Livio Suppo: “Valentino Rossi ci ha illuso che la MotoGP fosse globale, la Sprint è un fallimento”
Classe 1964, torinese doc, ha girato il mondo frequentando i paddock del circus della MotoGP, iniziando dalle classi minori a metà degli anni Novanta. Oggi, Livio Suppo, dopo 6 Mondiali Piloti conquistati – uno in Ducati con Casey Stoner e cinque in Honda, prima ancora con Stoner e poi con Marc Marquez – torna a dare il suo contributo ad un team dopo la delusione – “politica” e non sportiva – con Suzuki, ma ripartendo dalla Moto2 con il team Italtrans. “Una collaborazione fatta di passione, organizzazione, rispetto e la continua ricerca del miglioramento”.
Livio Suppo è una delle figure più rispettate nel paddock e più amate dal pubblico a casa grazia anche alla sua schiettezza e alla capacità comunicativa. Non a caso oggi passa spesso dai salotti di Sky Sport e da The Talking Helmet, un’istituzione su YouTube per chi ama la MotoGP. Lo abbiamo raggiunto prima del doppio impegno al Gran Premio d'Olanda di questo weekend e del prossimo, in Germania, prima della pausa estiva.
Come ti trovi a lavorare per un team di Moto2 dopo i tanti anni nella massima categoria?
Intanto faccio un mestiere diverso rispetto a quello a cui ero abituato. In MotoGP ero team principal, avevo un rapporto diretto con i piloti, con la squadra, con i meccanici ed ero sempre in circuito. Oggi no, rivesto un ruolo più da “advisor”. Possiamo dire che per Italtrans sono un consulente esterno che supporta l’Azienda Italtrans nell'organizzazione del loro team in Moto2. La gestione del team è differente, anche per via delle dimensioni della squadra che oggi conta due meccanici, un ingegnere di pista e un data analyst per ogni pilota. Il team è più piccolo rispetto a un gruppo di lavoro di MotoGP. Devo dire che mi sta piacendo molto. Non lavoravo nelle cosiddette classi minori dagli anni Novanta. È cambiato tutto, ovviamente, ma mi sto divertendo molto a cercare di portare la mia esperienza in MotoGP anche in questa classe.
C’è qualcosa che cambieresti nel format per le due classi?
Mi sembra poco corretto che i piloti della Moto2 e della Moto3 che sono i più giovani e quindi i meno esperti, abbiano delle sessioni di prove molto brevi, che non gli permettono di preparare al meglio la gara. Inoltre se un pilota dovesse scivolare in qualifica non ha modo di provare di nuovo la moto, riprendere le sensazioni, attraverso un warm up, ma deve andare il giorno dopo direttamente in gara.
Ti piacciono queste categorie o sei un po’ nostalgico del passato?
Credo che siano figli dei tempi e che rispecchino un po’ quello che si sta provando a fare con la MotoGP ossia prendere ispirazione dalla Formula 1. Si sta facendo fatica a far diventare la MotoGP uno sport davvero “globale” e non solo per gli appassionati e sarebbe impossibile riuscire a rendere molto mediatiche anche le classi “minori”. Se parliamo da appassionati, allora sono d’accordo che era più affascinante la 125 e la 250, ma se ragioniamo per cercare di aumentare l’audience e avvicinare le persone che non sono dentro questo mondo, allora è meglio che le categorie “inferiori” siano solo propedeutiche per portare talenti in MotoGP. E infatti penso che sia deleterio che ci sia competizione tra KTM e Honda in Moto3, dovrebbe esserci un fornitore unico.
Perché?
Perché può creare una disparità notevole. Se per un anno una delle due moto è molto più competitiva dell’altra e un talento prende la moto inferiore a livello di performance, quel pilota si brucia la carriera o comunque la rallenta di parecchio. Uniformando il fornitore dei mezzi non hai questo problema e crei una base comune. A quel punto, per forza di cose, emerge il più bravo.
Cosa cambieresti a livello organizzativo in Moto2?
