campionato, e i due successivi. Barrichello rimase un fedele scudiero e si tolse tante soddisfazioni. Interpellati su quanto accaduto in Austria nel 2002 i protagonisti dell'epoca, a distanza di anni, hanno quasi tutti mantenuto la stessa posizione. Montezemolo e Todt seguono sempre il mantra del Drake: "La Ferrari viene prima di tutto", Ross Brawn invece ha cambiato idea: "Quella scelta portò alla Ferrari più svantaggi che vantaggi", ha aggiunto che a livello mediatico la Ferrari subì delle conseguenze molto negative.
Barrichello invece resta ancora a metà: "Ero deciso a restare davanti, poi nelle ultime curve prevalse la volontà di rispettare l'ordine della squadra. A volte mi dico che se tornassi indietro non lo rifarei, dall'altra però penso un'altra cosa: se oggi possiamo liberamente sentire i team radio in gara, è proprio per merito di quell'episodio, perché da allora la F1 decise di mandare in onda le comunicazioni tra pilota e box".