Secondo me non ha senso fare tutte le tappe che fa la MotoGP. Da un punto di vista economico i team fanno fatica. Fare venti, ventuno o ventidue tappe per team piccoli, spesso familiari, con sponsor che non forniscono aiuti economici forti, è devastante con quello che costano le trasferte. Secondo me sarebbe più giusto che le classi minori facessero meno gare. Potrebbe essere già un’idea concreta effettuare le tappe europee come la MotoGP e poi inserire a calendario qualche tappa internazionale, ma il ritmo della MotoGP per team così piccoli è insostenibile e rischia di portare al fallimento, soprattutto se poi non arrivano i risultati e gli sponsor escono di scena.
Parliamo di pista: ti aspettavi di avere queste difficoltà?
Dennis (Foggia, nda) è quello da cui ci si aspetta di più, perché è al secondo anno nella categoria. Finora è stato un po’ sotto quello che può fare. Ha fatto molto bene ad Austin e ci aspettiamo quel livello in tutte le gare. Abbiamo la consapevolezza che lui sia un grande talento, ma c’è tempo per migliorare e dimostrare in pista il suo valore. Diciamo che, anche il cambiamento delle gomme – da Dunlop a Pirelli – ha sicuramente influito. Ne parlavo con Dani Pedrosa, lo stile di guida del pilota, quando c’è questo tipo di cambiamenti, fa la differenza. Chi si adatta subito ha un vantaggio competitivo nel breve periodo, ma poi con il proseguire della stagione il gap dovrebbe ridursi. Mentre Diogo (Moreira, nda) è un esordiente e sta facendo bene. Sta crescendo gran premio dopo gran premio e anche al Mugello ha fatto molto bene, ma la strada per sfruttare al meglio una Moto2 è ancora, ovviamente, lunga.
Che cosa ti aspetti da Assen e da Sachsenring?
La pausa dal Mugello è stata lunga ed entrambi i piloti hanno potuto riordinare le idee, riposarsi, fare il pieno di energia, allenarsi e quindi mi aspetto che entrambi facciano gare più da protagonisti rispetto a quelle fatte fino ad ora.
Cosa ne pensi del format della Sprint?
Penso che è stato un’innovazione che ha portato a un calendario più fitto per i team e per i piloti. Ha reso i weekend ancora più complessi, impegnativi, stressanti. La Sprint rischia di togliere importanza, al vero evento che è quello della domenica. Non ha avvicinato nuovi tifosi, anche se quello era l’obiettivo. Ha dato una gara in più a chi era già appassionato. La MotoGP deve provare a prendere ciò che di buono sperimenta la Formula 1 che oggi come oggi è diventato un evento dove le persone vogliono esserci, vogliono farne parte, anche le persone che non sono super appassionati di motori. Il fenomeno Valentino ci ha illuso che la MotoGP fosse diventata davvero un evento globale. Un po’ come per Tomba con gli sci e forse adesso Sinner con il tennis. La difficoltà è quella di mantenere alta l’attenzione e la fidelizzazione con quello sport anche dopo l’addio del fenomeno o del beniamino che è normale che attragga o faccia da catalizzatore, ma poi serve cercare di appassionare la gente all’evento in sé. Secondo me, per ora, le Sprint hanno fallito quell’obiettivo.
Che ne pensi del mercato piloti?
Un mercato che non è ancora finito, che ha visto incasellarsi i top, ma manca ancora tanto per riempire le caselle della griglia del 2025 che di conseguenza si porta dietro i movimenti della Moto2. E poi c’è da capire dove andrà Pramac, se rimarrà in Ducati o andrà in Yamaha. Sicuramente Ducati ha fatto un team ufficiale fortissimo, ma Aprilia con Jorge e Bez è un binomio forte, forte. Sono curioso di vedere il campionato di quest’anno come andrà avanti perché Jorge avrà il dente avvelenato e quando un pilota ha questa cattiveria figlia della delusione possono succedere due cose: o esageri e cadi, o alzi l’asticella e vinci e vinci tanto. Bagnaia dal canto suo sarà super motivato per vincere il terzo mondiale di fila e entrare in un Olimpo di pochissimi piloti e presentarsi nel 2025 come campione in carica e mettere subito pressione a Marc. E Marc, a sua volta, dal canto suo vuole costruirsi la possibilità di vincere il nono titolo mondiale.